Cultura e Spettacoli

Ritorna il Festival delle storie (vere) in omaggio alla bici

Nei comuni della Valle di Comino ogni giorno racconti di campioni, scrittori e giornalisti. E la sfida Moser-Canins

Ritorna il Festival delle storie (vere) in omaggio alla bici

È una tipica valle da Giro d'Italia, una di quelle valli senza casello autostradale e senza circonvallazioni, nascoste nelle pieghe del territorio, come perle dentro l'ostrica. Bisogna andarle a cercare, ma poi loro si fanno trovare con le atmosfere, i colori, le suggestioni inimitabili dei pezzi unici e realmente tipici.

Questa valle particolare sta nel versante laziale del parco d'Abruzzo, fuoriporta e fuori mano, fuori dalle guide e fuori dai luoghi comuni. È sotto Montecassino, a una decina di chilometri da Sora: una costellazione di borghi appoggiati sui monti, paesi di mille, tremila, cinquemila abitanti, con rocche, castelli, piazze medievali, vicoli e orizzonti che si perdono nel verde. Dal 23 al 30 agosto, per nove giorni, l'incantesimo si ripete: questa valle diventa una grande piazza a cielo aperto, un cielo di stelle, per fermare il tempo e offrirsi al Festival delle storie. Di villaggio in villaggio, uno al giorno, come una compagnia di giro e di cantastorie, attori, scrittori, narratori, intellettuali, giornalisti, voci del cinema e della televisione, tutti arrivano con la voglia di raccontare. E di ascoltare. É l'idea di portare la cultura nelle piazze, nelle strade, in luoghi storici da recuperare come castelli, conventi, ville ottocentesche, roccaforti. Non una cultura chiusa, non una cultura per pochi. Lo strumento sono le storie. Storie personali, storie da non dimenticare, storie piccole e grandi, di viaggi e di memoria, di una sola persona o di un popolo, storie di idee, di amori, di amicizie.

In una valle così, in un'atmosfera così, la bicicletta vive e si muove nel modo più naturale. Quest'anno, doverosamente, il Festival le renderà omaggio. Si pedalerà, si racconterà di pedali, di pedalatori, di pedalate. Non c'è sport al mondo che abbia nel suo scheletro e nel suo sangue la storia come principio così vitale. Il ciclismo altro non è se non storia: di uomini, di imprese, di umiliazioni. Storie con date cruciali e con avvenimenti indimenticabili, storie con glorie eterne e con vergogne miserabili. Arriveranno le più strane e le più diverse, al Festival di quest'anno. Certo Moser e la Canins, due antichi campioni di ceppo comune, ceppo montanaro e nodoso, racconteranno quanto possa diventare nobile e fortunata la fatica del campione. Ma ugualmente raggiungerà i vertici della dignità assoluta la parabola di Pippo Simeoni, il gregario passato attraverso le scorciatoie del doping, trovando poi però il coraggio di denunciare tutto, finendo così per esporsi alla dura legge del branco, all'epoca capeggiato senza discussioni da Lance Armstrong. Storie di primedonne e di comprimari, storie di sole cocente e di neve glaciale, storie di memorabili tronfi e di cocenti sconfitte. Storie e storia, perchè i cent'anni della nascita di Bartali non sono passati invano, quanto meno non sono passati senza ricordarci come pedalare al momento giusto, da giusto, possa persino salvare nazioni dalle rivoluzioni e uomini dalle crudeltà razziste.

Ci si vede in piazza. Se ne parla in piazza.

Proprio lì, per strada, dove il ciclismo non passa mai senza lasciare una scia di sapori e di saperi.

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