Cultura e Spettacoli

La cultura cattolica da oggi è un po' più povera: chiude la rivista «Letture»

Lo storico mensile dedicato al mondo dei libri e dello spettacolo uscirà per l'ultima volta a giugno. Fondato nel 1946 a Milano dai gesuiti passò poi ai paolini. Stroncò Moravia, Sarte e Vittorini. Ma ebbe anche coraggiose aperture verso il «nuovo»

Tempo di crisi. Per tutti, anche per la carta stampata. Molti quotidiani e riviste sono costrette a rivedere costi e redazioni, alcuni si ridimensionano, altri cercano nuovi spazi e nuovi target. Altri ancora, purtroppo, sono obbligati a chiudere. Succede anche a fogli storici, come la prestigiosa rivista «Letture», il cui ultimo numero è annunciato a giugno. Ieri il direttore del mensile cattolico, don Antonio Rizzolo, ha comunicato la chiusura con una lettera a tutti i collaboratori: «Anche se la decisione era da tempo nell'aria, è arrivata come un fulmine a ciel sereno. Ne siamo tutti più che dispiaciuti - scrive il direttore -. Ricordando i pomeriggi domenicali passati, durante i miei anni di studio, a sfogliare le vecchie annate della rivista, mi piange il cuore al pensiero di dover essere proprio io alla direzione della testata in questo momento. Questa è però la decisione dell'editore. Il motivo è fondamentalmente uno solo: l'impossibilità da parte della Periodici San Paolo di continuare a far fronte alla situazione economica passiva della testata. In questi anni, credendo nel valore culturale di "Letture", la San Paolo si è caricata di quest'onere. Oggi non è più possibile, anche in considerazione delle difficoltà in cui versa in questo momento tutto il mondo dell'editoria periodica».
La rivista, mensile, era stata fondata nel 1946 dai gesuiti del Centro San Fedele di Milano, grazie a un gruppo di uomini di cultura riuniti attorno a Giuseppe Valentini (il primo direttore), Cipriano Casella e Achille Colombo (a cui si affiancheranno, nel corso degli anni, i nomi dei padri Guido Sommavilla, Alessandro Scurani, Armando Guidetti, Giuseppe Brunetta, Gabriele Casolari, Gaetano Bisol), con l'obiettivo di «fornire una guida amichevole e sicura nel mondo della cultura» ai lettori cattolici, evitando ogni tipo di «spazzatura» e offrendo un giudizio critico - e morale - sui libri che tenesse però conto anche dell'aspetto estetico.
Inizialmente divisa in diverse parti, si presentava con note brevi sugli scrittori contemporanei (italiani e stranieri, soprattutto francesi, tra i quali scrittori cattolici come Leon Bloy, Paul Claudel, Charles Peguy e soprattutto François Mauriac e Georges Bernanos) alle quali seguivano le recensioni che venivano divise per genere letterario distinguendo la narrativa italiana da quella straniera, il teatro, la letteratura, l'arte, la religione, le scienze, le biografie-monografie, i documenti, le riviste. In seguito aumentarono gli articoli su temi generali come l'industria editoriale, la libertà di stampa, il rapporto tra morale e letteratura, fino al 1957 quando la rivista si ampliò mutando il formato e si trasformò in una «rassegna critica» del libro e dello spettacolo dando spazio anche ad articoli sul cinema, sulla televisione e sul teatro. Una scelta che si dimostrò vincente in particolare negli anni Sessanta, quando ci fu il boom dei cineforum, soprattutto nelle parrocchie, nei circoli cattolici e nei gruppi giovanili.
Per quanto riguardo l'aspetto più "militante", durante i primi anni della rivista il carattere dei giudizi dati sui testi era di tipo censorio: furono «vivamente sconsigliati» moltissimi titoli anche molto popolari, e furono pesantemente colpiti testi come «Agostino» di Moravia, «Santuario» di Faulkner, «Il Muro» di Sartre piuttosto che «Il garofano rosso» di Elio Vittorini, anche se, a onor del vero, in un editoriale del '51 dal titolo «Nuove prospettive», Cipriano Casella scriveva che bisognava andare oltre la pura censura: «Il Gattopardo» di Tomasi di Lampedusa, «Il prete bello» di Parise e «Ragazzi di vita» di Pasolini ebbero riserve, ma anche lodi. Poi, quando fu abolito l'«Index Librorum Prohibitorum» - nel 1966 - il periodico mise da parte la censura e le rubriche assunsero un carattere più tradizionale di critica letteraria e cinematografica. Un ulteriore allargamento degli interessi nei vari campi della comunicazione, avvenne nel 1994, quando il mensile passò dai gesuiti ai paolini (gruppo Periodici San Paolo, che comprende, tra gli altri, «Famiglia Cristiana», «il Giornalino» e «Jesus») con l'aggiunta di nuove rubriche dedicate a Internet, alla tecnologia digitale, alla musica nel segno di un'apertura sempre più ampia verso autori e artisti anche non cattolici ma nelle cui opere sia riscontrabile un valore etico ed estetico.
«Letture» è stata una grande "avventura", culturale e umana, per tutti coloro che l'hanno vissuta, giornalisti o lettori che siano. «Credo che partecipare alla sua realizzazione abbia creato tra noi anche un senso di famiglia, di condivisione, di partecipazione più forti del semplice rapporto di lavoro», ha scritto don Antonio Rizzolo nella lettera d'addio.

Sperando, chissà, che magari si tratti solo di un arrivederci.

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