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L'Isis fa abbracciare Egitto e Israele

Svolta nei rapporti tra i due popoli rivali da millenni. Netanyahu a Sisi: "Fianco a fianco contro i terroristi"

L'Isis fa abbracciare Egitto e Israele

«Israele continuerà ad essere fianco a fianco con l'Egitto nella sua battaglia con il terrorismo che minaccia tutti noi». Così ha detto ieri il primo ministro d'Israele Benjamin Netanyahu. Primo ebreo dal tempo dei Faraoni a considerarsi in guerra contro nemici comuni insieme all'Egitto. Fianco a fianco, i due antichi nemici di tutte le guerre dal 1948, i dubitosi amici della pace del 1979, i nervosi vicini divisi da una striscia di deserto in cui gli oleodotti saltano e le milizie terroriste impazzano. Fianco a fianco: è di più della pace del 1979, che pure travolse di emozioni e di speranze tutto il mondo. «Non più guerre, non più sangue, non più minacce» disse Menachem Begin nel suo appello al popolo egiziano, trasmesso due giorni dopo l'inaspettata dichiarazione del presidente Sadat in cui annunciava la volontà di andare alla Knesset.

Sadat disse al presidente Ezer Weitzman: «Io sono un uomo di parola, non più guerre». E più o meno ha avuto ragione. Adesso bisognerebbe che Abdel Fattah al Sisi rispondesse a Netanyahu: «Anche noi siamo al vostro fianco». Questo non capiterà facilmente, ma di fatto quello che Bibi disegna con la sua coraggiosa dichiarazione è un'alleanza strategica dopo la pace del 1979. L'opinione pubblica egiziana, al contrario di quella israeliana, affamata di pace col mondo arabo, ha maldigerito i rapporti diplomatici fra i due Paesi, la famosa Guerra dei Sei Giorni, in cui l'aviazione egiziana fu distrutta a terra con un blitz israeliano. In tutte le guerre arabe, a partire dal 1948, l'Egitto ha avuto fino alla pace un ruolo da leone, la famosa cantate Umm Kultum, la favorita di Nasser, cantava una canzone che ripeteva nel ritornello: «Sgozza sgozza». La pace non ha portato simpatia: nel 2003 le forze aeree egiziane sorvolarono le strutture nucleari di Dimona, e là si rischiò un nuovo conflitto. L'ambasciatore è stato richiamato fra l'82 e l'88 e poi nella seconda Intifada, fra il 2001 e il 2005, quando gli israeliani morivano sulle bombe terroriste palestinesi.

La primavera araba portò al potere la Fratellanza musulmana, Morsi suggerì più volte che il trattato di pace era da cassare, ma non osò romperlo, e Israele stette bene attenta a non fare mosse. Nel 2011 l'Egitto aprì il passaggio di Rafah contro il blocco di Gaza; a Morsi piaceva Hamas. L'ambasciata israeliana è stata quasi espugnata diverse volte, durante la «Primavera» 85 diplomatici sono stati evacuati mentre la folla inferocita voleva linciarli. Poi le cose sono cambiate: il generale Sisi è giunto al potere con una rivoluzione che è stata in parte anche un colpo militare contro la Fratellanza musulmana, e intanto il panorama strategico, come in un film dell'orrore, è risultato costituito di sabbie mobili che generavano mostri. Il mondo sunnita, di cui l'Egitto fa parte, si è trovato dilaniato, dopo Al Qaeda, dalla violenza dell'Isis e dei suoi succedanei Jabat al Nusra e Ansar Beit al Makdes, che in gran parte hanno giurato fedeltà a Abu Abkr al Baghdadi, il nuovo Califfo. La spericolata offensiva dell'Egitto in Libia, il suo tentativo di creare una «Forza araba» (Giordania, Golfo, Arabia Saudita) che combatta ovunque le milizie dello Stato islamico, la sua determinazione a rispondere allo sgozzamento mostruoso dei 21 copti egiziani (dopo il rogo del pilota giordano) disegna una guerra strategica dell'Egitto con le altre forze sunnite all'esercito terrorista: quasi di sicuro, riesca o meno a portarsi subito dietro i nuovi alleati, ancora cauti e tentennanti, pure l'alleanza è fatta, ed è forte di un remoto sostegno russo che entra nel giuoco mentre gli Stati Uniti disegnano un altro tipo di alleanza, quella dello scambio di lettere fra Obama e Khamenei. Obama pensa di conquistare l'alleanza col nemico acerrimo dell'Occidente, l'Iran che progetta la bomba atomica e coltiva un disegno egemonico che già gli consente di controllare Teheran, Beirut, Sana, Damasco.

Israele è in una scatola di fragile cristallo, in mezzo a tutto ciò: il rapporto con l'Egitto e la nuova alleanza moderata sembra essenziale e in fondo l'unico possibile, perché certo il rapporto Obama-Khamenei non promette niente di buono. Sisi ha disegnato l'Egitto come la diga contro il terrorismo, e Israele è interessato a condividere questa strada, che copre un lato del problema. Nessuno come Bibi è attaccato sia dalla parte sunnita estrema che da quella sciita.

Per Israele è fondamentale il fatto che l'Egitto abbia dichiarato Hamas un'organizzazione terrorista e di fatto lo combatta come parte integrante della Fratellanza musulmana. Israele è odiato dalle organizzazioni terroriste sunnite ed è anche minacciato dall'Iran che con gli hezbollah e il permesso di Assad occupano il confine siriano del Golan, e ancor più dal pessimo accordo che si disegna all'orizzonte sulla questione atomica. L'Egitto e i Paesi arabi moderati sono il suo interlocutore naturale.

Due i picchi nei conflitti arabo israeliani: la guerra dei Sei giorni nel '67 e quella del Kippur nel '73 (foto, Moshe Dayan)

Firmato nel '79 dopo gli accordi di Camp David, è il primo trattato di pace fra Israele e un paese arabo (foto, Begin e Sadat)

Nella Bibbia, il popolo ebraico è schiavo in Egitto. È Mosè (salvato dall'annegamento) a guidarne la fuga nel Mar Rosso

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