Cultura e Spettacoli

Le Emo-zioni forti contro la politica dei "superstiziosi"

Gli scritti del filosofo veneto mettono in luce contraddizioni e irrazionalità delle ideologie. Destinate ad autoannullarsi

Andrea Emo nella vignetta di Dariush Radpour
Andrea Emo nella vignetta di Dariush Radpour

Tu chiamale se vuoi Emo-zioni. Ma sappi che sono Emo-zioni forti. Andrea Emo (1901-83) è pacatamente hard, discretamente heavy metal, tranquillamente annichilente. In parte ciò gli deriva dall'essere «figlio» di Giovanni Gentile, quindi dell'attualismo che è un idealismo pragmatico, crudo, vitalista, virile, dunque destinato alla sconfitta e all'emarginazione. Ma ci mise molto del suo, vivendo, pensando e scrivendo appartato, non per snobismo ma per individualismo, che ne è, socialmente, l'esatto opposto. Emo-zioni forti sono quelle che Gallucci pubblicò l'anno scorso in La voce incomparabile del silenzio , una raccolta di aforismi e riflessioni di cui parlò su queste pagine Marcello Veneziani. E ora ecco il bis della piccola casa editrice romana, presso la quale esce oggi Verso la notte e le sue ignote costellazioni (pagg. 411, euro 15). Sono inediti «Scritti sulla Politica e la Storia» dei quali proponiamo in questa pagina alcuni brani. Come si vedrà, Emo ne ha per tutti i componenti dell'arco costituzionale e incostituzionale, fascismo compreso che lo vide giovanissimo entusiasta e sempre giovanissimo disilluso, a causa della liaison dangereuse con il cattolicesimo. Scioglie e pettina con la spazzola del rigore filosofico la lunga treccia di complicità fra Politica e Storia e lo fa, come spiega Romano Gasparotti in una delle due post-fazioni (l'altra è di Massimo Donà) liberando il tempo e la Storia dalle «superstizioni» occasionali della Politica. Il pensiero di Emo «può essere interpretato come una originale declinazione, in chiave ultra-attualistica, della nietzschiana filosofia della volontà di potenza», dice Gasparotti. «Io sono come un colonnello - scrive Emo - che ogni mattina passa in rivista il misero, mal vestito, male armato e indisciplinatissimo reggimento delle sue idee».

Un colonnello che merita l'onore delle armi.

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