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Monuments Men, l'erede nazista che nascondeva un Picasso rubato

Monuments Men racconta la vera storia di un gruppo di esperti d'arte che si unirono all'esercito per salvare le opere d'arte dai nazisti: molte opere, però, rimasero in possesso dei nazisti

Monuments Men, l'erede nazista che nascondeva un Picasso rubato

Tratto da un'incredibile storia vera avvenuta durante la Seconda Guerra Mondiale, Monuments Men è il film scritto, diretto e interpretato da George Clooney che va in onda questa sera alle 22.00 su TV8. La pellicola rientra nelle narrazione dei furti d'arte operati dai nazisti durante il conflitto bellico, quando centinaia di opere d'arte sono state trafugate ai legittimi proprietari per diventare patrimonio del Terzo Reich.

Monuments Men, la trama

Uscito nel 2014, Monuments Men segue le vicende dell'esperto d'arte Frank Stokes (George Clooney), che convince il presidente degli Stati Uniti a creare una squadra di esperti e curatori da inviare in Germania per ritrovare e, dunque, salvare tutte le opere d'arte trafugate dai nazisti. Lo strano ed eterogeneo gruppo di specialisti scelti, di cui fa parte anche James Rorimer (Matt Damon), viene ribattezzato Monuments Men e i suoi componenti vengono inviati in Inghilterra per seguire un addestramento militare che gli sarà utile quando saranno in territorio nemico. Pronti a rischiare persino la vita pur di difendere la libertà delle opere d'arte, i Monuments Men diventano ancora più convinti della loro missione quando scoprono che le opere rubate non appartenevano solo a musei e gallerie, ma anche a famiglie ebree letteralmente derubate prima di essere spedite nei campi di concentramento e incontro alla morte. La prima missione di salvataggio, che si svolge in Normandia, aiuta il nutrito gruppo di antieroi a scoprire che la maggior parte delle opere è proprio in Germania. La missione dei Monuments Men, allora, prende ben presto la piega di una missione suicida: ma fino a che punto gli uomini e le donne saranno pronti a spingersi pur di riuscire a portare a termine il loro lavoro?

I "ladri" nazisti

Sorretto da un cast eccezionale che include anche Cate Blanchett, John Goodman e Jean Dujardin, Monuments Men, pur con le dovute licenze artistiche, ha voluto far conoscere al grande pubblico una pagina meno conosciuta della storia moderna. Secondo il sito dell'Internet Movie Data Base furono 345 gli uomini e le donne che accettarono di partecipare a una missione di salvataggio delle opere d'arte trafugate dai nazisti. Si trattava in maggior parte di curatori, esperti d'arte, architetti e, in generale, professionisti del mondo dell'arte più largamente intesa. Nonostante il loro lavoro instancabile e il tentativo di risolvere qualsiasi furto, i Monuments Men non riuscirono a salvare tutte le opere d'arte rubate alle famiglie ebree. Se un caso emblematico è quello raccontato in Woman in gold, sulla lotta di una donna per riavere il quadro di Klimt appartenuto alla sua famiglia, furono in realtà molte le vittime che non poterono rivedere le loro collezioni. Molti nazisti, infatti, riuscirono a farla franca e nascondere veri e propri tesori per decenni. Uno dei casi più noti, riportati anche da IMDB, è quello di Cornelius Gurlitt che, nel febbraio del 2012, assistette a una retata in casa sua da parte della polizia, che portò alla luce più di mille opere d'arte per un valore di milioni di dollari. Opere che l'uomo, stando alla ricostruzione di Panorama, aveva ereditato dal padre Hildebrand Gurlitt, una figura "scomoda" del Terzo Reich che, dopo un interrogatorio avvenuto a guerra finita, nel 1950, affermò di non aver mai davvero collaborato con il regime.

In realtà l'uomo era un personaggio in parte problematico anche per il Terzo Reich, visto che la nonna paterna era ebrea e dunque le alte sfere naziste non vedevano di buon occhio quella famiglia su cui pesava quell'onta. Ma fu Joseph Göbbels a vedere del potenziale nell'uomo: grazie alla sua discendenza "ibrida", alla sua cultura, alla sua capacità di comunicare in diverse lingue europee, Gurlitt fu scelto per vendere le opere che Hitler definiva "degenerate", ma che rimpolpavano le casse dello Stato e, allo stesso tempo, trovare opere degne di apparire nel museo che Hidtler sognava di aprire nella città di Linz. Gurlitt senior era un grande amante d'arte e probabilmente il suo amore sconfinò nell'ingiustizia: perché per lui salvare l'arte significava comunque toglierla ai legittimi proprietarli e tenerla per sé. Forse all'uomo piaceva raccontarsi la "favola" che stava agendo solo per salvare l'arte, per proteggerla da un mondo che non l'avrebbe capita, ma di fatto Gurlitt si stava comportando come un ladro e niente più. Il suo amore per l'arte lo aveva spinto a creare una collezione che, di fatto, non gli apparteneva, ma di cui si appropriò. Una collezione gigante, che fu salvata dai bombardamenti di Dresda e che divenne l'eredità del figlio Cornelius.

Quest'ultimo fece di tutto per proteggere il segreto del padre, figura da cui era sicuramente affascinato. La collezione era un mistero di cui non aveva parlato a nessuno. A parte la madre, nessuno sapeva il tesoro che era sotto la sua custodia, nemmeno i parenti più stretti. E proprio per mantenere questo segreto Cornelius Gurlitt fece una vita ritirata, senza molti contatti, senza amore, diviso tra una casa in campagna e un appartamento al centro di Monaco, in un palazzo residenziale. All'alba degli ottanta anni, Cornelius Gurlitt sembrava determinato a portare il suo segreto nella tomba, ma una casualità ha portato le autorità sulle sue tracce. Nel 2010, infatti, l'uomo venne scelto per un controllo a campione nel distretto di Augusta, mentre tornava a casa dalla Svizzera. Sebbene non avesse nulla di illegale con sé, il suo atteggiamento agitato e una gran mole di contanti insospettirono le forze dell'ordine che decisero di approfondire le ricerche. Mentre Cornelius tornava a casa, su di lui era caduto l'occhio vigile della polizia che si rese conto dei tanti paradossi che circondavano l'uomo, che allora aveva 78 anni. Non era un numero di previdenza sociale e non percepiva alcuna pensione, nonostante l'età. Le forze dell'ordine scoprirono che Cornelius Gurlitt non aveva lavorato un solo giorno in vita sua, eppure non aveva mai fatto alcuna richiesta per ricevere una delle tante forme di sostentamento dallo stato.

Come aveva vissuto quell'uomo? Come aveva potuto provvedere a se stesso, senza un lavoro fisso e nessun bene dichiarato? Tanti campanelli d'allarme cominciarono a suonare nelle autorità e le ricerche confluirono nella mattina del febbraio 2012 quando Cornelius, ancora in pigiama, aprì le porte agli agenti che perquisirono la sua casa, trovando millequattrocento opere d'arte nascoste nell'appartamento, compreso un quadro di Picasso.

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