Caro Domenico,
non hai torto: certe cronache non arrapano i giornali e le tv, in quanto contraddicono il paradigma prevalente del maschio violento e carnefice e della femmina debole e vittima del primo. Si dà la notizia e finisce tutto lì. Per noi uomini nessuno si sogna di scendere in piazza, di protestare, nessuno osa difenderci, in quanto si teme di passare per sessisti per la circostanza innocua di avere fatto notare e adottato un punto di vista di diritto. Io rifiuto di considerare e giudicare una persona in base al suo genere. Non penso che le donne siano sempre vittime dell'uomo né che i maschi siano tutti violenti. Non penso nemmeno che in Italia sia in vigore il patriarcato o che sia dominante una cultura maschilista che soffoca le libertà del genere femminile. Non nego che in diversi ambiti debba essere ancora raggiunta una effettiva parità di genere ma neppure nascondo che in tanti altri ambiti le signore hanno superato i signori. Attualmente anche in politica le donne sono alla guida del carrozzone. E ancora crediamo che a comandare in casa siano gli uomini? Pure in casa mia lo ha sempre fatto mia moglie e non mi sono mai sentito svilito nella mia mascolinità per questo. La virilità non si esprime nella sopraffazione, nel dominio, nel terrore. Tutt'altro, essa si manifesta con più evidenza quando è assente il bisogno di dimostrare di scoppiare di testosterone.
Per quanto riguarda la questione da te posta, è bene specificare che in Italia da due decenni e oltre gli omicidi, sia di maschi che di femmine, sono in calo vertiginoso e questo fa del nostro Paese uno dei più sicuri in Europa, anzi nel mondo intero. Aggiungo che la quota di uomini morti ammazzati è superiore ogni anno a quella di donne assassinate. Eppure la narrazione che vuole l'Italia luogo in cui le donne vengono massacrate è sempre più diffusa e incalzante. Il dato sui cosiddetti «femminicidi» è elevato, circa 100 lo scorso anno, e si parla di emergenza. Ok. Ci sta. È chiaro che auspichiamo che tale valore crolli. Ma perché non si parla di emergenza per i morti sul lavoro, oltre mille ogni anno e quasi tutti maschi, o per i ciclisti o per i pedoni investiti e uccisi il cui numero supera di gran lunga quello delle donne vittime di omicidio?
Insomma, a mio avviso, siamo tutti autori di una sorta di sessismo al contrario: se la vittima ha il pene vale meno o forse è meno vittima di quanto lo sarebbe se soltanto non avesse questo arnese nelle mutande.
E poi ci macchiamo di un crimine ancora più orrendo: se l'autore del delitto è femmina, ecco che tiriamo fuori ogni tipo di attenuante, del tipo: «Poverina, avrà ucciso perché subiva maltrattamenti e violenze». In estrema sintesi, se l'assassino è donna, concludiamo che si tratti di legittima difesa.
Io mi attengo al diritto e ai suoi principi. E si dia il caso che esso ci voglia tutti uguali davanti alla legge, a prescindere dal genere, tutti innocenti fino al terzo grado di giudizio nonché tutti portatori, ove imputati, di un tipo di responsabilità penale che non può che essere personale.
Quindi, finiamola ma finiamola sul serio con lo stigmatizzare l'intero genere maschile e con il reputarlo colpevole di ogni nefandezza.La realtà è molto più complicata e queste semplificazioni si traducono in pregiudizi che non fanno bene a nessuno.
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