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Tari, quando non va pagata la tassa sui rifiuti

Non sono tantissime, ma ci sono situazioni in cui la tassa sui rifiuti non va corrisposta. Ce ne sono poi altre in cui si può aver diritto a riduzioni e agevolazioni. Cosa bisogna sapere

Tari: quando non va pagata la tassa sui rifiuti
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Fra i tributi che gli utilizzatori di un immobile (sia proprietari che affittuari) sono tenuti a versare c’è anche la Tari (tassa sui rifiuti). Destinata a finanziare i costi relativi al servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti dei comuni, l’imposta è dovuta da chiunque possieda o detenga a qualsiasi titolo locali o aree scoperte in condizioni di produrre rifiuti. Ma ci sono situazioni in cui non ne è previsto il pagamento. Ecco quali.

Come nasce e come funziona la Tari

Introdotta con la Legge di stabilità per il 2014, in sostituzione delle precedenti Tariffa di igiene ambientale (Tia), Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (Tarsu) e Tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (Tares), faceva parte dell'imposta unica comunale (Iuc) insieme con l'imposta municipale propria (Imu) e il tributo per i servizi indivisibili (Tasi).

Peculiarità della Tari, quella di essere un’imposta che deve raggiungere il pareggio di bilancio, cioè l’importo raccolto dal Comune deve esattamente coprire i costi senza generare ulteriori entrate. L’Autorità di Regolazione per Energia e Reti e Ambiente (Arera), che ha il compito di regolare e controllare il settore dei rifiuti a livello nazionale, ha emanato lo scorso gennaio una delibera che stabilisce i nuovi criteri per i comuni, da usare per stabilire i loro regolamenti in materia di rifiuti. In genere, l’importo della Tari viene suddiviso in due o tre rate, da versare rispettivamente entro la fine di aprile, entro la fine di luglio, entro il 31 dicembre.

Principali casi di esenzione

Partiamo dal presupposto che se la casa è vissuta, la Tari deve essere pagata dal contribuente, che si tratti del proprietario stesso o di un affittuario, qualora sia in essere un contratto di locazione. Se la casa non è utilizzata, la Tari non va pagata. Elemento per dimostrare che un’abitazione non è utilizzata è l’assenza di utenze, come l’allaccio alla rete idrica, al gas o alla rete elettrica. La mancanza di tali utenze conferma che l’abitazione non è abitata e che, di conseguenza, non produce rifiuti. Altro elemento che conferma il mancato utilizzo della casa è l’assenza di arredo. Questi casi devono essere dimostrati al comune in cui insiste l’abitazione, e che invia la Tari.

Attenzione: sui casi di esenzione ci possono essere differenze tra i vari comuni. Per alcuni, ai fini dell’esenzione potrebbe andare bene accertare l’assenza di mobili, per altri potrebbe invece essere necessaria l’assenza di utenze (acqua, luce o gas).

Differente il discorso per la Tari sulla seconda casa, utilizzata soltanto per pochi mesi all’anno: in questo caso la Tari si paga, ma in misura ridotta. Per i non residenti, che vivono per la maggior parte dell’anno in un’altra casa, il comune è tenuto ad applicare una riduzione dell’imposta. Solitamente sono le delibere a stabilire in quale misura percentuale, diversamente, sarà necessario presentare ricorso.

La riduzione della Tari prevista per le case abitate soltanto pochi mesi all’anno è trattata specificamente dalla Legge di Stabilità 2014, già citata, in cui è previsto che il comune stabilisca esenzioni o riduzioni nei casi di: abitazioni tenute a disposizione per uso stagionale o altro uso limitato e discontinuo; abitazioni occupate da soggetti che risiedano o abbiano dimora, per più di sei mesi all’anno, all’estero; locali differenti dalle abitazioni e aree scoperte adibiti a uso stagionale o non continuativo, ma ricorrente; fabbricati rurali ad uso abitativo.

A discrezione dei Comuni

Ogni comune possiede comunque la facoltà di introdurre con proprio regolamento esenzioni e riduzioni in favore delle fattispecie specifiche individuate dalla legge, che, in quanto connesse a una minore attitudine a produrre rifiuti, diano luogo ad un minor gettito da inserire tra i costi del piano finanziario. Esenzioni e riduzioni che interessano rispettivamente: abitazioni con unico occupante, attività di prevenzione nella produzione di rifiuti (in particolare utenze domestiche che abbiano avviato il compostaggio domestico), compensando le riduzioni tariffarie con la quantità di rifiuti non prodotti; ancora: esenzioni e riduzioni in favore di ulteriori tipologie ritenute dall’ente locale meritevoli di tutela, a prescindere da una minore produttività di rifiuti delle utenze; in questi casi, il comune dovrà finanziare la misura facendo ricorso a risorse derivanti dalla fiscalità generale e differenti, quindi, dai proventi del tributo.

Se si vive in affitto

Chi vive in affitto è esonerato dal pagamento della Tari? La risposta è duplice: si (per un certo periodo) e no. Vediamo perché. Per capire chi paga la tassa tra inquilino e proprietario bisogna considerare il tempo di permanenza nell’immobile. L’inquilino è infatti obbligato a pagare la Tari in caso di detenzione di durata superiore a 6 mesi. In caso contrario, la tassa non è dovuta dall’utilizzatore, ma resta esclusivamente a carico del proprietario.

Quando il servizio non è "all'altezza"

La legge prevede, oltre ai casi di esenzione, alcune situazioni in cui è possibile richiedere la riduzione della Tari. Due le tipologie: obbligatorie e facoltative, che possono essere introdotte dai comuni.

Per quanto riguarda, in particolare, quelle obbligatorie, ci sono casi specifici in cui la tassa sui rifiuti si paga solo in parte: quando cioè il servizio di raccolta è effettuato in violazione della legge, o quando i cassonetti della spazzatura sono troppo distanti dalla propria abitazione.

Quando il servizio di raccolta dei rifiuti è insufficiente e quando le strade delle città sono piene di spazzatura, la Tari è dovuta per un massimo del 20% della tariffa. Lo stesso sconto dell’80% spetta in caso di interruzione del servizio per motivi sindacali, o per impedimenti organizzativi imprevedibili, che abbiano determinato una situazione riconosciuta dall’autorità sanitaria di danno o pericolo alle persone o all’ambiente.

La Tari può inoltre essere ridotta, si badi, ridotta, nelle zone in cui non è effettuata la raccolta e l’imposta dovuta sulla base della tariffa deliberata dal comune non dovrà superare il 40%, da calcolare in base alla distanza dal più vicino punto di raccolta.

Esenzione: a chi spetta l’onere della prova e come regolarsi

Se il Comune invia una bolletta Tari al cittadino che non la ritiene giustificata, tocca a quest’ultimo dimostrare all’ente che la tassa non è dovuta ai sensi di legge (o in base al regolamento comunale). Se dunque l’utente riceve un avviso di pagamento o un accertamento esecutivo Tari e ritiene indebite tali notifiche, deve avviare una contestazione. Questa prima azione deve essere fatta mediante un ricorso in autotutela Tari, molto semplice in quanto può essere presentato direttamente al comune e in carta semplice.

Se il comune accoglie il ricorso in autotutela, annulla l’atto e la questione si chiude. In caso di rigetto, invece, il contribuente dovrà valutare un eventuale ricorso in commissione tributaria.

Si tenga presente comunque che, se i motivi per l’esenzione sussistono chiari ed evidenti, difficilmente l'ente rigetterà la richiesta, affrontando un eventuale ricorso in commissione tributaria e il rischio di perdere.

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