Cultura e Spettacoli

Così si combatte a Waterloo

Ogni anno la rievocazione storica della famosa battaglia che vide la disfatta di Napoleone

Così si combatte a Waterloo

I primi colpi di cannone della giornata indirizzati verso la fattoria di La Haye Sainte, l'imperatore che passa a cavallo agitando il suo bicorno davanti alle folte linee dei soldati di fanteria, i tamburini che danno il ritmo alla marcia e una marea di reggimenti diversi dai colori sgargianti che inizia a scendere il lieve declivio dove li attende il fuoco dei moschetti inglesi. È cominciata la battaglia di Waterloo, o perlomeno è cominciata la sua rievocazione storica in occasione del bicentenario che cade quest'anno.

Anche se la sensazione, per chi, guardando il film di Sergej Bondarchuk, si è sempre chiesto come fosse vivere un'esperienza del genere, è quasi quella di essere lì il 18 giugno di duecento anni fa. Lì a combattere per il destino dell'Europa. Poco importa se il campo di battaglia non è proprio lo stesso (le condizioni del terreno ufficiale non garantivano la sicurezza dei figuranti) e se i fucili sono caricati a salve. Il fumo avvolgente degli spari e il boato dell'artiglieria qualche metro più indietro rendono tutto incredibilmente reale. L'ufficiale con la spada sguainata grida: «En avant!» e il 113° “reggimento”, composto da cinquanta soldati italiani, esegue l'ordine. Avanzano stretti l'uno affianco all'altro, tanto che quasi non c'è lo spazio per respirare, figuriamoci per muoversi, ma questo è quello bisogna fare per mantenere la linea compatta prima di entrare in contatto col nemico.

Per raggiungere una preparazione simile non basta la passione, servono anche addestramento e disciplina, e negli ultimi due giorni questi ragazzi non hanno fatto altro che ripetere allo sfinimento tutte le manovre possibili davanti a telecamere e fotografi. Cominciano le prime scaramuccie. La linea inglese schierata a difesa di La Haye Sainte accoglie i francesi con un nutrito fuoco di sbarramento, la risposta del 113° è altrettanto nutrita e rumorosa. È vero quello che scrivono gli storici a proposito delle battaglie napoleoniche: dopo i primi spari della fanteria scende sul campo una spessa coltre di fumo bianco che puzza di polvere pirica bruciata. Si avanza alla cieca per inerzia sperando che il soffiare del vento conduca il fumo altrove e seguendo la voce dell'ufficiale comandante che forse è l'unico a sapere dove bisogna dirigersi, o forse non lo sa nemmeno lui.

Le migliaia di persone assiepate sugli spalti hanno gli occhi fissi sulla scena e il respiro sospeso, mentre dagli altoparlanti il racconto in inglese e francese del combattimento si mescola ad una musica che preannuncia la fine del mondo. A un centinaio di metri dalle linee nemiche il morale degli uomini è alto. Come se ci si trovasse in battaglia per davvero, si è convinti di riuscire a sfondare con una sola grande spinta, ma proprio sul più bello il suono della tromba annuncia una carica della cavalleria. Maestosi sopra i loro cavalli con l'uniforme di un rosso acceso, gli Scots Greys britannici irrompono tra le linee francesi menando fendenti che si fermano a pochi centimetri dal volto. È una finzione, ma la terra trema come se fosse la realtà. A sinistra verso Hougoumont il fior fiore della cavalleria francese carica gli indomiti “quadrati” dei soldati inglesi. A destra verso Placenoit si vedono sventolare le prime bandiere dei prussiani.

È la battaglia di Waterloo e noi ci troviamo in mezzo.

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