Cultura e Spettacoli

Il diritto all'oblio? È nato nel '600 fra sette e filosofi

Ecco perché L'inventore della dimenticanza di Pierluigi Panza è un romanzo come pochi altri

Il diritto all'oblio? È nato nel '600 fra sette e filosofi

L'inventore della dimenticanza di Pierluigi Panza, appena uscito per Bompiani (pagg. 248, euro 17), è un romanzo come pochi altri: sia per la trama, sia per la scrittura. Appena iniziata la lettura ci si immerge in un universo narrativo che affascina e destabilizza per la modernità che l'autore - scrittore, saggista e giornalista per il Corriere della Sera - infonde in ogni pagina.

Protagonista è Adam Brux, un celebre medico e filosofo tedesco vissuto nella Dresda nel 1600 (siamo alla vigilia della Guerra dei Trent'anni che insanguinerà tutta l'Europa) inseguendo un sogno: inventare una tecnica non per memorizzare ogni fatto, ma al contrario per dimenticare. Studioso di alchimia e dei testi di Giordano Bruno, Adam Brux rivendicava già con secoli di anticipo quello che oggi noi chiamiamo «diritto all'oblio». Oggi che ognuno di noi è sommerso d'informazioni (basti pensare a quante notizie leggiamo, ascoltiamo, vediamo ogni giorno), codici (fiscali, anagrafici, sanitari), password (bancomat, telefonini, computer), oggi che su Internet con una semplice ricerca troviamo la vita di ognuno di noi, «il diritto all'oblio» è quasi diventata una necessità di sopravvivenza. Oggi tendiamo a delegare tutto alla tecnologia per conservare una sorta di memoria universale. Una ricerca inquietante perché ci deresponsabilizza dal sostenere il peso del ricordo. Come scrive Pierluigi Panza: «Assediati dal nulla ci siamo aggrappati alle rovine e ci siamo messi a conservare ogni cosa intorno a noi: libri, case, musei, città \. Incapaci di farci carico personalmente del peso del ricordo, grazie alle macchine ci siamo messi a digitalizzare ogni dato e fissare una memoria collettiva. Così il ricordo genuino è stato assediato e quasi sconfitto dal suo storico nemico: la memoria artificiale».

Brux aveva già intuito tutto. E tra queste pagine leggiamo la sua storia, ma non solo. Gli anni in cui vive sono cruciali (quasi come oggi) anche dal punto di vista dell'egemonia del Potere, della finanza e dell'economia. Le atmosfere sono quelle cupe e misteriose di quel '600 ricco di contrasti: tra una classe privilegiata e una classe media sempre più vicina alla soglia della miseria. Una galleria di personaggi che sembrano impressi su una tela (più che nello schermo delle nostre teste), sullo sfondo di uno scontro epocale: quello tra i lobbisti - come i Rosacroce e le sette protestanti -, convinti che la memoria artificiale avrebbe riportato l'uomo in Paradiso, e i cattolici. Nell'epilogo (ma nulla di più è da rivelare di questo romanzo), ecco lo scrupolo dell'autore: «Il nome di Brux è diventato ignoto, persino nelle mappe estese della memoria artificiale. Invano lo si cercherebbe su Wikipedia. Un trionfo per lui. Conto che non me ne voglia di come l'ho risvegliato, ripescandolo da una crepa della storia, sottraendolo all'oblio in cui si trovava beato».

Non possiamo rispondere per conto di Brux, ma lo facciamo come lettori: leggendo uno dei migliori romanzi degli ultimi anni.

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