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Il sindaco: "Radiamo al suolo Amatrice e ricostruiamola da zero”

Ecco la proposta choc del sindaco di Amatrice

Il sindaco: "Radiamo al suolo Amatrice e ricostruiamola da zero”

Amatrice va rasa al suo e ricostruita “da capo secondo il modello della Val Nerina e del Friuli, a patto che si recuperi tutto, con una ricostruzione del patrimonio storico e architettonico originario”. A lanciare questa proposta choc è lo stesso sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi, che chiede che si avvii subito una ricostruzione che rispetti“modello stilistico del Quattrocento” tipico del paesino laziale.

"Metà del territorio è indenne, l'altra metà è devastato. È stato un evento di una gravità enorme: una catastrofe dovuta allo spostamento della falda di Monticello con una curva incredibile”, spiega Pirozzi in un’intervista ad Affaritaliani.it in cui ricorda che Amatrice aveva resistito a molti terremoti dal 1.600 in poi, mai era accaduto che venisse danneggiata la porta d'ingresso della città, Porta Carbonara” ma, purtroppo, “questa volta la porta è stata completamente distrutta”.

Il crollo della scuola di Amatrice

In merito al crollo della scuola elementare costruita nel 2012 secondo i criteri antisismici su cui la procura di Rieti ha aperto un fascicolo, il primo cittadino di Amatrice dice: “in quella scuola andava anche mia figlia: è ovvio che tutte le autorizzazioni erano in ordine” e “l’inchiesta farà il suo corso” ma “ho fiducia nella magistratura e se qualcuno ha sbagliato è giusto che paghi”. Pirozzi ricorda anche che nel 2013, dopo un altro sisma “il Genio Civile aveva fatto un sopralluogo nell'istituto scolastico e aveva fatto i complimenti all'amministrazione per come erano stati realizzati i lavori”.

Il monito a Matteo Renzi

Il sindaco ribadisce quanto già detto da Matteo Renzi e cioè che “ad Amatrice l'Italia si gioca la faccia”. “Io dico che l'Italia ha indossato la felpa della nazionale solo in tre occasioni: per il campionato di calcio, per le olimpiadi e nei casi di emergenza. Ritengo – conclude il sindaco - che si debba ora avere il coraggio di indossarla per una quarta volta: nel momento della programmazione di quello che sarà il futuro, e nella capacità di intervenire rispettando il senso della comunità.

Il rischio più grande è quello che la popolazione venga dispersa e si spezzi il filo con la propria identità”.

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