Cultura e Spettacoli

"Famiglia uguale crisi. Dai Karamazov alle droghe leggere"

Il romanziere olandese maestro nel raccontare storie piene di suspence con padri in difficoltà: "D'altronde è questo a farci andare avanti"

"Famiglia uguale crisi. Dai Karamazov alle droghe leggere"

«Sì, lei ha ragione. Del resto, la famiglia è in crisi da quando esiste. Dire “famiglia” significa dire “crisi”, perché è la crisi che ti fa andare avanti. Ma senza dubbio oggi i rapporti fra genitori e figli sono di gran lunga migliori di quanto fossero quarant'anni fa, anche se non concordo con i genitori troppo permissivi per partito preso... Mio figlio? È ancora su in camera che dorme, e io lo lascio dormire».

Sono quasi le 11 e Pablo, il pargolo ventenne di Herman Koch, lo scrittore olandese più in vista del momento, può riposare tranquillo. Qualcosa ci dice che ha un buon padre. Heer Koch ha 61 anni ma ne dimostra non più di 50; possiede, anche se in dosi non uguali, il rigore nordico, il calore latino (soprattutto grazie alla moglie spagnola) e l'apertura mentale made in Amsterdam ; ha notevole successo sia come autore televisivo, sia come scrittore. Insomma, è felice come la sua famiglia. «Perché la felicità - dice - consiste nel non complicarsi la vita». A Milano ospite della Milanesiana, ideata e diretta, ça va sans dire , da Elisabetta Sgarbi, Koch è giunto con il lasciapassare di quattro ottimi biglietti da visita: i suoi quattro romanzi editi da Neri Pozza, cioè La cena , Villetta con piscina , Odessa Star e Caro signor M. , ultimo in ordine di tempo. Tutti libri in cui è proprio la crisi di una o più famiglie, e in particolare di uno o più padri, a permeare la narrazione. «Gli adulti spesso esagerano, nel tutelare i loro ragazzi. Vorrebbero persino insegnare agli insegnanti come si insegna, ma non è il loro mestiere! Quando andavo io a scuola, se il prof diceva “bianco” facevo “nero”, e viceversa. Altri tempi. Ora il ruolo della scuola va oltre il semplice apprendimento. Tuttavia è bene che a scuola non si insegni musica rock, o non si facciano lezioni di droga e alcol, non le pare? I giovani devono conservare una loro autonomia».

Dalla famiglia alla società il passo è breve, basta varcare la soglia di casa. E naturalmente anche le dinamiche del vivere civile (o incivile, come nel «tarantiniano» Odessa Star ) sono un tema ricorrente nell'opera di Koch, ex ragazzo discolo ma oggi saggio cittadino del mondo. Il quale tuttavia non sopporta il concetto attualmente conformista e ipocrita per eccellenza: «tolleranza». Infatti: «Chi tollera guarda gli altri dall'alto al basso, dimenticando che una certa quantità di intolleranza è insita nell'uomo, non la possiamo cancellare. Mettiamo che in un paesino d'alta montagna, rurale e “arretrato”, secondo gli standard metropolitani, arrivi un gruppo di cittadini che si mettono a comprare le case dei locali, a imporre il loro stile di vita... Ci stupiremmo dell'intolleranza di questi colonizzati? Da noi in Olanda si sta addirittura sviluppando un movimento contro il turismo. Molto intollerante, in effetti».

Famiglia strutturalmente in crisi più società strutturalmente conflittuale uguale dramma. Di qui non si scappa, anche se Koch i drammi sa condirli con l'ironia dell'esperienza, di un certo fatalismo che tuttavia non abbassa la guardia di fronte ai pericoli. E dramma significa noir, thriller, giallo. «Non scrivo sulla base di una trama noir o thrilling o gialla. Tuttavia utilizzo la suspence, anche in tv, come motore per la lettura, per catturare il lettore. Mi piace molto farlo. E mi piace anche il fatto che quando incomincio a scrivere non so mai come la storia terminerà. Ad esempio, in Caro signor M. a un certo punto il professor Landzaat sparisce. Ma io non sapevo proprio dove fosse finito. Ne parlavo con mia moglie e con i miei amici. Tutti a chiedermi “e allora, che succede?”. E io: “Non ne ho proprio idea”. Adesso sto lavorando a un romanzo in cui il sindaco di Amsterdam sospetta che la moglie lo tradisca con un altro politico. Non so se i suoi sospetti siano fondati o no. Non so eventualmente chi sia il “terzo”. Dopo 250 pagine non so ancora molto...».

Koch, lo si sarà capito, non è uno che fa molti programmi, non tira le redini della vita, la lascia correre per la sua strada e si limita a osservarla con occhio da psicologo. È un tratto che ha in comune con altri autori olandesi di qualità che l'Italia sta imparando a conoscere: Willem Jan Otten, Tommy Wieringa, soprattutto Gerbrand Bakker. «C'è una nuova ondata \ di bravi scrittori olandesi. Un tempo pareva esistesse soltanto Cees Nooteboom. Ci dicevamo “siamo un Paese piccolo in cui si parla una lingua difficile, come volete che gli altri si interessino a noi, dove troveremo gli editori?”. E invece... Comunque, olandesi o no, sovente gli scrittori si atteggiano a divi, ritengono di essere il prossimo premio Nobel, o quantomeno di meritarlo. Non c'è nulla di peggio che mettere un gruppo di scrittori in una stanza a discutere». Con i classici il rapporto è diverso: hanno il privilegio di essere morti. «Prima dei vent'anni divoravo i grandi russi. E il bello è che da un anno mi sono messo a rileggerli. È lì che trovi la profondità.

Prenda I fratelli Karamazov : un'immersione nella profondità e nella modernità».

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