Il business dell'immigrazione

I conti delle coop sui migranti nascosti dai siti del governo

Sui siti delle prefetture lacune sulle rendicontazioni dei costi dell'accoglienza ai migranti: dati mancanti o presentati in confusione

I conti delle coop sui migranti nascosti dai siti del governo

La parola magica è “Amministrazione trasparente”. O almeno dovrebbe esserlo. In tanti l’hanno invocata, ma in pochi sembrano praticarla. Soprattutto in tema di immigrazione. Già, perché per quanto nel lontano 2014 Matteo Renzi avesse promesso di mettere online “ogni singolo centesimo di spesa pubblica”, in realtà i buoni intenti sono rimasti lettera morta. E dove servirebbe chiarezza, come nella gestione delle ingenti risorse destinate ai migranti, in realtà regna il grigiore.

Ad aprile (dati del Ministero dell'Interno) sui 177.505 stranieri presenti sul territorio nazionale, ben 137.599 vivevano nelle strutture temporanee (Cas) gestiti dalle Prefetture e solo 23.867 nei posti "d'eccellenza" Sprar coordinati dai Comuni. Poi ci sono altri 2.204 migranti sistemati negli Hotspot e 13.835 negli hub di primo soccorso. Tradotto in percentuali, significa che l'80% degli stranieri (e delle risorse economiche) finisce nelle mani di imprenditori che hanno fatto dell'immigrazione una nuova attività economica. Un po' di chiarezza su come vengono spesi i soldi sarebbe necessaria, no?

Speranza vana. I dati dei pagamenti risultano occultati, presentati in confusione o nascosti nei luoghi più improbabili dei siti internet delle Prefetture. Il risultato? Per un normale cittadino diventa impossibile sapere quanti milioni di euro delle sue tasse finiscono a questa o a quell’altra cooperativa. Un governo “trasparente” dovrebbe fornire in maniera semplice e rapida alcune delucidazioni ai contribuenti: quali sono i centri di accoglienza in ogni provincia, quali le associazioni impegnate coi profughi e quanto incassano ogni anno. Ma nessuno di questi dati è facilmente accessibile online.

E pensare che la legge sull’anti corruzione prevede che le “stazioni appaltanti” siano tenute a pubblicare nei loro siti web istituzionali le informazioni base sulle procedure di tutte le gare, comprese quelle sull’accoglienza. Una tabella ordinata dovrebbe indicare la struttura proponente, l’oggetto del bando, l’elenco degli operatori invitati a presentare le offerte, l’aggiudicatario, l’importo complessivo e pure le somme liquidate alle singole coop.

Le prefetture in effetti mettono a disposizione un’apposita sezione chiamata - appunto - “Amministrazione trasparente”. All’interno ci si aspetta di trovare l’Eldorado dei documenti, ma spesso si rimane delusi. La prefettura di Ragusa ha la pubblicazione delle gare (secondo la L. 190/2012) ferma al 2013. Un po’ in ritardo, non pensate? Roma fa un po’ meglio, ma non va oltre il 2015. Siena? Idem. Salerno invece ha rendicontato 720 euro per la manutenzione dell'impianto elettrico della Polstrada, ma non le spese per i migranti. Vibo Valentia lo stesso, eppure l’appalto l’anno scorso è stato vinto da qualcuno: l’associazione “Da donna a donna” qualche somma l’avrà pure incassata, no? Frosinone invece fornisce solo il dato aggregato: accordo quadro da oltre 28 milioni di euro e poi giù una sfilza di vincitori. Ma le singole coop, quanto si beccano?

Per carità: ci sono anche esempi lodevoli, amministrazioni che divulgano l’elenco completo delle procedure d’appalto. Ma in generale regna il caos. Soprattutto quando si cerca di ricostruire il processo di assegnazione dei milionari bandi dell’accoglienza. Dei contratti dettagliati tra Stato e cooperative, neppure a parlarne. La lista delle strutture con il numero di immigrati presenti? Solo Napoli, Aosta, Cosenza e poche altre. La maggioranza delle prefetture non la fornisce. Latitano pure i verbali delle commissioni, gli avvisi di post-informazione e le aggiudicazioni definitive.

E pensare che la legge parla chiaro: “La trasparenza è intesa come accessibilità totale alle informazioni” della Pa, così da permettere il controllo “sull'utilizzo delle risorse pubbliche” da parte del cittadino. Solo parole: fatta la legge, trovato il cavillo. Quando a fine 2015 la campagna “InCAStrati” fece ufficiale istanza di accesso civico per conoscere il numero complessivo dei centri profughi, la loro ubicazione e chi fossero gli enti gestori, Ministero e prefetture risposero picche. Affermando che le “informazioni richieste non sono soggette ad obbligo di pubblicazione”.

Viene da chiedersi allora per quale motivo alcuni enti territoriali del governo abbiano i documenti completi e visibili (per esempio: Torino e Firenze), mentre molti preferiscano divulgare dati incompleti o del tutto inutili. A Udine l’albo dei fornitori è fermo al 2014. A Oristano se si cercano dettagli sui “contratti” si trova solo una cartella vuota. A Cesena la sezione degli “avvisi di aggiudicazione” è “in corso di aggiornamento”. E chissà da quanto.

Una cosa è certa: tutta questa confusione, se non è serve ad occultare i costi dell’accoglienza, di certo non aiuta a sollevare il velo di mistero che li avvolge.

Alla faccia della trasparenza.

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