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"Il computer non ci fa paura: la stilografica rende immortali"

Producono la mitica Aurora dal 1919: "Con la tecnologia il business è migliorato"

"Il computer non ci fa paura: la stilografica rende immortali"

Bene, prendiamo carta e penna e poi che cosa succede? «Succede che lasciamo un segno, che è il segno dell'uomo, perché la scrittura è espressione dell'anima e questo gesto non cambierà e non morirà mai». Anni 55 appena compiuti, torinese, Cesare Verona è presidente e amministratore delegato di Aurora, la più antica fabbrica italiana di penne «a serbatoio», fondata a Torino nel 1919 dai suoi antenati. Guidata dalla famiglia Verona, da quattro generazioni coinvolta nel mondo della scrittura, Aurora resta oggi l'unico marchio autenticamente italiano nel suo settore, con un unico stabilimento produttivo di 10mila metri quadrati che dà lavoro a circa 80 dipendenti. «A chi ci domanda voi come fate a sopravvivere in un mondo così digitale noi rispondiamo che il nostro business non solo sta crescendo ma che ci sono sempre più persone che stanno ritornando a scrivere per il piacere di scrivere. Il marchio Aurora è sinonimo di eccellenza made in Italy in oltre 50 Paesi. L'export annuale rappresenta il 52 per cento del fatturato. I mercati emergenti dell'estremo Oriente sono diventati per noi un'importante opportunità di sviluppo commerciale. In Cina, Aurora ha già aperto un punto vendita monomarca e numerosi corner personalizzati nelle principali città del Paese, tra cui Shangai e Pechino. In Italia, sono stati recentemente inaugurati oltre 100 nuovi Corners e Shop in Shop. Sulla scorta di questi dati io dico ben venga la digitalizzazione per ritrovare il piacere di scrivere con una penna stilografica».

E allora mettiamolo davanti ad un bivio il presidente: penna a sfera o stilografica? «Stilografica per tutta la vita perché ha un tratto molto più personale. Perché, fin dal primo approccio, diventa un oggetto da portare con sé, di cui andare orgogliosi. Non resta solo un magnifico accessorio. E in un mondo così massificato, in cui è piuttosto rara la capacità di farsi notare, non solo in senso opulento e ostentativo, ecco che, incontrare qualcuno che ha e fa qualcosa di differente dagli altri è, a mio avviso, un grande atout. La stilografica racconta una persona che si distingue». Dunque penna stilografica, come espressione della nostra personalità e cartina di tornasole persino dei nostri difetti e delle nostre qualità. In Aurora ne sono convinti.- A cominciare - sottolinea con orgoglio Cesare Verona dall'ingegner Filippo. «Sì, questo nostro tecnico è in grado, guardando una persona scrivere, di definire qual è la penna stilografica per quella persona e quale sarà il pennino ideale. Gli elementi che Filippo considera sono la velocità di scrittura, l'inclinazione e la misura della mano, dopodiché ecco che la penna ideale, la penna che più rispecchia quella personalità viene realizzata. E per il pennino non ci sarà mai problema ora che è arrivato anche il nuovo ultraflessibile che è un po'come una supercar dodici cilindri». Ricapitolando: diciassette tipologie di pennino, 220 piccoli pezzi per assembleare una stilografica. Che in molti casi, sufficiente guardarsi attorno qui in manifattura a Stura, arrivano ad essere oggetti del desiderio, modelli unici: tempestati di pietre preziose o fasciati d'oro, realizzati bespoke. Come la «Petra» per il reali di Giordania (costo 200mila euro), o quelle dieci penne, dal ragguardevole valore, volute, ovviamente su misura per ogni destinatario, che un customer indiano ha regalato agli amici più intimi per festeggiare il matrimonio della figlia. Il modello luxury per eccellenza è la «88», nata da un'idea di Marcello Nizzoli, lo stesso architetto che, da queste parti, diede corpo alla mitica Olivetti Lettera 22.

Ma quella clip che spunta dalla camicia di Cesare Verona a che cosa conduce? «Alla mia preferita. Quella che spunta dalla mia camicia è una Optima, mentre nella giacca ho una 85° Anniversario rossa, altra penna che amo particolarmente. Poi se proprio lo vuole sapere, nella giacca ho anche una matita azzurra. Perché mi piace anche l'idea di avere un tratto di grafite da poter cancellare. Ecco questa è la mia formazione-tipo, il mio tridente della felicità. Quando scrivo qualcosa di importante prima lo scrivo su carta e poi lo trasferisco su supporto digitale. Perché l'idea di estrarre la penna, aprirne il cappuccio con lentezza, e ritrovare così una ritualità del pensiero e della riflessione è, secondo me, un valore aggiunto in un mondo dove tutto deve andare veloce».

Aurora significa anche design, dato che due modelli dell'azienda torinese sono esposti al MoMa di New York: la stilografica Hastil del 1970 e la penna a sfera Thesi del 1974, disegnate da Marco Zanuso. E per restare immersi nella ritualità della riflessione e della scrittura si può «diventare» una goccia d'inchiostro e attraversare il tunnel sensoriale dell'Officina della scrittura, il sogno di Cesare Verona, sostenuto dalla fondazione di famiglia, Aurea Signa, non solo un museo ma un sentiero emozionale che conduce i visitatori attraverso la storia del segno e della scrittura, un percorso reso ancor più affascinante dal contesto in cui Aurora si trova: un'abbazia benedettina del 1146, in cui i monaci amanuensi quel segno lo lasciavano con la penna d'oca. «Mi lasci concludere con una battuta: io non vorrei che la nostra diventasse una Repubblica basata sugli chef, ma un luogo dove si possa fare manifattura e dare spazio ai giovani per inventare e realizzare. L'Italia ha perso molte battaglie strategiche ma noi imprenditori vorremmo poter pensare di non fermarci all'ultima generazione. Vede, da noi tutto cominciò con un bisnonno che importò una Remington, un oggetto di scrittura mai conosciuto prima. Eravamo dei predestinati, insomma. E nella scelta di quel nome, Aurora, c'era la voglia di luce: l'inizio del giorno, la speranza di un mondo nuovo».

«Siamo vicini a compiere cent'anni e abbiamo l'intenzione di resistere per altri cento. Siamo passati dal lo abbiamo sempre fatto così cioè da un'azienda famigliare che parlava solo piemontese, ad un'innovazione tecnologica e a una internazionalità di lingue e di idee per produrre sempre più intelligentemente, conservando però la nostra memoria storica». Mai avuto il terrore di perdere la sua stilografica del cuore? «No mai.

Le cose a cui vuoi bene non si perdono».

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