Cultura e Spettacoli

"Ecco loggia continua. La sinistra culturale degli scambi di favori"

Lo scrittore Fulvio Abbate si autocandida al Premio Strega e spara a zero sulla lobby chic

"Ecco loggia continua. La sinistra culturale degli scambi di favori"

Situazionista, patafisico, marchese e soprattutto scrittore. Fulvio Abbate, con due «b», otto romanzi, svariati pamphlet, una televisione «monolocale» su YouTube, Teledurruti, una prima vita politica a sinistra e una seconda non-conformista, ha deciso di autocandidarsi allo Strega col romanzo Intanto anche dicembre è passato (Baldini&Castoldi). E per farlo ha scritto ieri una lettera a Dagospia «contro la P2 della sinistra, dove tutti si conoscono e si fanno i favori». Pensata con rabbia, buttata giù di getto, immaginata scritta da un analfabeta, ironica e antiretorica, la lettera alla Totò e De Filippo deride i «compagni-fratelli» della P2, «una cosa che si conoscino tutti fralloro e infatte si fanne i favore e ano sempre che se uno fa una cosa l'artro l'amico ci dice bravo che ai scrito lo libbro sui precari che abbitano a Pomezia oppuri testualo a Ficarazzi...». Un missile contro tutta quella robba edificante «che serve sempre a queli di sinistra pe sentirsi buoni tra di loro quando si incontraeno e parlono del'ultimo films di questo o quelloaltro amico e le donne hanno i tacco basso e manciano la zuppa di farro a Capalbio o a Anzedonia...».

E magari vincono pure lo Strega.
«Tanto lo vince sempre Veltroni, anche se per interposta persona. Negli ultimi anni hanno vinto Riccarelli, che era il suo ghost writer, Veronesi, che era il suggeritore culturale, Nesi, che era il vice-Veronesi...».

Ma sono tutti scrittori bravi.
«Ed è un'aggravante! Perché potevano evitare l'umiliazione di vincere in quanto associati a Veltroni, il quale sarebbe stato meno ipocrita che vincesse con la sua mediocrità di scrivente».

Ma cosa Le ha fatto Walter?
«A parte farmi cacciare senza motivazione dall'Unità dalla sua raccomandata di fiducia Concita De Gregorio? Beh, ha solo distrutto, a sinistra, la flora batterica intellettuale di questo Paese... l'ha bruciata... avevamo un cervello simile a un quadro di Klee e oggi è uguale a una canzone di Biagio Antonacci».

Ma cos'è la P2 della sinistra?
«È una rete. Tipo: Francesco Piccolo scrive un libro dove parla di Berlinguer - e Berlinguer è proprio uno che alla sinistra ha regalato fallimenti - pubblicato da una casa editrice di Berlusconi, prontamente recensito con squilli di chiarine ovviamente da Concita De Gregorio su Repubblica, e poi presentato a Radiotre, e dopo ospitato al festival di Massenzio, e poi chiamato alla Casa delle Letterature... I feudi del potere della sinistra».

I salotti romani.
«Macché salotti. I salotti sono luoghi dove si discute, dove io posso anche dirti che sei un coglione... Questa semmai è una lobby che si spartisce le collaborazioni sui giornali, le rubriche radiofoniche, le trasmissioni tv. Gente che si ritrova per guardare insieme Sanremo, festival per il quale scrivono i testi, e si dicono a vicenda oh ma quanto ce l'hai lungo, o ma che figa che sei... La sinistra romana, che incubo...».

Ma anche Lei è romano, abita nello stesso quartiere di Nanni Moretti.
«Ecco, Nanni Moretti. Un altro anello della catena del consenso. Lo vedo tutte le mattine al bar, ci diciamo appena Buongiorno. Dà la misura perfetta dell'impossibilità di uno scambio, è il simbolo della chiusura all'eros e dell'ipocrisia di una sinistra circoscrizionale, di più: rionale».

Ma anche Lei è di sinistra: è stato fra i Giovani Comunisti Italiani, e pure maoista di «Servire il popolo», ha firmato sull'Unità...
«Non sono più di sinistra. E ne sono felice. Preferisco essere una testa di cazzo in proprio che per conto terzi».

Ma perché non le piacciono, questi intellettuali? Sono eco e equosolidali, buonisti, moralmente superiori.
«Il ceto intellettuale in Italia si è sempre distinto per viltà e opportunismo. Pertini in un'intervista alla Fallaci del '73 disse che da noi “gli intellettuali sono sempre stati vigliacchi e schierati dalla parte del potere”. Nessuno ha il coraggio di dire a se stesso che essere scrittore significa vivere uno stato di perenne conflittualità. Questi sono tutti amici e organici. E poi magari vogliono anche decidere il mio galateo, cosa devo dire, come comportarmi... Ma io sono il marchese Fulvio Abbate, Commandeur Exquis de L'Ordre de la Grande Gidouille... mica un veltroniano...».

Però così rischia di non vincere lo Strega.
«Chissenefrega, faccio parte del Collège de Pataphysique, varrà pure di più, o no?».

Magari potrà presentare il suo libro al Maxxi.
«Ah, la Melandri. Tempo fa, un gruppo di artisti fece una petizione contro la sua vergognosa nomina al Maxxi. Bene, l'unica firma di peso era la mia. Nessuno ha voluto sottoscriverla. Aveva ragione Longanesi, sulla bandiera italiana dovrebbero scriverci “tengo famiglia”».

Longanesi era di destra.
«Quando sono stato in difficoltà, cacciato dall'Unità o da ItaliaRadio, mi sono trovato vicino la destra intellettuale appassionata come me di Céline».

Quindi?
«Quindi vado allo Strega.

Pure se non sono sicuro nipure di prendere tre vote ci vado a fare la bataglia perche, come dice Nietzsche, non si puo morire drento».

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