Scena del crimine

"Lei ci tiene vivi": la ricerca di Denise Pipitone nello sguardo di suo padre

C'è un uomo discreto ma deciso che cerca sua figlia da 19 anni: è Piero Pulizzi, padre di Denise Pipitone, che da sempre affianca Piera Maggio nella sua lotta per la verità

"Lei ci tiene vivi": la ricerca di Denise Pipitone nello sguardo di suo padre
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Nell’annoso caso della scomparsa di Denise Pipitone, sicuramente il volto della ricerca - della bambina di ieri e della verità - è, nell’immaginario collettivo dell’opinione pubblica, la sua mamma Piera Maggio, accompagnata dall’onnipresente legale di famiglia, l’avvocato Giacomo Frazzitta. Esiste però qualcun altro, rimasto nell'ombra ma con lo stesso desiderio disperato: è Piero Pulizzi, papà della bimba e marito di Piera Maggio.

Chi è Piero Pulizzi

Quelli di Piero Pulizzi sono sicuramente un nome e un volto più “discreti” di questa storia, e sono rare le interviste che l’uomo ha rilasciato nel tempo. Pulizzi in realtà, come la stessa Maggio rimarca più volte nel suo libro “Denise - Per te, con tutte le mie forze” e anche se forse alcuni non lo sanno, è stato sempre al fianco di Piera Maggio: la forza di lei e la forza di lui sono un tutt’uno.

Piero Pulizzi viene definito solitamente il “padre naturale” di Denise Pipitone, dicitura che deriva dal fatto che la bambina portava il cognome dell’ex marito di Piera Maggio, Toni Pipitone. Pulizzi, all’epoca della nascita della piccola, aveva messo fine alla propria relazione con la prima moglie, Anna Corona, dalla quale sono nate le figlie Jessica e Alice Pulizzi. Questo dettaglio famigliare sarebbe stato al centro dell’interesse degli inquirenti e successivamente in un processo, in cui l’imputata fu appunto Jessica Pulizzi.

La scomparsa di Denise e il processo a Jessica Pulizzi

Denise Pipitone

L’1 settembre 2004 era un giorno di mercato a Mazara del Vallo. Denise Pipitone, che avrebbe compiuto 4 anni il successivo 26 ottobre, era a casa della nonna, poiché Piera Maggio era impegnata in un corso di aggiornamento. L’ultima traccia della bambina la porta nei pressi della casa degli zii, al seguito di un cugino più grande che però era rientrato in casa, poi più nulla. Da quel momento un consueto e tranquillo menage famigliare è stato distrutto: la scomparsa della bimba che in un video canta alla sua mamma “Palloncino blu” avrebbe dato vita negli anni a ricerche, ipotesi e talvolta anche presunti tasselli mancanti.

La ricostruzione fondamentale cui a un certo punto sono giunti gli inquirenti è che Denise Pipitone sarebbe stata rapita e portata via attraverso un “passaggio di mani”. Indagata e poi a giudizio per concorso in rapimento fu Jessica Pulizzi, sulla quale pesò il presunto movente della gelosia nei confronti del padre, che aveva lasciato la madre e aveva quindi dato alla luce una figlia con un’altra donna, mentre la posizione di Anna Corona venne archiviata.

All’epoca delle indagini, il rapporto tra Jessica e Piero Pulizzi iniziò a incrinarsi. “Ho sempre cercato di avere una collaborazione con Jessica - ha raccontato l’uomo nel 2008 a Insieme sul Due - per il discorso che si è sempre avvalsa della facoltà di non rispondere, e io quello che le ho sempre chiesto è di dissociarsi dalla facoltà di non rispondere, per andare a trovare la verità”.

Il processo di primo grado ebbe inizio nel 2010, per concludersi nel 2013: Jessica Pulizzi venne assolta per insufficienza di prove, e l’assoluzione fu confermata in appello nel 2015 e in Cassazione nel 2017. Negli ultimi anni si è tuttavia tornati a parlare del caso, non solo per la presunta somiglianza di alcune giovani con Denise Pipitone - uno su tutti il caso della russa Olesya Rostova - ma molti programmi di informazione si sono soffermati su alcuni punti chiave delle indagini: la mancata perquisizione della casa di Anna Corona nell’immediatezza della scomparsa, la ricostruzione della mattina dell’1 settembre 2004 per Jessica Pulizzi e la madre, le intercettazioni a carico delle due donne, la testimonianza dell’epoca dell’anziano audioleso Battista Della Chiave che potrebbe essere stata interpretata in maniera errata al tempo.

La pista rom e il conoscente di Piero Pulizzi

Negli ultimi anni la trasmissione “Chi l’ha visto?” è tornata appunto sulla testimonianza di Della Chiave, oggi defunto, che all’epoca delle prime indagini si spiegò a gesti - non conosceva la Lis - agli inquirenti e a Giacomo Frazzitta in tre diverse circostanze. Il programma condotto da Federica Sciarelli ha elaborato, grazie a un esperto, una ricostruzione interessante sulla testimonianza di Della Chiave, che, esprimendosi a gesti, avrebbe raccontato di aver visto una bambina, di averla nutrita e che poi questa sia stata portata via da tale Beppe, un uomo con i baffi e una zazzera di riccioli, mai identificato. La descrizione dell’anziano collimerebbe con alcuni luoghi effettivamente presenti a Mazara del Vallo. Si risalì a Della Chiave per via di una presunta telefonata partita da un magazzino di via Rieti, in cui l’uomo lavorava, alla volta del telefono di Corona, che però era spento.

Naturalmente non c’è modo oggi, ma solo supposizioni, per capire davvero cosa volesse dire Della Chiave - i suoi parenti hanno tra l’altro sempre parlato di ricordi di gioventù, completamente scollegati dalla scomparsa di Denise Pipitone. Ma tuttavia quella testimonianza avrebbe supportato nel tempo l’ipotesi del “passaggio di mani” della bambina.

Piero Pulizzi con Piera Maggio

E questo conduce direttamente alla cosiddetta “pista rom”, ovvero l’ipotesi secondo cui la piccola potrebbe essere stata consegnata ad alcuni nomadi. L’indizio più importante in questa pista è legato alla testimonianza di una guardia giurata che lavorava all’ingresso di una banca milanese nell’ottobre 2004: Felice Grieco notò e riprese con un vecchio telefonino una bambina che parlava italiano all’interno di una presunta famiglia nomade. Troppo imbacuccata per essere ottobre, e per di più gli esperti linguisti hanno individuato che la piccola si esprimesse con un’intonazione compatibile con una bambina dell’area del Trapanese. Altre testimonianze, tuttavia mai esaminate a fondo, avrebbero collocato successivamente Denise Pipitone nella Bergamasca, sempre in una famiglia di etnia rom.

A questo si deve aggiungere un dettaglio. Piero Pulizzi, nell’immediatezza della scomparsa di Denise Pipitone, chiese aiuto a un conoscente, un kosovaro di etnia rom ma stanziale, che conosceva, per cercare la figlia. L’uomo ha poi affermato a verbale che dapprima Pulizzi gli avrebbe detto che la bambina era la figlia di un’amica, per poi lasciarsi sfuggire che era anche propria figlia. “Siccome Giacoma (Maggio, sorella di Piera, ndr) - spiegò Pulizzi a verbale - insisteva che io girassi dappertutto e cercassi da chiunque e in particolare mi diceva di cercare dagli zingari, sono andato da uno slavo”.

Una ricerca lunga decenni

Il mio primo pensiero quando mi sveglio la mattina è poter avere una famiglia felice, avere una vita tranquilla, quella che ci manca da anni a tutti, e di avere Denise a casa. Quello è il primo obiettivo, la prima cosa che viene nella mente: ti addormenti con il pensiero di Denise e ti svegli con il pensiero di Denise. Perché è lei quella che manca di casa, è lei quella che ci tiene vivi sino a oggi per combattere questa battaglia, perché è diventata veramente una battaglia”, sono state le parole di Piero Pulizzi nel 2021 a “Chi l’ha visto?”. L’uomo fa di mestiere il conducente d’autobus: nei suoi tanti spostamenti si augura nuove segnalazioni, chiede di affiggere sulle finestre dei negozi le age progression della figlia, che oggi potrebbe avere poco meno di 23 anni e che lui non ha mai smesso di sperare.

Insieme a Piera Maggio, la loro famiglia, e il combattivo avvocato Frazzitta.

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