Ci mancava la "zoccola etica" che pretende di farci la morale

Nel loro manuale del "poliamore", Dossie Easton e Janet Hardy tessono l'elogio delle coppie non aperte ma spalancate. Una sorta di catechismo dell'adulterio

Ci mancava la "zoccola etica" che pretende di farci la morale

È brutto invecchiare. Per tanti, ben noti ed evidenti motivi. Uno dei meno noti ed evidenti è il ritardo con cui si arriva, se mai ci si arriva, a sintonizzarsi con il lessico che ruffianamente segue la realtà in continuo fermento. Per esempio, non mi vergogno a confessare che io il termine «trombamiche» l'ho scoperto a tenera età dei 52 anni suonati. Dalla bocca di una mia... come dire... amica.
«Ma tu sei un trombamiche?», m'ha chiesto, sorseggiando un prosecco e guardandomi fisso negli occhi una sera dell'estate scorsa. «Che cos'è il trombamiche?», ho ribattuto prontamente, agguantando il mio bicchiere di vodka per darmi un minimo di tono. Non che non avessi capito il senso: volevo semplicemente apprendere la genesi del neo(per me)logismo, e soprattutto capire se lei, nel caso specifico, fosse una «trombamici». In capo a un paio di mesi ho appurato con sollievo che non lo è, una «trombamici», e che la sua era una domanda difensiva, non offensiva: voleva assicurarsi che non lo fossi, sperava che non lo fossi, un «trombamiche». Non lo sono, in effetti. Proprio per questo lei continua a essere mia... come dire... amica. Quanto al «tromb», sono fatti nostri. Non li mettiamo mica in piazza come Dossie Easton e Janet Hardy. Preferiamo così, che volete farci, siamo conservatori.
Quanti «non», nel precedente capoverso, vero? Se lo leggessero, Dossie e Janet direbbero che sono troppi. Per loro il sesso è la repubblica del «sì», non del «no». Per loro, come si suole dire, il partner basta che respiri. Hanno preso, prendono e prenderanno, fino a che respireranno a loro volta, di tutto. Perché, dicono con orgoglio, praticano lo «zoccolaggio etico». Al punto che ci hanno scritto sopra due libri, uno è uscito nel '97, l'altro esce il 6 febbraio da Odoya, e s'intitola La zoccola etica. L'intento è soltanto incidentalmente autobiografico, le esperienze personali sono utilizzate a puro scopo didattico, come casi di scuola per insegnare a tutte e a tutti («zoccola» è qui usato in qualità di sostantivo transgender, nel senso che vale anche per i maschietti) le magnifiche sorti e progressive del «poliamore». Dossie dice di aver iniziato il percorso verso la liberazione zoccolante nel lontano 1973, quando tenne «il suo primo workshop su come disapprendere la gelosia». Janet ammette, forse a malincuore, di essere «sposata con un uomo biologico», quindi, par di capire, non con una specie di robot dotato di pisello metallico o con un replicante tipo quelli di Blade Runner, ma proprio con un uomo sic et simpliciter. Tuttavia scrive anche (e qui le orecchie del conservatore si rizzano - sia detto senza doppio senso) che nella precedente edizione del corposo e verboso vademecum vergato con la sodale, s'era firmata Catherine A. Liszt, in quanto «i suoi figli erano ancora minorenni». Ma come, si chiede il conservatore monogamico a singhiozzo, questa scrive di etica dopo essersi fatta, da sola, la morale? Nascondendosi dietro la foglia di fico di uno pseudonimo al solo scopo di non turbare la figliolanza?
Forse, pensa il retrivo tradizionalista uso a obbedir (al cuore e soltanto a lui) tacendo, meglio capovolgere il tomo, lasciando alla svelta pag. 19 e trasferendosi a pag. 362, l'ultima. Dove si raggiunge un climax al contrario, dove tutto s'ammoscia nella melassa del politichese, poiché la traduttrice Giorgia Morselli, impegnata nei classici e conformisti «ringraziamenti», butta lì un evergreen del pensiero progressista: «il personale è politico». Così il cerchio si chiude: partite dal «personale», transitate dal «friend with benefits», cioè proprio l'equivalente inglese di «trombamico»; dalla ninfomania intesa come sinonimo, invero traballante, di «promiscuità»; dal sistema binario e perciò infinito omo-etero; dalle varianti del «sesso non penetrativo», incluso quello «telefonico», che immagino scomodo e oltretutto basato sulla fiducia, vista la mancanza di riscontri materiali; insomma, dopo averne fatte (scritte) più di Carlo in Francia, compresa un'«invettiva» contro le zoccole non etiche, che non sono quelle attive soltanto a fronte di congruo rimborso, ma le genericamente «disoneste», Dossie e Janet, vecchie (pardon) volpi dell'alcova propria e altrui, ottengono il timbro dalla loro «sponda» italiana. Il sesso è «politico», e veste l'intimo, poco sexy come le lunghe gonne a fiori delle vecchie (ri-pardon) femministe, di una morale permalista antitetica eppure equivalente a quella perbenista di stampo vittoriano o ultra-cattolico.
La mia... come dire...

amica, confortata dalle benedette e reiterate assenze di suo marito, se le consigliassi la lettura di questo libro si limiterebbe saggiamente al titolo e ne riderebbe come soltanto lei sa fare. Poi chiederebbe un secondo prosecco e poi... E poi sono fatti nostri. Con buona pace di Dossie e Janet, del «poliamore» non sappiamo che farcene.

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