Cultura e Spettacoli

Colonia, la lezione di Sgarbi: "Perché l'islam stupra le donne"

A Virus la lezione del critico d'arte sul corpo inviolabile delle donne: "La violenza fondamentale dei musulmani nei confronti delle donne sta nel negare loro la libertà del proprio corpo"

Colonia, la lezione di Sgarbi: "Perché l'islam stupra le donne"

Il corpo delle donne. Quello violato da un'orda di barbari nel capodanno di Colonia. Quello stuprato in piazza per un semplice "gioco". È possibile che un immigrato, che è stato educato a una cultura o a una religione diversa dalla nostra, possa essere integrato negando quei principi che fanno parte della sua formazione, della sua sensibilità e della sua cultura? Per Vittorio Sgarbi, che vede nei disordini di Colonia una sorta di "liberazione di istinti che rivelano il pensiero profondo del musulmano credente rispetto alla donna", l'integrazione non è possibile. Perché, sebbene si sia trattato di "teppisti organizzati", gli immigrati che hanno stuprato e molestato le donne la notte di San Silvestro sono gentaglia che fa "qualcosa che per loro è naturale".

A poche ore dall’ultimo attentato nel centro turistico di Istanbul e mentre è ancora caldo il dibattito sui fatti del Capodanno di Colonia, a Virus, la trasmissione di Nicola Porro su Rai2, si è discusso sulla possibilità di integrare o meno il mondo occidentale con il mondo musulmano. Per Sgarbi nei tragici fatti di Colonia "c'è una spontaneità dell'atto" che si riflette nella cultura araba, nella religione musulmana. Un dato di fatto che annida anche nelle parole dello scrittore algerino Kamel Daoud: "I colpevoli sono immigrati arrivati da tempo o semplici rifugiati? sono criminali o semplici teppisti? Nessuna delle due cose. In Occidente l'immigrato potrà salvare il suo corpo ma non patteggerà altrettanto facilmente con la propria cultura e di ciò ce ne dimentichiamo con sdegno. Il rapporto con la donna rimarrà incomprensibile a lungo e ne negozierà i termini per paura". A fronte di tutto questo Daouad non considera l'immigrato un selvaggio, ma sottolinea la diversità rispetto agli occidentali. Nella visione cristiana, invece, la donna è rispettata. Perché, come spiega anche Sgarbi, la figura della Madonna è "talmente alta" in quanto è madre di un uomo prima ancora che di Dio. E questo, secondo il critico d'arte, calcella qualunque "atteggiamento di superiorità". Ed è in questa profonda diversità che Sgarbi trova i germe dell'integrazione forzata. Perché, laddove i buonisti fomentano l'invasione, il critico d'arte invita a capire "fino a che punto si può dialogare" anziché obbligare a integrare qualcosa che, invece, disintegra.

"È semplicemente diverso - spiega Douad - munirlo di un pezzo di carta o offrirgli un giaciglio non può bastare a scaricarci la coscienza. Accoglierlo non basta a guarirlo". E ancora: "Il rapporto con la donna rappresenta il nodo gordiano del mondo di Allah, la donna è negata, uccisa, velata, rinchiusa e posseduta. È l'incarnazione di un desiderio necessario, per quanto ritenuto colpevole di un crimine orribile: la vita. Il corpo della donna è il luogo pubblico della cultura, appartiene a tutti ma non a lei". Ed è proprio nelle parole di questo scrittore algerino che si annida tutta la differenza con l'Occidente. Una differenza che difficilmente sarà colmata. Perché per gli islamici, secondo lo stesso Douad, "la donna è la posta in gioco senza volerlo, sacralità senza rispetto per la propria persona, desiderio di tutti senza un desiderio proprio. Il suo corpo è il luogo dove tutti si incontrano. È questa la libertà che il rifugiato, l'immigrato desidera ma non accetta". E tutta questa differenza si riflette anche nell'arte. Basti pensare a come è stato dipinto Maometto, che precipita all'inferno, da Giovanni da Modena nella cappella Bolognini del duomo bolognese di San Petronio. Tanto che i musulmani avevano chiesto di distruggere l'affresco del Quattrocento.

Pur senza negare che anche nell'arte occidentale esistono episodi di violenze contro le donne, ma non ha nulla a che vedere con un'immagine tarsmessa da un niqab o da un burqa che per Sagrbi "coprono ogni desiderio di libertà". "È in questo negare alla donna la libertà del proprio corpo - conclude il critico d'arte - che c'è la violenza fondamentale". Nel mondo musulmano il corpo della donna non è libero.

"A Colonia - conclude Sgarbi - non è avvenuto qualcosa di strano ma qualcosa che appartiene a una cultura che non è riconducibile alla nostra".

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