Cinema

Leo, il nuovo film d'animazione Netflix è un invito a riflettere

Leo è un film per bambini solo in superficie: al di sotto, infatti, si nasconde un'opera che riflette su temi per nulla scontati e decisamente attuali

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Leo è il titolo del film d'animazione che debutterà il 21 novembre su Netflix, in tempo per diventare uno dei lungometraggi prediletti del pubblico più giovane della nota piattaforma streaming, soprattutto in vista dell'arrivo delle festività natalizie che ormai si profilano all'orizzonte. Doppiato in lingua originale da Adam Sandler, Leo racconta la storia dell'omonima lucertola (che, in italiano, ha la voce di Edoardo Leo), rettile di settantaquattro anni che pensa di essere giunto al capolinea della sua esistenza e, prima di morire, vuole esplorare il mondo, visto che ha passato tutta la sua vita chiuso in una gabbia all'interno di un'aula elementare, in Florida. Quando la classe in cui vive subisce un cambio di docente, Leo viene portato a casa da uno degli alunni: per la lucertola è l'occasione perfetta per tentare la fuga e cominciare l'ultima parte della sua vita. Ma l'esperienza, invece, apre a uno scenario inaspettato: Leo si mette a parlare con la bambina che lo ha portato a casa, aiutandola a superare una sua insicurezza. Sarà solo l'inizio di un'avventura che porterà la lucertola ad assumere quasi il ruolo di grillo parlante per una nuova generazione di bambini, sotto lo sguardo incredulo dell'amico tartaruga.

Un film per bambini solo in apparenza

Quando Leo prende il via si ha subito la sensazione di essere davanti a un lungometraggio pensato quasi esclusivamente per un pubblico di bambini. L'uso dei colori pastello, delle forme nette e chiare, sembrano voler classificare il film in poche battute, categorizzandolo come un film per bambini e poco più. Ma, come spesso accade con i lungometraggi d'animazione ben scritti, anche Leo ha molto più da offrire di quanto non offra a un primo sguardo distratto. Sebbene sia vero e incontrovertibile il fatto che il film voglia comunicare soprattutto coi bambini, Leo apre anche a riflessioni che non sono scontate e che fanno risuonare le corde di un pubblico decisamente più adulto. Il film, infatti, riflette molto sull'idea di rimpianto. Leo è un personaggio positivo, che porta a delle scene divertenti, che fanno ridere anche gli adulti: eppure su di lui grava il peso di una vita mancata, di esperienze che non ha saputo portare a fondo, di un'esistenza di cui non ha saputo godere a pieno, nascosto quasi sotto la proverbiale campana di vetro che, invece di proteggere, elimina la possibilità di godere di nuove esperienze. Ed anche nella figura della supplente torna questo tono dolceamaro di chi si rende conto che l'età è avanzata e la vita è andata avanti, senza domandarsi se la si stesse vivendo o meno al pieno delle opportunità. Da una parte, dunque, c'è una lucertola che vuole assaggiare il sapore ribelle della libertà, salvo scoprire poi di avere un'altra vocazione. Dall'altra c'è un'insegnante che ha dimenticato perché ha iniziato a svolgere quel lavoro, costantemente sballottata a destra e sinistra, senza riconoscimento, condannata ad essere meno amata rispetto alla docente titolare. Si tratta di una lettura amara della vita, scevra di quella positività a ogni costo che spesso spopola nei film d'animazione: Leo sembra invece suggerire proprio le difficoltà dell'esistenza, il fatto che non basta avere un sogno per vederlo realizzato e che, a volte, nemmeno impegnarsi al massimo può condurre a una risoluzione positiva e soddisfacente. Si tratta di una narrativa del tutto nuovo, specie in questo genere di film, che non vuole essere del tutto consolatorio o che comunque permette di spiare in una realtà che non è assolutamente fatta di soli e vissero tutti felici e contenti.

Inoltre Leo si mostra coraggioso nel mettere in scena anche dei bambini problematici: bambini delle nuove generazioni che hanno tutto, ma che non sanno più godere di una giornata all'aria aperta. O, ancora, ragazzini che subiscono la pressione di somigliare all'idea di famiglia che i genitori vogliono dare all'esterno. C'è molta ansia sociale nel ritratto di questi bambini di quinta elementare, che non sanno con chi parlare dei propri problemi e che già sono costretti a fingere di essere ciò che non sono per paura del rifiuto o di sentirsi esclusi da una società che corre sempre più veloce.

Tutti spunti tematici, questi, che confermano la volontà di Leo di non essere (solo) un film per bambini, ma di essere un'opera sicuramente ironica e divertente nonché semplificata, ma in grado comunque di dare una buona fotografia del momento presente, di questa società per cui nessuno sembra mai essere abbastanza.

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