Cultura e Spettacoli

Anche la Scala lavora poco: si può fare di più

Anche la Scala lavora poco: si può fare di più

Per le note vicende, di recente si è fatto un gran parlare del Teatro dell'Opera di Roma (diventato un simbolo della eccessiva sindacalizzazione e delle inefficienze del settore): abbandono di Muti, annuncio del licenziamento di orchestra e coro e ora tutti intorno a un tavolo per trattare e scongiurare il dramma. Il numero in edicola di Classic Voice mostra però come i malati siano tanti. La Scala, ad esempio. L'inchiesta rivela che la Scala ha l'organico più numeroso e gli stipendi più elevati, ma non brilla per numero di giorni lavorati. Nel 2013, il totale di orchestrali, coristi e maestri collaboratori (258 in tutto) è costato 22 milioni di euro. Come riporta il mensile diretto da Andrea Estero, la Scala è in cima alla classifica per costo medio annuo per orchestrale (93.687 euro) e per corista (75.647). Su questo c'è però poco da obiettare: la Scala rappresenta un'eccellenza e per attrarre i migliori artisti deve offrire livelli retributivi adeguati. Tra l'altro, tali stipendi pagati dal Piermarini risultano inferiori a quelli di altre realtà europee. Ad esempio, se a Francoforte (Oper) uno stipendio lordo può arrivare a 9mila euro mensili, a Monaco (Bayerische Staatsoper) tocca i 10mila, alla Scala si ferma sui 7.110.

L'aspetto sul quale occorre invece soffermarsi maggiormente - e che va giudicato negativamente - riguarda il numero di giorni lavorati dalle masse artistiche. Secondo una stima fatta da Classic Voice , l'anno scorso alla Scala i giorni lavorativi degli orchestrali d'opera sono stati tra i 112 e i 121 per le prime parti, e tra i 145 e i 156 per gli altri. Al San Carlo di Napoli i giorni lavorativi sono stati in media 167 e 217, al Regio di Torino 162 e 206. Da contratto i lavoratori delle fondazioni liriche sarebbero disponibili per 270 giorni all'anno, ma nessuno di tali enti ci arriva. Anche in questo caso, il raffronto con altre realtà europee mostra una marcata disparità. Se alla Scala le «prestazioni» (della durata di 2/3 ore) sono state 173 per le prime parti e 224 per gli altri, a Monaco in media sono state 280 in un anno, a Francoforte 300 e a Berlino circa 350. Tra l'altro nei «giorni liberi» gli orchestrali del teatro scaligero cambiano casacca e indossano quella della Filarmonica: una associazione privata e distinta dalla Fondazione Teatro alla Scala, che sostiene per il Piermarini la stagione sinfonica.

Per aumentare il numero dei giorni lavorativi e delle recite occorre soprattutto un'organizzazione adeguata e anche una dotazione tecnica che consenta di mantenere contemporaneamente più allestimenti. Nonostante le rigidità contrattuali, lo spazio di manovra per aumentare la produttività è ancora molto ampio. Lo conferma lo stesso Alexander Pereira che in una intervista inclusa anch'essa nel numero di novembre di Classic Voice afferma che il contratto vigente gli permette di fare le cose che ha in mente senza forzature. L'obiettivo nel nuovo sovrintendente è quello di aumentare il numero di recite e di produzioni. Nel 2013-14 le recite d'opera sono state 82, nella stagione 2014-15 passeranno a 122, mentre in quella successiva dovrebbero essere 110. Attualmente vengono poi realizzate 13 nuove produzioni all'anno. Le intenzioni di Pereira sono quelle di portare le produzioni per opera e balletto fino a 20 all'anno. Se centrerà questi suoi obiettivi si potrà dire che in passato si poteva fare molto di più in termini di produttività.

Sindacati permettendo, naturalmente (a proposito, ieri è stato sospeso lo sciopero proclamato per il 19 novembre, che avrebbe fatto saltare l'ultima replica di Simon Boccanegra con Placido Domingo).

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