Cultura e Spettacoli

Con «Irène» il giallo diventa esistenziale

Lo scrittore francese Pierre Lemaitre ha sempre avuto un'idea molto precisa di come la letteratura noir abbia un linguaggio insostituibile per narrare le tensioni sociali che attraversano la nostra società. Lemaitre ha fatto suoi i registri del poliziesco sia in opere come L'abito da sposo (2009) e Lavoro a mano armata (2010) dedicate alla crisi di identità del mondo della famiglia e di quello del lavoro ma anche ha virato di nero un romanzo dedicato ai reduci di guerra come Ci rivediamo lassù (2013) che gli è valso il Premio Goncourt. Esemplari nella letteratura concepita da Lemaitre sono stati i cupi noir con al centro l'ispettore di polizia Camille Verhoeven che portano i titoli di Travail soigné , Alex , Sacrifices , Rosy&John . Travail soigné del 2006 è stato tradotto sia nella versione americana sia in quella italiana, appena pubblicata, come Irène (Mondadori), utilizzando il nome della moglie di Verhoeven che ne condivide tutte le vicissitudini. In questa sua prima avventura l'inquieto poliziotto è alle prese con un serial killer che decapita e fa pezzi le donne, traendo ispirazione da thriller famosi. Verhoeven scoprirà poco alla volta che c'è un vero e proprio piano editoriale dietro le gesta dell'assassino, un piano destinato a costruire le tessere di un grande romanzo di suspense di cui il poliziotto diventa l'inconsapevole protagonista. Per costruire una storia del genere Pierre Lemaitre si è ispirato a più di un maestro.

Lemaitre ammette di avere attinto emozioni e cliché da romanzi fra loro diversi che gli permettessero di costruire il suo modo emozionale. Storie che costituiscono veri e propri indizi sia per il suo eroe che per i lettori. Si va da Il dramma di Orcival (1896) di Émile Gaborieau a Dalia nera (1987) di James Ellroy, da American Psycho di Brett Easton Ellis a Laidlaw. Indagine a Glasgow di William McIlvanney, a Branco di lupi di John D. MacDonald (1960). E se Lemaitre ammette di avere esitato a rileggere Georges Simenon non nasconde di avere fatto sue le speciali lezioni di tenebra della coppia svedese composta Maj Sjöwal e Per Walhöö che con Roseanna (1965) diedero vita al ciclo dell'ispettore Martin Beck. In bilico fra letteratura e realtà il commissario Verhoeven e Pierre Lemaitre si domandano: «esiste un limite di morti che possano definirsi accettabile? La narrativa poliziesca ha forse la capacità di esorcizzare la barbarie della nostra società fino a renderla sopportabile?».

La risposta è nelle mani dei lettori.

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