Confindustria renziana: baratta il Sì alle riforme con un taglio delle tasse

Il presidente Boccia esordisce con un'apertura di credito al governo. Gli imprenditori pronti a sostenerlo nel referendum, in cambio chiedono che si abbassi il cuneo fiscale sul costo del lavoro

Un Sì al referendum sulle riforme in cambio di misure a favore delle imprese. Giù il costo del lavoro, spostare dalla tassazione dalla produzione alle «cose». Tradotto, più Iva e, forse, anche imposte sui beni immobili. La prima uscita pubblica di Vincenzo Boccia è un sostegno al governo Renzi. Gradito e atteso, vista l'incertezza sui prossimi appuntamenti con la cabina elettorale.

Per il momento non c'è un sì ufficiale. La posizione «verrà decisa nel Consiglio generale convocato per il 23 giugno». Ma l'endorsement per il Sì c'è e arriva con un sostegno alle riforme, «strada obbligata per liberare il Paese dai veti delle minoranze e dai particolarismi, che hanno contribuito a soffocarlo nell'immobilismo». Boccia traccia una linea di continuità tra il sostegno di Confindustria alle riforme (e ai referendum) degli anni Novanta. E spinge quelle di Renzi che «possono inaugurare una grande stagione della responsabilità». Apprezzati in particolare due punti. «Confindustria si batte fin dal 2010 per superare il bicameralismo perfetto e riformare il Titolo V della Costituzione. Con soddisfazione, oggi, vediamo che questo traguardo è a portata di mano».

L'altro messaggio forte di inizio mandato, Boccia lo dedica alle ricette per fare tornare la crescita (per ora «modesta») e, soprattutto, la produttività. Vero che quella italiana è troppo bassa. «Dal 2000 a oggi» in Italia «è salita dell'1% contro il 17% dei nostri maggiori partner europei». Ma la colpa non è del basso valore dei prodotti made in Italy, quanto del costo del lavoro che da noi «è aumentato più che in altre economie».

È un sostegno all'idea del governo di tagliare il cuneo fiscale. Bene anche la mini riduzione dell'Ires al 24% che dovrebbe scattare nel 2017. Ma che è a rischio, se il governo dovesse decidere di alleggerire la pressione fiscale sulle famiglie. Idea «ottima, però non basta». Come dire, irrinunciabile.

Confindustria vuole «spostare il carico fiscale alleggerendo quello sul lavoro e sulle imprese aumentando quello sulle cose». È la posizione tradizionale di Confindustria (e dell'Unione europea), favorevole a un aumento dell'Iva per finanziare un taglio della pressione sulle imprese. Ma la vaghezza del «cose» fa pensare anche agli immobili. Tanto che tra le reazioni prudentemente critiche c'è stata Federdistribuzione, ma anche Confedilizia.

Il messaggio di Boccia è tutto all'insegna dell'unità della confederazione. Sulla contrattazione di fatto sposa la posizione di Federmeccanica: «Non vogliamo giocare al ribasso: vogliamo una più alta produttività per pagare salari più alti». Quindi contrattazione sempre meno nazionale e sempre più spostata a livello di azienda. Ricetta che incassa un «no» immediato di Susasnna Camusso (Cgil) e una disponibilità di Annamaria Furlan (Cisl) e Carmelo Barbagallo (Uil). Quello sul modello contrattuale è un tentativo di pacificare la parte della confederazione che non lo ha appoggiato. Mercoledì all'assemblea a porte chiuse, Boccia è stato eletto con l'87% dei voti espressi, ma la percentuale scende al 66% se si considerano le schede bianche. Segno di un disagio nei settori della confederazione che hanno appoggiato Alberto Vacchi.

Ad esempio Assolombarda.

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