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La "cucina europea" che cancella i cibi tipici

La "cucina europea" che cancella i cibi tipici

Chissà se i commissari socialisti canterini avranno modificato il ritornello di Bella ciao in «il Parmigiano portalo via». Perché con il cosiddetto Nutriscore, l'ultima trovata dell'Ue, consistente nel bollare come sani o come pericolosi tutti i cibi venduti anche al supermercato, il nostro formaggio rischia di essere penalizzato, probabilmente perché eccessivamente ricco di lipidi, o forse perché non abbastanza tedesco o francese.

La questione del Nutriscore può essere considerata l'ennesima corbelleria, tipo dimensioni dei cetrioli e delle cozze, che ha contributo a (...) trasformare il «sogno europeo», come lo chiamano alcuni, in un brutto spettacolo di vaudeville. Ma è una corbelleria che da un lato può portare a conseguenze gravi da un punto di vista economico e che dall'altro svela i caratteri dell'ideologia ueropeista (non si tratta di un refuso).

Veniamo alle conseguenze economiche. È evidente che i cibi classificati come dannosi per la salute, in base a calcoli di un'équipe di ricercatori francesi, accolti dall'Ue come verità rivelata e indiscutibile, finiranno per subire conseguenze nella loro diffusione: quale madre darebbe al proprio piccolo sulla tavola un cibo che ha ricevuto il bollino rosso? Nulla da temere, diranno alcuni: la dieta italiana è considerata tra la più sane del mondo. Evidentemente non da tutti: si aprirà una lotta tra lobby per far sì che un cibo venga considerato più sano di altri. Sappiamo infatti che il conflitto sull'agricoltura, e quindi sull'alimentare, è uno dei più feroci a dividere i vari Paesi dell'Ue, anche se da noi se ne parla poco. Quanto scommettiamo che, con la lobby italiana storicamente debole a Bruxelles, i nostri prodotti verranno bollinati più spesso come pericolosi?

L'altro elemento, ancora più agghiacciante dal nostro punto di vista, sta nel disegno ideologico di fondo. Quello di un Super-Stato europeo, inesistente nella storia e nelle istituzioni, ma che subito prende le vesti di Stato Etico europeo, pronto a indicare ai cittadini dei diversi Paesi cosa sarebbe meglio mangiare e cosa sarebbe meglio evitare. E che magari comincerà a chiedere di tassare anche i prodotti considerati dannosi.

Sotteso, poi, v'è un altro disegno, ancora più radicale: quello - alla lunga - di creare una sorta di «cucina europea» che a poco a poco elimini, togliendoli dal commercio, i prodotti estranei a questo canone. Nella formazione delle identità nazionali, il cibo ha infatti sempre costituito un elemento fondamentale: se noi siamo (anche) ciò che mangiamo, siamo italiani pure perché mangiamo prodotti italiani, francesi perché consumiamo quelli francesi e così via. E la ricchezza dell'Europa (non dell'Ue) sta nel fare convivere questi diversi cibi.

Inoltre vi sono alcuni nazioni, in particolare la nostra e la francese, che si definiscono attraverso la cucina nazionale, a sua volta composta dai mille prodotti delle mille località che costituiscono la comunità nazionale. Ma all'Ue le nazioni stanno strette, il disegno dell'integrazione infatti vorrebbe eliminarle, anche se non lo confessa esplicitamente: al posto delle singole nazioni l'ideologia ueropeista vorrebbe che si creasse un'unione nuova, fondata sul loro superamento. Via quindi il retaggio del passato, gli italiani non saranno più mangia-spaghetti, o i francesi mangia-rane, perché la pasta sarà bandita per eccesso di zuccheri e le rane vietate per ecologismo. Non ci resta che stringere forte, a mo' di bandiera, la forma di Parmigiano.

E opporci a queste follie.

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