Coronavirus

"L'allenatore dell'Inter? No, il premier": la telefonata di Conte alla dottoressa

Il racconto della direttrice generale dell’ospedale di Bergamo, risultata positiva al tampone

"L'allenatore dell'Inter? No, il premier": la telefonata di Conte alla dottoressa

Strano alzare la cornetta del telefono e sentire dall’altra parte una voce che si presenta: “Buongiorno, sono Conte”. Strano anche se sei la direttrice dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo e c’è in atto un’epidemia da coronavirus in tutta Italia. Il primo pensiero di Maria Beatrice Stasi, come lei stessa ha ammesso, è andato ad Antonio Conte, allenatore dell’Inter. E invece no, si trattava di un altro Conte: Giuseppe, il Presidente del Consiglio. Come riporta il Fatto Quotidiano, la dottoressa Stasi è la direttrice dell’ospedale di Bergamo, una delle zone maggiormente colpite dal Covid-19. Deve lavorare dalla sua abitazione perché lo scorso 4 marzo è risultata positiva al tampone da coronavirus.

Lo scambio di persona

Conte, il premier, domenica 15 marzo ha deciso di chiamarla per manifestare la sua vicinanza e il supporto del governo in un momento così difficile. Nel presentarsi ha però omesso il nome proprio, usando solo il cognome. La telefonata è stata raccontata dalla Stasi ridendo: “Buongiorno, sono Conte, ho sentito una voce dire all'altro capo del telefono. Lì per lì ho pensato ad Antonio Conte, l' allenatore dell'Inter club che il giorno prima ci aveva promesso una donazione di mascherine. Poi dalla voce ho capito che era il premier”. Il medico ha quindi preso la palla al balzo per spiegare bene la situazione estremamente grave che si sta vivendo in uno degli epicentri dell’epidemia, e che forse a Roma non era ancora del tutto chiara. Domenica i contagi erano stati 3.400, più di Francia e Germania fino a pochi giorni fa.

L'aiuto subito arrivato

Conte ha poi chiesto di cosa avessero bisogno. La risposta della direttrice è stata precisa e diretta: “Di tre cose. Personale, perché molti operatori sono a casa e per poter tenere questi ritmi abbiamo bisogno di forza lavoro. Dispositivi di protezione individuale e poi di poter alleggerire la pressione sui nostri ospedali. E la telefonata ha avuto già un risultato”. Infatti è subito arrivato un contingente sanitario che si trova già operativo nella struttura ospedaliera. Per inciso si tratta di 27 medici e 4 infermieri. Non male come aiuto.

Il Papa Giovanni XXIII ha una delle terapie intensive più grandi d’Europa, e quasi tutti gli 80 posti letto sono attualmente occupati da pazienti affetti da Covid-19. Stanno cercando di crearne altri, con l’aiuto anche della Regione che sta trasferendo alcuni degenti. Sembra un terribile gioco a incastro: ne vengono dimessi quattro e subito ne arrivano altri quattro. Finché l’equilibrio regge ok, ma ogni momento è un’incognita. La speranza è che le norme adottate nel decreto del governo facciano vedere presto i loro frutti, arrivando a una stabilizzazione delle pressione.

E gli altri reparti?

Stasi ha poi spiegato la situazione negli altri reparti: “Abbiamo altri 400 pazienti di coronavirus in altri settori in cui ci sono terapie intensive. Per questo l' impianto dell'ossigeno è andato in difficoltà. Oggi in mezza giornata abbiamo installato il nuovo serbatoio e il nuovo sistema di collegamento. Ma è una lotta contro il tempo per arrivare almeno due ore prima. E rischiamo di non reggere”. I dispositivi di protezione per il momento ci sono, ma scarseggiano.

Vi è un urgente bisogno di approvvigionamenti.

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