Cultura e Spettacoli

Il glaciale mestiere di vivere

P receduto da una dedica un po' ginnasiale («Alla ragazza che frequento»), l'ultimo romanzo di Paolo Giordano è invece una prova di maturità letteraria che attraversa un tema classico, il ritratto di una governante, della quale si raccontano gli ultimi anni e poi la malattia e la morte. Il nero e l'argento (Einaudi, pagg. 118, 15 euro) è scritto benissimo e in più ha il pregio di evitare il luogo comune che infesta questo tipo di storie: della signora A. (l'assenza del nome è il raro tributo al «patetico» di un romanzo che avrebbe potuto indulgervi ad ogni rigo), Giordano non fa una figura diabolica, come accade per esempio nel Servo di Losey, né un essere semplice e generoso che riceve meno di quanto dà, cioè una banale serva dal gran cuore. La signora A. è una donna forte, piatta e soprattutto pragmatica quanto la coppia di sposi che, senza mai assumerla in via definitiva, le ha affidato la cura della casa e del bambino.
L'intero gruppo familiare risuona in accordo con le atmosfere del romanzo che ha dato notorietà all'autore, La solitudine dei numeri primi, dove si ricombinavano i tasselli delle Particelle elementari di Houellebecq con una voracità emulativa della quale nessuno si è mai scandalizzato. Lui è un ricercatore a contratto di fisica, come lo stesso Giordano e come il protagonista del primo romanzo. Sua moglie Nora è architetto d'interni e mantiene un legame normale con la vita: ha delle passioni, difende istintivamente il figlio Emanuele che a scuola non brilla, fa capire al marito che una coppia è un organismo che deve andare a regime. Quando la signora A. (vedova di un rigattiere, un uomo misterioso che accumulava ritagli di giornale dedicati ai complotti della CIA e li incollava negli interstizi dei mobili) si ammala di cancro, è sempre Nora a chiamarla, a consolarla, a sostenerla nel compito immane di morire. Ma Il nero e l'argento non è solo la cronaca di un'agonia: è una meditazione sulla difficoltà di vivere e forse sulla sua inutilità. La morte, che tutto dissigilla, svela anche il nulla sottostante alla vita. In questa missione Giordano non è solo, anzi pare che l'Einaudi si sia specializzata nel dare voce a scrittori che articolano in modo non lancinante, «freddo», la quotidiana mancanza di senso.

Che l'umanesimo rintracciabile nelle ultime pagine sia residuale e quasi posticcio lo dimostra il fatto che all'ultimo rigo compare finalmente il nome della governante, mentre quello del glaciale protagonista resta, fino in fondo, segreto.

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