Cultura e Spettacoli

«I miei libri Millelire erano vera rivolta Ora l'editoria è morta»

Il fondatore di Stampa Alternativa ci racconta la sua lunga storia fatta di denunce, provocazioni e lotte

Fluviale, romanzesco, corsaro, magari irritante ma in fondo sempre coerente, l'anarchicone Marcello Baraghini. Dalle battaglie sul divorzio nei primi anni 60 con Marco Pannella, alle tante denunce (137 procedimenti penali per reati d'opinione, sfociati in un mandato d'arresto alla metà degli anni 70, poi finito in amnistia) a Stampa Alternativa. Era il 1989, la casa editrice esisteva già da anni, quando uscì il primo Millelire, un libro al prezzo di un caffè. C'erano manuali su come coltivare la canapa indiana, ma anche grandi classici: Eraclito in splendida traduzione, Il racconto Svastica di Charles Bukowski, che Feltrinelli aveva timorosamente lasciato fuori dall'edizione italiana di Storie di ordinaria Follia . Molti storsero il naso. Lui vendeva e vendeva. Solo la Lettera sulla felicità di Epicuro 2 milioni di copie. «Nei primi quattro anni abbiamo venduto 20 milioni di copie complessive» puntualizza Baraghini a Il Giornale «Ero inseguito da giornalisti di tutto il mondo. Anche Penguin Books ci copiò. Si affermò un nuovo tipo di libro: leggero e facilmente trasmissibile». Ora la mostra Millelire per sempre , a Pitigliano, raccoglie i primi 500 numeri della collana, che saranno via via scaricabili in pdf. «La Bibilioteca nazionale non accetta i Millelire (che ora si chiamano un euro) perché secondo lo standard Unesco un libro deve avere almeno 60 pagine. In libreria non ce li vogliono. E allora li metto in rete gratis».

Perché in libreria non li vogliono?

«Perché per esempio le focaccerie (non librerie, focaccerie, visto che ormai vendono quasi solo cibo) Feltrinelli non tengono i libri da un euro: abbassano troppo lo scontrino medio».

Quando vennero fuori i Millelire Giovanni Raboni scrisse con sussiego dell'«idea di trasformare tutti in lettori».

«Snob con la puzza al naso, gente che doveva tenere in piedi il proprio club».

Ha detto: «sono riuscito a dispiacere universalmente e in modi sempre nuovi». Come è riuscito a dispiacere anche a sinistra?

«Perché il cattocomunismo è regime ancor più di quello precedente, fascista. Fa testo la mia fuga da casa, da una famiglia cattocomunista, quando ero ancora minorenne. Ho provato sesso, droga e rock 'n' roll».

E anche adesso la sinistra è cattocomunista?

«Pensi a Barbara Spinelli, che era radicale ai tempi. Si candida dicendo che rinuncerà al seggio. Viene eletta e non rinuncia. Ma quella è sinistra?»

No. Ma lo Strega l'ha vinto Francesco Piccolo, uno che racconta il suo comunismo madeleine.

«Dopo gli anni 90 la letteratura è morta. È gente che non fa storia, che non cambia nulla. Adesso la sinistra è un cadavere, che si muove, ma è un cadavere, è un'allucinazione».

Dopo la fuga da casa, coabitò con Pannella, a Roma...

«Rimase nell'appartamento che avevo affittato (dato che ero l'unico a lavorare) per ospitare la prima pattuglia radicale. Poi partecipai anche alla prima lista Pannella. Credo di avere avuto un tot di successo perché Pannella mi oscurò. Lo dico in amicizia».

Siete stati amanti?

«Siamo stati amici di camera da letto. Abbiamo dormito nello stesso letto. Ma da qui a diventare amanti c'è un bel po' di strada».

Oggi la controcultura è parte del mercato. Quelli come lei che ci stanno a fare?

«E allora vado nel carcere, dai morti viventi, che sanno scrivere meglio di Baricco, Ammanniti e meglio di Scurati. Non propongo ideologia, ma sangue letterario».

Cioè?

«Sto per pubblicare un libro di Mario Trudu, un pastore sardo coinvolto in un sequestro, il primo in Sardegna. Una storia atroce la sua. 27 anni di carcere, 41 bis. Il libro si chiama in sardo Totu Sa Beridadi . In Italiano T utta la verità. Storia di un sequestro . Lo presenterò al festival di Strade Bianche, Evadere, a Pitigliano, dal 20 al 21 settembre».

Interverrà l'autore?

«Ho avuto il permesso di farlo uscire di prigione dopo 27 anni, per la prima volta, sotto mia responsabilità. Il libro online sarà gratis. In stampa digitale a 5 euro. Se scoppierà il caso, cosa che mi auguro perché Trudu ha una potenza di linguaggio che fa impallidire i vari Camilleri e Scurati, andrà in libreria a un prezzo calmierato».

Insomma, secondo lei la via e questa. L'editoria tradizionale è finita?

«Ho sempre detto che il codice a barre è un codice a sbarre, e che bisogna, appunto, evadere. Il copyright è morto. I grossi editori perdono acquisti nell'ordine del 6-7-10 per cento all'anno. Hai voglia a inventare libri che si sfogliano come un blocco o a scoprire nuovi Voli, nel senso di nuovi Fabio Volo. Sono morti, fanno finta di non saperlo ma si stanno autodistruggendo».

Al Manifesto ha detto: «io parto dalla morte delle ideologie, il Manifesto ci rimane aggrappato». Abbiamo avuto anche il caso Unità . È giusto che i giornali sopravvivano?

«All'inizio del Manifesto , quando nessuno dei fondatori sapeva come si stampava un giornale, dovetti collaborare con loro, perché avevo fatto esperienza all' Avanti . C'erano pulsioni, provocazioni, vitalità. Ma lo vede ora quel giornale? È giusto che muoiano. Lo slogan del festival Evadere è “Se per vivere devi strisciare alzati e muori” da Jim Morrison. Suicidatevi e cercate di rinascere in altre modalità.

Fate scorrere sangue, e sangue nuovo».

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