Carabiniere ucciso

Carabiniere ucciso, Raimo choc: "Solo una cazzata da 18enne"

Per lo scrittore Christian Raimo, l'assassino del carabiniere Mario Cerciello Rega è "un ragazzino di diciott'anni, viziato, testa di cazzo, per perdere il controllo nell'ultima sera di vacanza, forse per paura, per rabbia, per fare il grosso con l'amico, vilmente, sotto botta probabilmente, fa una cazzata spaventosa, infame e gigantesca"

Carabiniere ucciso, Raimo choc: "Solo una cazzata da 18enne"

Dopo Eliana Frontini ecco che, spulciando su Facebook, ci si imbatte in un altro cattivo maestro. Lo scrittore Christian Raimo, assessore alla cultura al III Municipio e docente di Storia e Filosofia in aspettativa, ha dato il “meglio” di sé con alcuni post alquanto discutibili sulla vicenda del carabiniere ucciso dai due ragazzi statunitensi.

Raimo, che nel 2004 aveva firmato l’appello per la liberazione di Cesare Battisti e che pochi mesi fa aveva confermato il suo sostegno all’ex terrorista dei Pac, in questi giorni è riuscito a derubricare a “cazzata gigantesca” le 11 coltellate che sono state inferte al vice-brigabiere Mario Cerciello Rega. Il 28 luglio, Raimo, in un post pubblicato sul suo profilo Facebook, descrive così l’assassino del carabiniere di Somma Vesuviana ucciso appena tre giorni prima: "Un ragazzino di diciott'anni, viziato, testa di cazzo, per perdere il controllo nell'ultima sera di vacanza, forse per paura, per rabbia, per fare il grosso con l'amico, vilmente, sotto botta probabilmente, fa una cazzata spaventosa, infame e gigantesca che distrugge una famiglia e rovina anche la sua vita per sempre. Se non pensiamo che la pena abbia una funzione rieducativa per una persona del genere, allora per chi?". Tradotto: l’assassino del carabiniere, pur essendo maggiorenne e quindi non solo in grado di votare alle Presidenziali americane e scegliere il capo di Stato più potente del mondo (tanto per dire, una robetta da niente…) sarebbe solo un idiota che, sotto l’effetto della droga, ha perso il controllo di sé e ha fatto una cazzata. Pare dunque scontato rimarcare il fatto che il post di Raimo è stato subissato di commenti tutt'altro che lusinghieri. Ci sarebbe da inorridire solo per questo ma non è finita qui.

Ieri il noto scrittore romano ha fatto un sunto dell’accaduto in altri due brevi post in cui allude a una collusione tra i carabinieri e i pusher. “Una rissa che viene fuori non si sa perché. Uno spaccino che chiama il 112. Quattro carabinieri in borghese passati ‘per caso’. Il carabiniere testimone dell'agguato e della morte che accusa due nordafricani, perché ‘sotto shock’”, scrive nel primo post. Ma il secondo è forse ancora peggiore: “In questo momento l'arma dei carabinieri è simile a dio in terra. Il giusto cordoglio per l'uccisione a freddo di un carabiniere di 35 anni sta occultando una serie di elementi sempre più evidenti”. Secondo Raimo, dunque, “i carabinieri sembrano aver fatto un mezzo disastro” e il ragionamento sottointeso potrebbe benissimo essere che è colpa loro se un loro collega è morto. I militari, infatti, “non sono intervenuti e quando sono intervenuti hanno fatto peggio, dicono di esser passati per caso ma avevano un rapporto consueto con gli spaccini e i ruffiani, sembrano non aver rispettato nessuna delle procedure, erano testimoni oculari di un omicidio e hanno depistato le indagini accusando "dei nordafricani", hanno bendato un indagato”. E ancora: “La verità è molto difficile che verrà fuori se proprio chi dovrebbe aiutare nelle indagini è così implicato e crea questo tasso di confusione nella ricostruzione”, è la tragicomica conclusione di Raimo.

In pratica i carabinieri, secondo Raimo, non solo sono stati un disastro nel compiere il proprio lavoro ma sarebbero in combutta con gli “spaccini” (i pusher) e avrebbero depistando le indagini attribuendo inizialmente la colpa dell’assassinio di Rega a dei nordafricani. Quindi se un ragazzo di 18 anni ammazza un carabiniere con 11 coltellate fa “una cazzata spaventosa” mentre se un carabiniere vede un suo collega che sta morendo non ha il diritto di essere “sotto shock” e sbagliarsi. No, in questo caso, l’errore non è ammesso.

il militare, sempre questo è il non detto, è una persona che ha rapporti ambigui con gli “spaccini” e perciò cerca di incolpare il povero nordafricano di turno perché tanto, si sa, per l'estrema sinistra tra le forze dell'ordine c'è un razzismo di fondo.

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