Mondo

L'atroce destino di sopravvivere a chi amiamo

Il senso di colpa di Gianni Boschetti, che impotente ha sentito la moglie ha sentito la moglie morire, è il simbolo di questa nostra assurda guerra

L'atroce destino di sopravvivere a chi amiamo

I mpossibile distogliere lo sguardo da Gianni Boschetti, il sopravvissuto. Il marito che si era allontanato un minuto prima dell'agguato e che restò nascosto, fino a quando fu silenzio, nell'alba insanguinata. È impossibile perché siamo tutti un po' lui, e ci sentiamo tutti in colpa. È doloroso, il senso di colpa, ma è un lievito che fa maturare le coscienze. All'inizio fa male, ma senza di esso è impossibile accettare la realtà e riuscire a viverla pienamente (fu questa, forse la più feconda intuizione della psicoanalisi) e sopravvivere.

La storia di Boschetti, il suo essere ancora vivo, il suo essere rimasto nascosto paralizzato dall'angoscia, mentre dall'interno giungevano rumori e grida, è anche la nostra dopo il primo dispaccio d'agenzia che arriva il televisione e su internet: mio Dio, cosa succede? Il non potere fare nulla, ognuno di noi, come Boschetti, anche se ora si sente in colpa. L'azione di guerra infatti, se non ti uccide direttamente, ti paralizza, puoi solo acquattarti, come lo scorpione quando si accorge che l'hai visto, e finge di essere morto. Si rimane contratti, fino a quando arriva il crampo.

Allora si comincia a capire: siamo in guerra, e dobbiamo muoverci. Siamo straziati, ma dobbiamo reagire, scavalcare i recinti di pseudosicurezza in cui ci siamo rinchiusi, e accettare che in questa guerra il nemico può essere ovunque, coglierci in qualsiasi momento. È difficile, ma questa è la realtà. In questa vicenda Gianni Boschetti, più dei fidanzati sopravvissuti l'uno all'altra al Bataclan, e più della giornalista scampata all'agguato di Charlie Hebdo, ci offre una testimonianza straordinariamente lucida della situazione in cui tutti siamo, più o meno vicini all'orrendo teatro di quello che, ogni volta, è solo l'ultimo massacro, l'ultima strage. Per questo non possiamo distogliere lo sguardo da quest'uomo acquattato nel buio, che ode e intravede, senza potersi muovere. Vediamo; qualche volta sentiamo le grida grazie alle registrazione delle tv; ma non possiamo fare nulla. Stiamo fermi, vergognandoci.

Poi però, nello strazio, possiamo capire meglio cosa succede, dove siamo. Sono accadute cose tremende, e sentiamo che ora possiamo, anzi dobbiamo, darne testimonianza. Come ha fatto Boschetti. Prima rimanendo nascosto, invece di farsi uccidere senza salvare nessuno ed eccitando ancora di più la ferocia del nemico. E poi raccontandolo, fino in fondo, senza tacere del prezioso lievito di ogni dramma condiviso: il senso di colpa. Quello che tormenta (come raccontano gli psicologi di guerra) il reduce che ricorda a lungo, anche nei sogni ripetuti, il compagno d'armi accanto a sé che viene colpito dalla granata, e ogni volta fatica ad accettare di essersi salvato.

Non si tratta, infatti, solo dell'amore del marito per la moglie, del fidanzato per l'amata falciata dalla mitragliatrice, degli affetti familiari. A livello più profondo, fatichi ad accettare che quello accanto a te muoia, e tu ti salvi. Questo è il più terribile orrore della guerra: sopravvivere a chi ci muore. Come, a un livello ancora più particolare e (quello in modo assoluto) davvero inaccettabile, hanno testimoniato i sopravvissuti ai campi di sterminio.

Salvarsi la vita è naturale, ma essere davvero salvo è difficile e impegnativo. La salvezza costringe tutti, Gianni Boschetti come ognuno di noi, mentre con fatica capiamo cosa è accaduto e cosa stiamo vivendo, ad aprire davvero gli occhi, e il cuore. Ci obbliga ad accettare l'orrenda realtà (che non avremmo mai voluto vedere) che ci sia davvero un nemico, che vuole ucciderci. Che ci ha anche dichiarato guerra, ufficialmente e ripetutamente. Che tutto ciò ci chiama a un modo di essere più adulto, meno emotivo, apparentemente più freddo. Capace di valutare la realtà senza rispondere reattivamente, ma ancora più determinato a salvarsi, a mettere in scacco la strategia caoticamente distruttiva dell'avversario. La realtà ci chiede di diventare grandi. Di difenderci con intelligenza e salvarci.

(È anche l'unico modo di guarirci dal senso di colpa).

Commenti