L'appunto

L'offensiva mediatica di Matteo per scappare dall'impasse

È il combinato disposto quel che davvero spaventa Matteo Renzi

L'offensiva mediatica di Matteo  per scappare dall'impasse

È il combinato disposto quel che davvero spaventa Matteo Renzi. La congiuntura - politica e soprattutto temporale - tra l'inchiesta di Potenza e l'imminente tornata amministrativa, un appuntamento elettorale già di per sé delicato e che ora rischia di diventare il catalizzatore di un malcontento che nel Paese serpeggia da mesi.

Lo sa bene il premier, che proprio nelle ultime 48 ore ha potuto testare sulla sua pelle quanto forte sia l'impatto mediatico di un affaire che gira intorno a un tema sensibile come il petrolio e arriva a toccare pure Maria Elena Boschi, simbolo per antonomasia dell'onda rottamatrice renziana e del nuovo Pd. Tanto è stato il clamore di questi giorni, infatti, che del viaggio negli States di Renzi e del suo faccia a faccia con Barack Obama se ne trova traccia su siti e quotidiani al massimo in una breve o in una fotonotizia. Tutto è finito inghiottito dal caso Guidi.

Di qui, la scelta di accelerare i tempi. Di imporre al ministro dello Sviluppo economico dimissioni ad horas e dare subito il là ad una controffensiva mediatica di tutto rispetto. Ieri mattina la eNews per ribadire la bontà di quanto fatto dall'esecutivo sul progetto che riguarda il giacimento petrolifero di Tempa Rossa, nel pomeriggio l'intervento alla scuola politica del Pd dove parla di governo «sotto attacco» e oggi l'ospitata a In mezz'ora su Raitre, chiesta ieri proprio dal premier che ha di fatto costretto Lucia Annunziata a ribaltare in corsa la scaletta della trasmissione. Domani, invece, sarà la volta della direzione del Pd, con l'obiettivo di chiudere subito il braccio di ferro con la minoranza interna.

Renzi, insomma, è deciso a spezzare immediatamente quello che potrebbe essere un vero e proprio circolo vizioso che dalle dimissioni di Federica Guidi arriva dritto ai ballottaggi delle amministrative di giugno. Una tornata difficile, su cui il premier già da settimane ha pensato bene di sfilarsi, tanto che si è ben guardato non solo dal farsi vedere a fianco di Roberto Giachetti ma pure di Giuseppe Sala, rispettivamente candidati del Pd a Roma e Milano. La prima è una partita che in molti danno per persa, perché almeno stando ai sondaggi la candidata grillina Virginia Raggi sarebbe a un passo dal Campidoglio. La seconda, invece, è una sfida aperta, ma certamente Stefano Parisi si sta dimostrando un candidato più ostico di quanto qualcuno inizialmente aveva pensato.

Anche vincesse Milano, però, Renzi rischia seriamente di perdere Roma - e se a prevalere fosse davvero Beppe Grillo la notizia farebbe il giro del mondo in un battibaleno - e Napoli. Il che potrebbe avere conseguenze su Palazzo Chigi e su un premier che ha il peccato originale di non avere un'investitura delle urne. Soprattutto se questa sconfitta arrivasse con Renzi e il governo logorati dall'inchiesta di Potenza. Che ha un fronte politico, con il Parlamento che nelle prossime settimane dovrà votare le mozioni di sfiducia delle opposizioni. Ma soprattutto un versante giudiziario, con la possibile uscita di nuove intercettazioni - come nella migliore tradizione italiana - o di altri indagati eccellenti. Ed è questo il punto che rischia di essere davvero dolente per Renzi, come è facile desumere già dalle prime indiscrezioni di queste ore.

Se davvero i pm di Potenza dovessero presentarsi a Palazzo Chigi per interrogare la Boschi - anche solo per chiederle se è stata la Guidi a caldeggiare l'emendamento incriminato - il danno di immagine potrebbe essere devastante.

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