Cultura e Spettacoli

La crisi di Kiev e le sue radici novecentesche

Fra le tanti illusioni che hanno attraversato il Novecento, quella del cosmopolitismo è stata tra le più forti. Vale a dire l'idea secondo cui gli individui, prima ancora di essere italiani, russi, francesi, tedeschi, inglesi sono esseri umani accomunati da una radice antropologica universale in grado di lanciare ponti fraterni oltre le frontiere. Anche dopo la Prima guerra mondiale, che pur aveva dato una tragica smentita a questa convinzione di matrice illuministica, essa è continuata soprattutto sotto la veste mistificata del comunismo internazionalista. Quando l'Unione Sovietica è crollata, e con essa tutto il blocco comunista dell'Europa orientale, tale credenza ha dimostrato tutta la propria fragilità, come è confermato dal ritorno virulento dei nazionalismi e degli etnocentrismi di ogni tipo.

Bisogna partire da qui per capire il complicato scenario che si è creato in tutta l'Europa centro-orientale post-comunista, situazione che vede in primo piano il prepotente ritorno della logica geopolitica, come mette in luce ora Vittorio Strada in Europe. La Russia come frontiera (Marsilio, pagg. 110, euro 14). In altri termini, il disastroso fallimento del comunismo ha indirettamente evidenziato ciò che sottende ai tempi lunghi della storia, la cui trama è costituita da esistenze profonde - religiose, politiche, culturali - che hanno trasceso le contrapposizioni ideologiche su cui si è svolto in gran parte il XX secolo. In realtà, alla lunga queste ultime si sono dimostrate molto contingenti, dato che non sono riuscite a modificare la vera dinamica e la vera natura della civiltà europea fatta di nazioni e di etnoculture che nascono, si rinnovano, si fondono, si separano. Si pensi solo alla controversa questione dell'Ucraina. Di qui l'intento di Strada volto a ricostruire la storia della Russia da Pietro il Grande a oggi. Ciò che emerge è il quadro di un'Europa al plurale, nel senso che l'identità europea non è riconducibile a un unico principio informatore.

«Europe» e non Europa, afferma Strada, proprio perché l'immensa realtà russa nel corso degli ultimi secoli si è diversificata nella sua esistenza, dividendosi fra una tendenza occidentale e una tendenza asiatica, dando luogo inoltre a un ulteriore spazio definibile come «eurasismo» dotato di una sua specificità geopolitica e socio-culturale.

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