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La leggenda del pianista sull'oceano, tutte le differenze tra libro e film

La leggenda del pianista sull'oceano è un'opera monumentale che si ispira al testo scritto da Alessandro Baricco: ecco le differenze tra libro e film

La leggenda del pianista sull'oceano, tutte le differenze tra libro e film

Tratto da un'opera di Alessandro Baricco dal titolo Novecento, La leggenda del pianista sull'oceano è il film che va in onda questa sera alle 20.55 su TV2000. Uscito nel 1998 e diretto da Giuseppe Tornatore, che si mette per la prima volta dietro la macchina da presa per dirigere un film in lingua inglese, La leggenda del pianista sull'oceano ha vinto numerosi premi, incluso un Golden Globe.

La leggenda del pianista sull'oceano, la trama

La storia di Novecento (Tim Roth) inizia quando un macchinista del transatlantico Virginian (Bill Nunn) trova una bambino abbandonato insieme a una cassetta dei limoni. L'uomo, solo, decide di "adottare" il bambino e crescerlo nella sala macchine del transatlantico, dove rimarrà lontano da occhi indiscreti. Tuttavia quando il padre adottivo muore, Novecento è costretto a nascondersi per paura di essere cacciato dalla nave che ha trasformato in casa sua per essere spedito direttamente in orfanotrofio. Solo più tardi Novecento attirerà di nuovo l'attenzione, quando si metterà al pianoforte, mostrando un talento che lascia tutti a bocca aperta. L'uomo diventa allora il pianista ufficiale della Virginian, con un ruolo fisso che gli permette di accantonare la sua paura di scendere a terra. Una paura che si presenterà di nuovo quando verrà dato l'ordine di demolire la Virginian.

Le differenze con l'opera originale

Scritto e diretto da Tornatore, La leggenda del pianista sull'oceano prende spunto dal monologo teatrale scritto da Alessandro Baricco ed edito Feltrinelli. Tuttavia, nonostante alcuni elementi comuni tra l'opera scritta e l'opera filmica, Tornatore ha dovuto necessariamente cambiare alcune cose e aggiungerne altre, dal momento che il monologo di partenza è più breve e più asciutto rispetto al film con Tim Roth. Quando si porta un'opera letteraria sul grande schermo c'è sempre la doppia sfida di creare un film che sia fruibile a chi non ha letto il testo di provenienza e che rispetti i canoni cinematografici e, al contempo, di rimanere federe all'opera, non snaturandone l'anima. Giuseppe Tornatore ha trovato il modo di far collimare queste due esperienze, potenziando l'opera di Baricco - grazie anche alla colonna sonora di Ennio Morricone che ha dato un'anima alla musica del film -, ma rimanendo anche fedele al suo cuore. La leggenda del pianista sull'oceano è una trasposizione che si può definire molto fedele all'opera di Baricco: né conserva l'atmosfera e la magia, così come la costruzione di un personaggio che sembra attingere più alla fiaba che alla realtà. Tuttavia si sono resi necessari alcuni cambiamenti.

Il più evidente, forse, è il modo di rapportarsi al pubblico. Nel testo di Baricco, il pubblico veniva messo a conoscenza della storia di Novento grazie alle parole dell'amico trombettista Tim, che nel film viene ribatezzato Max ed è interpretato da Pruitt Taylor Vince. È Tim che racconta direttamente al pubblico la storia del bambino trovato sul Virginian il primo giorno del 1900, ereditanto così il nome dal secolo di nascita. Nella pellicola, invece, Tornatore ha scelto di utilizzare un escamotage prettamente cinematografico, che abbraccia anche il comandamento della settima arte show, don't tell, ossia mostrare invece di limitarsi a raccontare. Ecco allora che Max comincia a raccontare la storia di Novecento a un personaggio creato appositamente per essere il destinatario del racconto, un commerciante di strumenti musicali (Peter Vaughan). Tornatore fa iniziare la storia da questo incontro tra due uomini, intrecciando poi col montaggio le parole di Max e le scene sulla vita di Novecento. Altro elemento che manca nel monologo di Baricco e che invece viene portato sul grande schermo è la storia d'amore. Accerchiato dalle pareti della nave e dall'eco delle note che suona sul suo pianoforte, Novecento crede di avere tutto quello di cui ha bisogno. Una certezza che decade quando la sua strada incontra quella di una donna: sarà l'unica volta che Novecento valuterà volontariamente l'ipotesi di scendere a terra per iniziare una vita sulla terraferma insieme alla donna che ama. Tutto questo nel libro manca, ma è un'aggiunta che al cinema funziona.

Non solo perché permette una maggiore empatia da parte del pubblico, ma anche perché sottolinea con maggiore forza e senza bisogno di grandi spiegazioni, il bisogno di Novecento di rimanere sulla nave, di sentirsi a casa solo sul moto incessante delle onde.

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