Cultura e Spettacoli

Le fiabe troppo "normali" uccise dai killer di Stato

Le linee guida ministeriali toccano anche le vecchie favole: basta Principi Azzurri e Biancaneve perché condizionano i bambini e impongono famiglie tradizionali

Maxima debetur puero reverentia diceva Giovenale, ma il Dipartimento pari opportunità lo ignora e si appresta a uccidere l'immaginario infantile sin dalla più tenera età. Comportandosi come gli «ingegneri dell'anima» della Russia leninista e stalinista.
Dopo le linee-guida per i giornalisti, lo Stato italiano attraverso l'Unar-Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, che fa parte del Dipartimento pari opportunità, ha emanato le linee-guida per il personale scolastico (dagli insegnanti ai bidelli). Lo scopo ufficiale è prevenire sin da piccoli il bullismo e le discriminazioni sessuali, lo scopo non detto, subdolo e strisciante è invece imporre dall'alto, d'autorità, la «ideologia gender» che ci viene dagli Stati Uniti, vale a dire il concetto che - come ben spiega Unisex di Marletta e Perrucchetti (Arianna) - il sesso non si acquista alla nascita, ma ci viene inculcato dalla società e dalla cultura. Non solo, ma che l'omosessualità maschile e femminile rientra nella norma naturale, e non è un disordine genetico. Il passo seguente è far considerare «normale» e vvio anche una coppia o un matrimonio omosx maschio/maschio e femmina/femmina. E indurre i bambini a pensare così attraverso il mondo della fantasia manipolato assume l'aspetto di un crimine etico.
Per ottenere questo scopo gli opuscoli Educare alla diversità a scuola distribuiti dall'Unar e realizzati da un certo Istituto A.T. Beck, hanno lo scopo di preparare il terremo sin all'infanzia, dagli asili nido e dalle elementari, facendo apprendere ai giovanissimi una vera «visione del mondo» capovolta, diversa da quella abituale, della realtà e dei rapporti tra i sessi. Come? Manipolando le favole tradizionali e le fiabe moderne. Anche questo un crimine culturale, che va molto oltre la loro modernizzazione da tempo praticata e contro cui si scagliò, ad esempio, Michael Ende, l'autore de La storia infinita. Qui è assai diverso. Qui le favole si censurano e si cancellano dato che - questa l'ideologia di partenza - si ritiene che quelle in cui si presentano re e regine, principi e principesse, inducano i piccolissimi a entrare nello stereotipo secondo cui devono attendere da adulti il loro Principe azzurro o la loro Biancaneve. E in tal modo diventando dei disturbati e dei deviati. Il che è assurdo dato che queste suggestioni, se pure s'installano, avvengono soltanto in casi assai rari, come per quei bambini che si identificano in Superman e si gettano dalla finestra pesando di poter volare. Non per questo si censurano i fumetti.
Dietro a questo però c'è qualcosa di assai più grave: le favole tra l'altro abituano i più piccoli a pensare che all'orizzonte esista una famiglia tradizionale con marito e moglie, padre e madre, figli e figlie. E invece no! Esistono - dicono i volumetti dell'Unar e dell'Istituto Beck - anche le famiglie con due padri o due madri, o semplicemente Genitore 1 e Genitore 2, e sono «normali» e a esse ci si deve abituare, ritenendo ovvio un possibile matrimonio omosex. Lo si dice esplicitamente: «Al bambino è chiaro da subito che se è maschio deve innamorarsi di una principessa, se femmina di un principe. Non gli sono proposte fiabe con indicazioni diverse». Perché il principe non potrebbe innamorarsi del paggetto di corte? Questa dunque la colpa che si deve emendare con le nuove fiabe omosessuali di Stato. Sicché nelle scuole gli insegnanti sarebbero obbligati a «non usare analogie che facciano riferimento ad una prospettiva eteronormativa». Da intendersi: l'eterosessualità è la norma. Perché? Perché, spiega lo Stato italiano ai suoi insegnanti, «tale punto di vista può tradursi nell'assunzione che un bambino da grande si innamorerà di una donna e la sposerà». Pensate che cosa disdicevole! Mentre invece potrebbe innamorarsi di un altro uomo e, date le prospettive, «sposarlo» lo stesso.

Questa non è lotta al bullismo e alla discriminazione, ma propaganda pro omosessuali, compiuta su una psiche ancora in formazione. Nessuno si è posto il problema che un bimbo potrebbe considerare allora «normale» cedere a un pedofilo? Dalla lotta alla discriminazione sessuale, si è passati alla esaltazione della diversità sessuale minoritaria. Poiché l'«ideologia gender» ritiene che il sesso non ce lo dà la Natura ma l'orienta la Società, plasmiamo dunque i bimbi in tenerissima età verso una tendenza filo omosessuale... Tanto più che una docente di Psicologia della educazione dell'Università La Sapienza ha affermato: «Gli studi ci dicono che già a tre anni i bambini hanno dei pregiudizi di ordine sessuale». E se lo dice la “scienza” siano autorizzati a scardinare questi presunti «pregiudizi», ma creandone degli altri peggiori: ad esempio contro la famiglia «tradizionale»... E questo attraverso la censura e la riscrittura delle favole classiche, o creando fiabe omosessuali appositamente. Ed è proprio questo tentativo messo in pratica dalle autorità politiche locali negli asili e nelle elementari di Venezia e dell'Umbria che ha scatenato polemiche e spinto molti genitori a minacciare di toglie i figli dalle scuole statali. Al punto che il viceministro del Lavoro del governo Letta, Maria Cecilia Guerra è stata costretta a difendersi: «Non ho autorizzato io la diffusione del materiale didattico per l'educazione alle diversità nelle scuole. Sono contraria alla imposizione di un punto di vista»! Ma allora che senso ha spendere decine di migliaia di euro per commissionare e stampare gli opuscoli Unar-Beck se poi non si vuole «imporre un punto di vista» statale?

Giustamente due psicologhe e psicoterapeute, Maria Rita Parsi e Silvia Vegetti Finzi si sono opposte a una simile manipolazione delle favole e delle menti infantili. La Finzi ha affermato: «Vedo un rovesciamento di centralità: fino a qualche tempo fa le forme familiari diverse da quella tradizionale erano messe al bando. Ora hanno una eccessiva attenzione. Non si tiene conto che si tratta pur sempre di una realtà minoritaria». La psicoterapeuta rivendica il diritto del bambino «a riconoscersi in una famiglia naturale» e contesta la «centralità che si tenta di attribuire a modelli familiari minoritari che nuoccino a una psicologia in evoluzione che cresce in un contesto tradizionale». In altre parole le nuove fiabe omosex instillano subdolamente nella psiche infantile dei dubbi sulla propria identità sessuale che potrebbe non essere quella che appare, deviandola. Secondo certi «cattivi maestri» l'individualità e identità dell'essere umano può venire messa in dubbio e manipolata in una Europa che si preoccupa invece di proteggere l'identità - per esempio - del lupo selvatico proibendo gli incroci con i cani domestici! Tutto ciò per arrivare alla dittatura della minoranza Lgbt (lesbiche gay bisessuali transessuali) promossa dall'ideologia progressista globalizzata con la scusa di difenderla.

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