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Mussolini giornalista. Ecco gli articoli con cui scrisse la storia

Esordì sulla Voce, fece decollare l'Avanti!, fondò nel 1914 Il popolo d'Italia. Fu direttore capace e firma di peso

Mussolini giornalista. Ecco gli articoli con cui scrisse la storia

Che Benito Mussolini fosse un grande giornalista lo riconobbe, fra i primi, un intellettuale di vaglia come Giuseppe Prezzolini. Questi, già all'indomani della presa di potere da parte del fascismo, osservò che Il Popolo d'Italia veniva letto proprio «in quanto c'era Mussolini» e in quanto «era il giornale di una personalità»: non un foglio di notizie, ma un giornale «che si faceva leggere per le idee, per il tono, per i commenti». E in altra occasione giunse a paragonare Mussolini a un «mostro» riconosciuto del giornalismo contemporaneo, Mario Missiroli, per la capacità di saper fondare o dirigere giornali con una ben precisa fisionomia. Prezzolini che aveva in un certo senso «scoperto» Mussolini e ne aveva pubblicato su La Voce quegli scritti che avrebbero poi costituito il nucleo di un volumetto del futuro capo del fascismo dal titolo Il Trentino veduto da un socialista aveva visto giusto sottolineandone le doti di giornalista ma anche di direttore.

Mussolini, infatti, il giornalismo ce l'aveva nel sangue. Aveva cominciato, giovanissimo, a scrivere su molte testate, più o meno diffuse, del socialismo e del sovversivismo dei primi anni del secolo ventesimo, da L'Avvenire del Lavoratore a l'Avanguardia socialista, da La Lima a Il Proletariato fino a Pagine Libere, la celebre rivista del sindacalismo rivoluzionario dove pubblicò un famoso articolo intitolato «La filosofia della forza» di sapore nietzschiano. Aveva collaborato con Cesare Battisti e aveva svolto le funzioni di redattore capo nel suo giornale Il Popolo per il quale si era cimentato a scrivere anche dei romanzi d'appendice a puntate fra i quali la scandalosa storia L'amante di un cardinale. Claudia Particella dedicato all'amore passionale di un vescovo-principe per una cortigiana. Era passato, quindi, ormai impegnato ufficialmente in politica, a dirigere il settimanale ufficiale della Federazione socialista di Forlì, L'Idea Socialista, che volle ribattezzare Lotta di Classe.

Quando, all'indomani del Congresso socialista di Reggio Emilia del 1912, venne designato alla guida dell'Avanti!, insomma, Mussolini era un nome ben conosciuto nel mondo della carta stampata. I suoi articoli, brevi e incisivi, scritti con uno stile essenziale e disadorno, rivelavano la sua convinzione che il giornalismo dovesse essere non tanto cronachistico ma militante, un mezzo per incidere sulla realtà politica. La sua scelta era stato frutto della vittoria, all'interno del Partito socialista, della corrente massimalista e della intenzione di un suo rilancio rivoluzionario. Fu una scelta vincente perché il quotidiano socialista, nel periodo in cui Mussolini ne fu direttore fino allo scoppio della guerra mondiale, registrò un incremento di vendite, passando dalle 30-40mila copie del 1913 alle 60-75mila dei primi mesi del 1914. Naturalmente, egli, pur seguendo la linea ufficiale della direzione del partito, aveva una personalità troppo indipendente per esserne un esecutore pedissequo. Del resto, la sua formazione intellettuale e la sua vicinanza con gli ambienti del sindacalismo rivoluzionario italiano e francese lo rendevano, per un verso, inquieto e, per altro verso, aperto alle discussioni teoriche. Così, quando scoppiò la guerra mondiale, egli prese posizione con un breve ed efficace articolo, «Abbasso la guerra!» (26 luglio 1914), ma, al tempo stesso, aprì le pagine del quotidiano a un dibattito che coinvolse personalità non del tutto convinte di quella scelta. La «conversione» di Mussolini all'interventismo non fu un voltafaccia: fu, piuttosto, una maturazione dovuta allo stretto rapporto con i sindacalisti rivoluzionari favorevoli all'intervento e all'idea di una «guerra rivoluzionaria».

Il lungo articolo intitolato «Dalla neutralità assoluta alla neutralità attiva e operante» (18 ottobre 1914) segnò la svolta, ma le premesse si trovavano già nelle pagine della rivista Utopia, che Mussolini fondò e diresse in quello stesso periodo per accogliervi a dimostrazione, anche, del fatto che la sua visione del giornalismo andava oltre la cronaca e la politica riflessioni teoriche di quegli intellettuali che non gli era possibile accogliere sulle pagine del quotidiano.

Il passaggio dalla neutralità all'interventismo, l'espulsione dal Partito socialista e l'abbandono della direzione dell'Avanti! spinsero Mussolini a fondare un nuovo quotidiano, Il Popolo d'Italia, il cui primo numero uscì il 15 novembre 1914 con un articolo di fondo dal titolo «Audacia!» che concludeva invocando «una parola paurosa e fascinatrice: guerra». Il nuovo giornale, con una tiratura iniziale di 30mila copie che avrebbero raggiunto presto quota 80mila, divenne, in un certo senso, l'organo ufficioso dell'interventismo rivoluzionario. Mussolini, con i suoi più stretti collaboratori, ne seguiva personalmente la fattura: la sede del giornale divenne una sua seconda casa. Ne lasciò la direzione, lasciandola al fratello Arnaldo, il 1° novembre 1922 dopo la marcia su Roma e la costituzione del suo primo governo. In seguito avrebbe confessato che quel giornale lui lo amava «sino alla follia» anche perché gli aveva impresso, «attraverso migliaia di articoli, di titoli, di trafiletti, di disegni» da lui stesso ispirati, «un carattere polemico, aggressivo, di continua battaglia» che esprimeva «uno dei dati fondamentali» del suo «temperamento». Ma l'avventura giornalistica, sia come scrittore sia come direttore, di Mussolini non finì in quel momento. Non solo perché egli continuò a seguire le sorti della sua creatura Il Popolo d'Italia fu pubblicato fino al 25 luglio 1943 ma anche perché continuò a dirigere la rivista mensile Gerarchia, fondata nel gennaio di quello stesso 1922, come periodico ufficiale di «pensiero fascista».

La prosa del Mussolini giornalista era, per sua ammissione, una «prosa personalissima» che egli non era mai riuscito a «mascherare, né con pseudonimi né con altri espedienti». Una prosa che utilizzava frasi brevi ed efficaci, che procedeva per slogan, essenziale ma precisa, diretta e priva di sbavature.

Leggendo gli articoli di Mussolini si comprende subito perché i famosi diari, che più volte furono proposti, non potevano essere autentici: al di là di incongruenze storiche e di dati sbagliati, contenevano errori di grammatica e di sintassi che un giornalista, così attento e innamorato della sua professione non avrebbe mai potuto fare.

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