Sparatoria a Macerata

Il razzista e gli sciacalli

Raid a Macerata: un folle spara, ferisce 6 stranieri e grida «Viva l'Italia» Era candidato per la Lega. E la sinistra attacca: «Salvini è il mandante» L'omicidio di Pamela ultima scintilla. L'Italia rischia il collasso sociale

Il razzista e gli sciacalli

Tanto tuonò che piovve. Una tempesta si è abbattuta ieri sulla campagna elettorale seminando lo scompiglio. Un segno profondo che ha la faccia poco rassicurante di un ragazzo di Macerata che ieri ha scorrazzato in auto per la città sparando a tutti gli immigrati che gli si presentavano a tiro. Si chiama Luca Traini, ha 28 anni, è in cura psichiatrica. Quando lo hanno fermato aveva già ferito sei persone. Non ha opposto resistenza, si è avvolto le spalle con un tricolore e ha fatto il saluto romano davanti a un monumento dei caduti. Questa è una storia di follia mixata a odio e violenza, dello sfregio alla nostra bandiera che mai potrà sventolare come paravento di un assassino, per di più razzista.

Ma in questa storia tragica c'è di più, cioè non aver voluto ascoltare i tuoni che da anni rimbombano nelle nostre città esasperate da una criminalità d'importazione impunita e che negli ultimi giorni scuotevano proprio l'aria di Macerata. Città nella quale un immigrato nigeriano, pregiudicato e spacciatore - da tempo doveva essere espulso - ha prima ucciso e tagliato a pezzi una giovane, Pamela, poi occultato i resti dentro due valigie. Un pazzo italiano che si vendica di un pazzo clandestino nigeriano. Parlare del primo più che del secondo è pericoloso, soddisfa le esigenze elettorali della Boldrini ma non porta alla soluzione del problema. Se, come le sinistre sostengono in queste ore (io non ci credo) Luca Traini è la prova che stiamo diventando un Paese razzista, allora gli stessi devono ammettere che il nigeriano di Macerata che ha fatto a pezzi Pamela è la prova che l'immigrazione, così come la politica e la magistratura l'hanno permessa e gestita, è un fenomeno criminale da combattere e stroncare.

Luca Traini passerà giustamente tanti anni in carcere, e la società non ne sentirà la mancanza. Ma proprio per questo pretendiamo che altrettanto rigore a norma di legge venga messo in atto con chiunque si trovi sul suolo nazionale. E il nigeriano assassino di Pamela non avrebbe dovuto trovarsi a Macerata, ma in galera o a casa sua. Il fatto che ciò non sia avvenuto non giustifica nulla, tanto meno un raid razzista.

Ma adesso basta giocare col fuoco, perché - matti o non matti - era evidente che prima o poi ci si sarebbe scottati.

E ai piromani bisogna togliere il combustibile, altrimenti rischiamo l'incendio.

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