Inferno sulla A14

Con quel Tir è esploso un Paese che va in ferie

In fiamme il crocevia stradale delle vacanze. Scene di guerra che sono una ferita al cuore

Con quel Tir è esploso un Paese che va in ferie

Quarantuno bombardamenti. Quella fu la guerra maledetta e Casalecchio conobbe morti a centinaia, il cielo, nero di fumo e la terra, rossa di sangue. Come ieri, alle due del pomeriggio di quest'estate improvvisamente violenta. Un pezzo di strada che ci appartiene, là dove l'Italia si divide e si raggruma lungo l'autostrada del sole, ieri offuscato dalla nuvole di pece e dal bagliore rossastro delle fiamme. Code chilometriche, un serpente lunghissimo ma nessun esodo, nessuna partenza intelligente, semmai la tragedia, un sei di agosto italiano come l'undici settembre americano, senza l'ombra maligna dell'attentato ma con lo stesso effetto scenico, le riprese filmate da una autovettura, da un balcone, da una terrazza appartengono alle sequenze dei film d'azione ma non ci sono controfigure, le sirene dei pompieri e delle ambulanze sono la colonna sonora di un lungometraggio straziante, sono cronaca vera di casa nostra che è più casa di mai perché quel pezzo di strada, cavalcavia, tangenziale, raccordo, sovrappasso sono stazioni di passaggio che tutti abbiamo conosciuto, superato, affrontato anche in estenuanti file estive, sotto la canicola come ieri, suonando il clacson per dare una sveglia al primo in testa, come se fosse lui il guaio del tappo, correndo verso il mare, Rimini, Riccione, la spiaggia e gli ombrelloni o, ancora, dall'altra parte, direzione Firenze, una striscia di asfalto e di gallerie nell'Appennino, variante di valico, Sasso Marconi o, in senso inverso, al nord, verso la grande Milano e il suo alveare di tangenziali.

Forse c'era, tra mille, anche questa fetta di viaggiatori sognanti finalmente la vacanza. E altri, lavoratori, commercianti, famiglie, il popolo che affolla autogrill, evita la fila al casello sfruttando il telepass, sfida i nuovi terribili e malefici Tutor, corre, mangia chilometri e benzina. Casalecchio di Reno, l'incrocio di mille strade e mille affari, il più lungo pomeriggio dell'anno duemila e diciotto, già buio di suo. Notizie frammentarie come sono frammenti quello che resta di automobili parcheggiate nel piazzale del concessionario e ridotte a nulla, sciolte nel calore da altoforno, cenere di acciaio, sacrifici e investimenti bruciati in un enorme vampa, di mille colori, stavolta macabri.

In pochi hanno avvertito subito la gravità dell'incidente, non era una collisione di quelle solite, uno scontro, un tamponamento con gli annessi e connessi, conciliazione, corsia interrotta, carro attrezzi, polstrada, coda dei curiosi.

No, Casalecchio di Reno ieri era un cimitero di persone e cose, di cui nessuno osava, in principio, dire e parlare, descrivere e temere, badando ai soliti fatti condominiali, la bassa politica, il bar sport.

Poi, mentre l'aria restava bastarda e il tramonto prendeva il posto del sole reso opaco dal fumo, si è capito che oltre quella cortina velenosa c'erano corpi sfiniti, finiti, un campo di guerra persa.

Bologna Borgo Panigale è una memoria antica di bollettini meteorologici alla radio, come Firenze Peretola e Roma Ciampino. Le sigle autostradali l'hanno trasformata in A14, A1, codici da battaglia navale, tratti di via che fanno la storia di questo Paese nostro che vive e sopravvive, legato all'imprevisto e all'imprevedibile. Come alle due del pomeriggio del sei di agosto. Gli idranti dei vigili del fuoco e la sera non hanno cancellato l'immagine della tragedia. L'alba offrirà scheletri di vetture, rottami affumicati.

E il ricordo silenzioso di un fuoco altissimo che tutto si è portato via.

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