Giù la maschera

Berlinguer, ti voglio bene

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Berlinguer, ti voglio bene

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Figlia di troppo padre, erede di TeleCurzi e già direttrice del Tg3 più antiberlusconiano della storia dell'antiberlusconismo, Bianca Berlinguer, detta «la Zarina» ben prima della deriva filorussa delle sue trasmissioni, giorni fa ha debuttato a Mediaset. Da Rai3 a Rete4 è già un upgrade: di un punto. Per lo share, invece, ha quasi raddoppiato: dal 6 virgola qualcosa di Cartabianca al quasi dieci di È sempre Cartabianca. «Tutto cambia», ha detto in apertura del nuovo programma, identico a quello vecchio. La tv dei Gattopardi. Poi, ieri, nella prima intervista del nuovo corso liberale e liberista, la Berlinguer, cognome che non è un privilegio ma neppure uno svantaggio, ha dichiarato: «A Mediaset c'è più libertà che in Rai: non ci sono pressioni dei partiti». L'editto Berlinguer. Dopo 35 anni di lavoro nel pubblico, scopre che è meglio il privato, e che l'universo Fininvest non è poi così concentrazionario. Basta poco a polverizzare una secolare tradizione famigliare di sano comunismo.

Bene bene. Abbiamo capito che una Berlinguer si sente più sicura accanto ad Alessandro Orsini che a Sigfrido Ranucci.

Comunque, adesso che un'icona catodica della sinistra, entrata in Rai ai tempi in cui andava in onda la lottizzazione dei partiti più feroce di sempre, scopre che l'aria di Cologno Monzese è più respirabile di zona Viale Mazzini, allora può provare a spiegarlo anche agli altri profughi Rai: Fazio, Littizzetto, la confindustriale Annunziata...

Benvenuta nel club.

Berlinguer, adesso sì che ti voglio bene.

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