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Cosa succede se la banca cambia l’iban

In alcuni casi il codice che riunisce le coordinate bancarie di un conto corrente può essere modificato “d’ufficio” dall’istituto di credito che lo gestisce. Come regolarsi

Cosa succede se la banca cambia l’iban
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È di qualche giorno fa la notizia dell’avvio di un’istruttoria da parte dell’Antitrust nei confronti di IntesaSanpaolo, per la cessione di clienti alla sua banca digitale Isybank. Almeno 2.000 le segnalazioni arrivate all’organismo di vigilanza da correntisti contrari alla migrazione comunicata, lamentano, con tempi troppo stretti e modalità poco chiare. Fra i possibili disagi legati al “trasloco”, c’è anche il cambio di iban. Il che non è cosa da poco, visto che questo codice permette l’accredito di denaro sul proprio conto, oltre che pagamenti o invii di denario a vario titolo verso altri, ed altre operazioni come la domiciliazione delle bollette.

Può succedere che gli istituti di credito (si tratti di banche o Poste italiane), debbano modificare il codice iban dei propri clienti per operazioni interne, per fusioni tra società, o in casi come quello citato. Una modifica imposta, contro cui il cliente può poco o nulla. Cerchiamo allora di capire come procedere quando la banca decide di cambiare l’iban.

Iban: cos’è e a cosa serve

L’international bank account number, meglio conosciuto come “codice iban”, è una serie di numeri che si riferisce alle coordinate bancarie. È composto da 27 caratteri, tra i quali si trova anche l’identificativo del conto corrente. Nello specifico, si tratta di un codice alfanumerico che contiene determinate informazioni. È stato adottato dalla governance europea al fine di sostituire le vecchie coordinate bancarie (abi, cab, numero di conto) con un unico dato (che di fatto le ingloba), così da rendere più pratica e veloce qualsiasi transizione finanziaria negli stati membri dell’Ue.

Attraverso il suo utilizzo, infatti, cittadini, pubbliche amministrazioni e aziende possono svolgere ogni operazione di effettuazione o ricezione di pagamenti all’interno dei confini nazionali e tra paesi diversi, nella massima sicurezza, semplicità e chiarezza. L’iban permette di eseguire varie operazioni bancarie, sia presso gli sportelli, sia attraverso l’home banking, effettuando pagamenti direttamente da casa, inviando e ricevendo bonifici indirizzati a beneficiari con conti in Italia e all’estero, nonché accrediti direttamente sul proprio conto, come stipendio o pensione. È presente nei documenti rilasciati al momento dell’apertura del conto corrente e nell’account di internet banking. Anche alcune carte di credito o prepagate ne sono dotate. L’iban permette anche di effettuare la domiciliazione bancaria delle utenze, come la bolletta della luce, del telefono o del gas, cioè i cosiddetti addebiti continuativi Sepa. Vediamone nel dettaglio la composizione.

Com’è composto

Le prime due lettere iniziali indicano la provenienza del conto: la sigla IT, ad esempio, sta per Italia, DE sta per Germania, etc.; le due cifre successive sono di controllo (il cosiddetto check number); seguono il Cin (Control internal number), un carattere di controllo costituito da una sola lettera, l’Abi (Associazione bancaria italiana), costituito da cinque numeri, che indica l’istituto bancario dove risiede il conto, il Cab (Codice di avviamento bancario), composto da altri cinque numeri e contenente ulteriori dati che permettono di identificare l’istituto di credito, e infine il numero di conto corrente, composto da dodici cifre. Se i codici finora elencati, sommati tra loro ammontano a 15 caratteri, per arrivare al totale dei 27 caratteri di cui devono comporre l’iban, ne occorrono ancora 12, comprensivi del conto corrente. Ma non sempre il conto corrente è di 12 caratteri. Per questo, tra i codici e il conto corrente vengono inseriti tanti zeri, quanti sono i caratteri ancora disponibili per arrivare al totale di 27.

Perché la banca lo cambia

Questo passaggio è in genere conseguenza di operazioni compiute dagli istituti di credito. Se, ad esempio, due banche decidono di fondersi, è molto probabile che le conseguenze si ripercuotano sui correntisti, i quali si vedranno cambiato il numero di conto corrente. Se varia il numero del conto, cambierà di conseguenza anche l’iban, dal momento che, come detto, le ultime dodici cifre del codice iban riportano proprio il numero di conto corrente. La modifica dell’iban potrebbe però derivare anche dal cambiamento delle prime cifre, quelle cioè che individuano l’istituto bancario, come nel caso di una banca che venga completamente assorbita da un’altra, scomparendo.

Fase di transizione

Quando si verifica un cambiamento del codice iban, ciò viene comunicato ai clienti tramite un’apposita informativa, contenente il nuovo codice, ma anche altre istruzioni su come comportarsi dopo il cambio. Normalmente, per un certo periodo di tempo la banca mantiene attivi sia l’iban precedente che il nuovo: entrambi corrisponderanno allo stesso conto, per cui, in caso di pagamento, i soldi non andranno persi. Il problema riguarda il periodo successivo, quello in cui il vecchio iban diverrà effettivamente inattivo e, di conseguenza, inutilizzabile.

A chi spetta comunicare la variazione

Nel caso in cui l’iban venga modificato, l’onere di contattare quanti siano a conoscenza del vecchio iban non più attivo per comunicare il nuovo, tocca al correntista. È anche vero che la banca potrebbe comunicare la modifica dell’iban ai soggetti espressamente autorizzati a effettuare versamenti o prelievi dal nostro conto, come il datore di lavoro o la società erogatrice di servizi periodici per cui si è optato per la domiciliazione dei pagamenti, ma ciò accade raramente.

Eppure, quando si è passati definitivamente agli addebiti Sepa (Sdd), il sistema bancario italiano ha sviluppato uno specifico servizio aggiuntivo, che permette lo scambio dei dati relativi al mandato Sdd tra la banca del pagatore e l’azienda creditrice, come, appunto, quelli riguardanti la modifica dell’iban. Inoltre, quando una persona decide di lasciare la propria banca per diventare correntista di un’altra, è sempre la banca a provvedere alla modifica delle coordinate bancarie e alle comunicazioni relative. A quanto pare, però, questo meccanismo non è così automatico.

A chi va comunicata la modifica e come

La comunicazione del cambio di iban è importante perché, in sua assenza, potrebbero nascere disguidi, soprattutto per quanto riguarda il pagamento dello stipendio o delle bollette per cui era stata predisposta la domiciliazione bancaria.

Di regola, la modifica del proprio codice iban va comunicata: al datore di lavoro nel caso di accredito dello stipendio, all’ente previdenziale per quello della pensione (con appositi moduli online o attraverso altri sistemi telematici), ai clienti, che da quel momento saranno tenuti a fare riferimento al nuovo conto per tutti i futuri pagamenti in favore del mittente; all’istituto di credito presso il quale è stato acceso un mutuo o si è chiesto un prestito, per l’addebito delle rate; ai gestori del servizio di luce, gas, telefonia, etc. per aggiornare le richieste di addebito per cui è stata rilasciata in precedenza specifica autorizzazione.

Per farlo, ci si può avvalere di un apposito modello, impostato come una lettera, da inviare ai soggetti sopra indicati; il documento dovrà contenere mittente, indirizzo, destinatario, modalità di invio (raccomandata con ricevuta di ritorno, posta ordinaria, fax, etc.), oggetto, comunicazione relativa al cambio dell’Iban, con l’indicazione delle coordinate bancarie del nuovo conto corrente; il documento si conclude con luogo, data e firma del mittente, di cui è consigliato inserire anche un recapito telefonico o e-mail, fax o Pec, per eventuali contatti.

L’invio può avvenire per posta (meglio se raccomandata con avviso di ricevimento), o attraverso fax, Pec o semplice e-mail.

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