Cultura e Spettacoli

Chatam, l’Istria nell’Ontario

Nonostante la progressiva contrazione di presenze determinata dal naturale decalogo biologico, del popolo di profughi che in Canada cercò un po’ di sollievo ai tormentati trascorsi, oggi nella regione nordamericana sono ancora 250 le famiglie originarie dell’Istria

Chatam, l’Istria nell’Ontario

Dalle sponde dell'Adriatico a quelle dell'Atlantico …e ritrovi l'Istria. Quella che - dalla fine degli anni cinquanta - continua oltreoceano, in maniera significativa nei territori del Canada orientale, ma particolarmente nella città di Chatham. Con appresso il suo bagaglio di memorie e tradizioni.

Nonostante la progressiva contrazione di presenze determinata dal naturale decalogo biologico, del popolo di profughi che in Canada cercò un po’ di sollievo ai tormentati trascorsi, oggi nella regione nordamericana sono ancora 250 le famiglie originarie dell’Istria. Al tempo, il gruppo più consistente fu appunto quello insediatosi a Chatham, cittadina dell’Ontario - attualmente di 43.000 abitanti - a sud ovest di Toronto, sulle rive del fiume Thames, dall’attivo mercato agricolo (barbabietole da zucchero, ortaggi, frutta, tabacco) e sede di industrie alimentari e metalmeccaniche.

Fu proprio per potenziare la produzione agricola dell’area nonchè la manodopera dello zuccherificio e dell’industria del tabacco locali che, negli anni seguenti alla diaspora, i profughi istriani vennero allettati con seducenti prospettive di benessere, illustrate da emissari del governo Canadese, inviati a contattarli di persona nei campi profughi funzionanti a Trieste.

Lo racconta Jack R. Mitchinson, ufficiale per l’immigrazione in Canada dal 1952 al 1990, residente proprio a Chatham, che con meticolosa cura ha raccolto un’interessante documentazione, attinente gli arrivi e l’insediamento dei profughi istriani. Ricorda della visita a Trieste di Charlie Broadwell - capo degli agricoltori della Sugar Company, seguito poi da Bev Easton che, nel campo di Padriciano, fece opera di sensibilizzazione presso i potenziali emigranti. Anche se ammorbidito da prospettive di un appetibile futuro, quello che offrivano era praticamente un reclutamento di manovalanza per faticosi lavori agricoli. Molte però furono le famiglie, più o meno rassegnate, che in quella soluzione vollero credere e che aderirono al contratto. Fin dai primi arrivi, entusiastico fu il riscontro negli ambienti canadesi dell’immigrazione, nella persona di Naldi Coletto in particolare.

Precedentemente avevamo fatto dei tentativi – marcatamente deludenti - con gli indiani, con gli ungheresi, con i braccianti della Nuova Scozia. Nessuno reggeva il confronto con il rendimento degli istriani - sottolinea Mr. Mitchinson: la loro serietà e professionalità erano talmente apprezzate dagli operatori di Chatham, da far tenere nascosta la loro venuta, onde evitare il rischio che aziende agricole di altre regioni potessero portarglieli via. Più di una volta infatti, sul treno su cui stavano viaggiando ci furono episodi di accese dispute fra fattori locali e concorrenti - specie della Nuova Scozia - per contendersi la loro collaborazione.

Ma di questi avvenimenti i nostri ne hanno avuto notizia soltanto adesso.

Da scuro a scuro.

La sistemazione logistica, una volta arrivati, quasi sempre era un’incognita: per bene che andasse, si risolveva in fatiscenti casolari abbandonati, da risistemare, lontani da tutto e tutti.

Il lavoro nei campi era durissimo, a cottimo e stagionale. Doveva dare remunerazione sufficiente a coprire il periodo di lunghi inverni, nevosi e freddi, con poche opportunità di un impiego che andasse a sostituire quello estivo. Per alcuni c’era la possibilità di occupazione nello zuccherificio o nella fabbrica tabacchi, dove – dopo il raccolto e l’essiccazione – c’era la fase conclusiva della lavorazione delle foglie di tabacco, destinato alla produzione di sigari. Settore questo che, specialmente all’epoca della crisi di Cuba, ebbe notevole impulso.

Dalla limitata possibilità di disporre di un’entrata annua, derivava quindi la necessità di coinvolgere nelle operazioni di piantagione e raccolto tutta la famiglia. Le piantine da collocare a sistemazione richiedevano tecniche adeguate, per non comprometterne lo sviluppo: non troppo ravvicinate, ma neppure troppo lontane per non sprecare spazio, le radici non dovevano affondare più di tanto nel terreno…. Le aree da curare si estendevano a perdita d’occhio. Talvolta in un giorno si riusciva a stento a coprire due file di zolle: una nel senso dell’andata, l’altra in quello del ritorno. … e con appresso bambini anche molto piccoli. Si cominciava che non era ancora giorno, si finiva che il sole era già tramontato.

Da scuro a scuro - l’espressione ampiamente diffusa per riassumere il ricordo di quell’esperienza.

Commenti