Vivere in condominio

Installazione dell’ascensore privato: quando l’autorizzazione dell’assemblea non è necessaria

Il principio della “solidarietà condominiale” e il concetto di superamento delle barriere architettoniche possono in alcuni casi consentire l’installazione di un ascensore ad uso privato, anche senza il benestare degli altri condomini

Installazione dell’ascensore privato: quando l’autorizzazione dell’assemblea non è necessaria
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In Italia molti edifici sono senza ascensore, un grosso disagio non solo per portatori di handicap con difficoltà motorie e disabili, ma anche per anziani, bambini, donne in stato di gravidanza, o ancora per quanti debbano affrontare le scale a piedi più volte al giorno, talvolta con carichi importanti, come ad esempio la spesa.

L’installazione dell’ascensore negli edifici in cui non sia presente, genera spesso accese discussioni fra condomini, in particolare fra quelli dei piani più alti e quelli dei piani inferiori, principalmente a causa dell’entità delle spese da sostenere e della loro ripartizione, ma non solo. Al di là del fatto che, in generale l’ascensore aumenta il valore dell'edificio e delle singole proprietà, vi sono situazioni in cui la sua installazione, oltre a non richiedere il permesso di costruire, o il rispetto delle distanze, non necessita di alcuna autorizzazione assembleare. Vediamo quali, attraverso alcuni esempi specifici.

Ascensore condominiale e assemblea: quale maggioranza

Normalmente l’installazione di un ascensore in un immobile condominiale richiede l’approvazione dell’assemblea, che decide a maggioranza qualificata, cioè con un numero di voti pari alla metà più uno degli intervenuti ed almeno i due terzi del valore dell’edificio. In seconda convocazione è prevista invece la maggioranza semplice, quando l’installazione dell’ascensore serve ad eliminare le barriere architettoniche di ostacolo ai disabili.

Se però l’assemblea dovesse bocciare la proposta, è diritto dei condomini interessati all’impianto farlo realizzare a proprie spese. Potrebbe anche trattarsi di un solo condomino, perché magari disabile e impossibilitato a salire le scale a piedi. Resta comunque salvo il diritto degli altri condomini a partecipare in qualunque momento ai vantaggi apportati dall’innovazione, contribuendo alle spese di esecuzione e manutenzione dell’opera che, inizialmente fatta costruire e utilizzata da un solo condomino, potrà così diventare utile anche per altri.

Ascensore privato, in quali circostanze

Secondo la moderna giurisprudenza, l’ascensore serve “ad assicurare la vivibilità dell’appartamento”, così come gli impianti di acqua, gas, luce, condizionamento, riscaldamento. Talvolta c’è chi, per raggiungere il proprio appartamento, preferisce superare l’ostacolo dell’assemblea nell’ottenere un ascensore comune, installando a proprie spese un elevatore interno o esterno all’edificio. Naturalmente questa realizzazione, consentita in determinate condizioni, ha delle ricadute sulla proprietà comune, dal momento che il nuovo elemento introdotto modifica inevitabilmente la conformazione dell’edificio.

Le più recenti sentenze, fino agli ultimi pronunciamenti della Cassazione si richiamano al principio della "solidarietà condominiale". Un criterio, questo, che serve a conciliare le diverse esigenze dei condomini, e stabilire chi debba sacrificarsi in favore dell’altro. Se dovesse dunque sorgere una controversia condominiale sulla base di questo principio, il giudice potrà stabilire se ha ragione chi vuole installare l’ascensore privato in condominio o chi si oppone alla realizzazione di tale opera, poiché potrebbe alterare l’aspetto dell’edificio o ridurre le dimensioni delle scale comuni in maniera eccessiva.

Regole e condizioni

Secondo il Codice civile (art. 1102) ciascun condomino può “servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto”. In questo caso è possibile “apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa”.

Stando all’interpretazione giuridica prevalente, questa norma rende possibile ad ogni condomino (anche se non disabile) l’installazione di un ascensore condominiale privato, purché ne sostenga tutte le spese. In tal modo non bisogna richiedere il consenso dell’assemblea. L’assemblea può però opporsi all’installazione di un ascensore condominiale privato (o fare ricorso al giudice, qualora l’interessato lo abbia già realizzato) nel caso in cui l’opera pregiudichi sicurezza e stabilità dell’edificio, leda o alteri il decoro architettonico del fabbricato, renda inservibili alcune parti comuni all’uso o al godimento anche da parte di un solo condomino.

Si tenga presente che l’installazione di un ascensore privato in condominio è generalmente considerata un’innovazione “gravosa e voluttuaria”, in quanto l’apparecchio sarà soggetto a utilizzazione separata ed esclusiva da parte di chi lo ha realizzato. Nel 2022 però il Decreto Semplificazioni ha precisato che, quando si tratta di opere destinate al superamento delle barriere architettoniche, tali innovazioni non sono considerate voluttuarie, e permane quindi solo il divieto di compromettere la stabilità o la sicurezza del fabbricato.

Se riduce la larghezza delle scale

Secondo una recente sentenza della Cassazione (19087/2022), il singolo proprietario può installare a sue spese un ascensore nell’edificio, anche se riduce la larghezza delle scale. In questo caso vige il principio già citato di “solidarietà condominiale”, in base al quale il giudice deve effettuare per ogni singola situazione una valutazione comparativa di vantaggi e svantaggi che il nuovo ascensore privato può comportare.

Nel caso specifico su cui la Suprema Corte era stata chiamata a pronunciarsi, alcuni condomini si erano opposti alla realizzazione di un ascensore privato interno, poiché il vano scale non era abbastanza ampio e il nuovo elemento avrebbe impedito il passaggio contemporaneo di due persone. Il ricorso però era stato respinto perché la scala, anche se ristretta, non era stata resa inutilizzabile, pur risultando evidente il vantaggio del proprietario dell’ultimo piano.

Il Collegio giudicante ha sottolineato che l’impianto ascensore “è funzionale al perseguimento di finalità non limitabili alla sola tutela delle persone in condizioni di minorazione fisica, ma individuabili anche nell’esigenza di migliorare la fruibilità dei piani alti dell’edificio da parte dei rispettivi utenti, apportando un’innovazione che faciliti l’accesso delle persone a tali unità abitative, in particolare di quelle meno giovani”. In quel caso specifico dunque “in ragione del principio di solidarietà condominiale, il sacrificio minore si è realizzato incidendo sulla larghezza delle scale”. Le innovazioni apportate con l’installazione dell’ascensore sono state riconosciute legittime e necessarie per il miglior godimento della cosa da parte del condomino interessato, che aveva fra l’altro interamente sostenuto tutte le spese di installazione.

Ascensore nel cortile e normativa sulle distanze

Per il Tribunale di Napoli (sentenza 5735/2022), in ciò confortato dalla Cassazione, è possibile installare l'ascensore in condominio, anche nel cortile comune, senza dover, necessariamente, rispettare la normativa codicistica o quella espressa nei regolamenti edilizi in tema di distanze, in quanto “la prevalenza della norma speciale in materia di condominio determina l'inapplicabilità della disciplina generale sulle distanze”.

Sull'argomento, una recente pronuncia della Cassazione (sentenza 30838/2019), spiega appunto che, a prescindere dal fatto che ci sia un disabile che, concretamente, acceda o meno ad un fabbricato, l'installazione dell'impianto mira ad eliminare le barriere architettoniche e a realizzare, anche in questo caso, un “principio di solidarietà condominiale, secondo il quale la coesistenza di più unità immobiliari in un unico fabbricato implica di per sé il contemperamento, al fine dell'ordinato svolgersi di quella convivenza che è propria dei rapporti condominiali”. Per la pronuncia citata, quindi, l'unico limite che occorre considerare è quello dell'uso della cosa comune, che l'ascensore non può assolutamente limitare, mentre la normativa sulle distanze, per le medesime ragioni, può non essere presa considerazione.

Ascensore, barriere architettoniche, permesso di costruire

A pronunciarsi su tale questione è stato questa volta il Tar della Lombardia (sentenza 388/21), a seguito del ricorso presentato dal proprietario di un immobile al terzo piano di una palazzina. L'uomo, che intendeva installare un ascensore esterno per il superamento delle barriere architettoniche, presenta una SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) al Comune di residenza, ma l'amministrazione comunale, con una ordinanza dirigenziale, sospende i lavori, sostenendo un contrasto con la norma del Piano delle Regole (PdR) del Piano di Governo del Territorio (PGT).

Dopo aver esaminato con attenzione il Piano delle Regole, i giudici spiegano che la distanza minima dei fabbricati dai confini di proprietà e di zona "deve essere pari alla metà dell'altezza massima dell'edificio e comunque non inferiore a 5 metri". In questo caso, però, sottolineano, non si parla di nuova costruzione, in grado di generare nuova superficie coperta, quindi i proprietari "non sarebbero tenuti al rispetto delle distanze da altri fabbricati previste dal Piano delle Regole (PdR) del Piano di Governo del Territorio (PGT)".

In base a quanto descritto, l’installazione di un ascensore non richiede quindi il permesso di costruire, visto che si tratta di un volume tecnico, che apporta una innovazione allo stabile e non di una costruzione "strettamente intesa". Per questo, secondo i giudici, la realizzazione di un ascensore "non concorre alla creazione di un volume o di una superficie aventi rilievo in ambito edilizio, non generando tale opera un autonomo carico urbanistico". Quindi le distanze specificate nel piano delle regole "non possono essere applicate ai vani ascensori".

Inoltre, si legge nella sentenza, il DPR n. 380/2001 (o Testo Unico Edilizia) stabilisce che "le opere dirette all'abbattimento delle barriere architettoniche possono essere realizzate in deroga alle norme sulle distanze previste dai regolamenti edilizi, salvo l'obbligo di rispetto delle distanze di cui agli articoli 873 e 907 del Codice civile". Distanza che, argomentano i giudici, non vengono violate nel caso specifico.

Il ricorso, dunque, è stato accolto con conseguente annullamento dell'ordinanza dirigenziale.

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