Cultura e Spettacoli

Jack London, il romanzo di un talento vagabondo

Da cacciatore di foche in Giappone a cercatore d'oro nel Klondike. La nuova biografia dello scrittore più "on the road" della storia

Jack London, il romanzo di un talento vagabondo

Il penitenziario della contea di Erie non era un luogo ameno. Costruita nel 1847, lungo gli argini del canale Erie a Buffalo, New York, la grande prigione in pietra era divisa in quattro sezioni. La più grande, chiamata Bums' Hall, ospitava i vagabondi in 230 mini-celle sovrapposte come gabbie per animali. Nell'estate del 1894, una di queste celle ospitava un giovane diciottenne il cui nome risulta nel registro dei carcerati come «John Lundon». John Lundon era stato arrestato il 29 giugno nei pressi di Niagara Falls, New York. L'imputazione era vagabondaggio. Aveva lasciato la sua casa di Oakland, in California, più di due mesi prima, e aveva viaggiato per il paese in treno, senza biglietto. Talvolta si introduceva di soppiatto in carri merce vuoti. Altre volte si nascondeva sotto di essi, appiattendosi e viaggiando pericolosamente, per ore, a pelo delle rotaie che rumoreggiavano sotto di lui. Noto tra i suoi amici vagabondi come «Kid il marinaio» o «Jack il marinaio», aveva avuto fortuna per tutto il viaggio. Raramente i controllori ferroviari - chiamati ‘mastini' - lo avevano stanato. Ma in giugno la fortuna lo abbandonò.
Aveva trascorso la notte in un campo nei pressi di Niagara Falls e quando, di buon mattino, quel fatidico venerdì, si svegliò, si diresse verso il centro abitato per mendicare del cibo. Sfortunatamente incappò in due suoi compagni che erano appena stati arrestati da un poliziotto. Il poliziotto gli impose di unirsi a loro. La giustizia fu rapida. Quando il giudice Charles Piper chiese al magistrato inquirente quale fosse l'accusa, la risposta fu identica per tutti: «vagabondaggio, vostro onore». Piper sentenziò: «trenta giorni». Sailor Kid stimò in trenta secondi il tempo per la sentenza. \.

Arrivati al penitenziario, Sailor Kid e gli altri furono obbligati a spogliarsi e a fare il bagno perché, scrisse, «il penitenziario pullulava di parassiti». Fu poi il turno del barbiere del penitenziario, che in soli tre minuti rasò la sua testa come «una palla da biliardo emergente da una selva di irsuti capelli». Dopo si diressero verso le rispettive celle con i piedi incatenati. Quella sera la cena consisteva in due fette di pane raffermo e un po' di “zuppa” - un quarto d'acqua tiepida, appena salata con «una solitaria goccia di grasso» galleggiante sulla superficie, come la definì Sailor Kid. Trascorso il mese di detenzione, Sailor Kid aveva imparato a commerciare e a scambiare merce con i prigionieri - sigarette, soldi, francobolli. Era diventato insensibile alla crudeltà e alla violenza che lo circondavano in quello che in seguito avrebbe definito «un autentico inferno» \.

Espiata finalmente la pena a suo carico, il 29 luglio 1894 Sailor Kid si recò a Buffalo, elemosinò il denaro per comprarsi della birra, poi salì su un treno diretto a Sud. Illegalmente. Il carcere non aveva mutato il suo stile di vita. «John Lundon» o «Sailor Kid» o «Sailor Jack»: si trattava di John Griffith ‘Jack' London, il quale nel 1904, proprio dieci anni dopo la sua uscita dal penitenziario della contea di Erie, era uno degli autori più popolari e meglio pagati al mondo. Si è scritto talvolta che la migliore storia che Jack London abbia messo su carta sia stata la sua biografia. Non è difficile spiegare una simile affermazione perché Jack London visse in modo sorprendente, addirittura incredibile. In poco meno di 41 anni, accumulò un tale bagaglio di avventure e di successi da bastare per parecchie vite. Eppure era nato in una famiglia che oggi definiremmo «svantaggiata». I suoi genitori non disponevano di molto denaro, e ancora bambino doveva industriarsi a guadagnare qualcosa. Frequentò poco la scuola. A quel tempo, per molte persone, l'istruzione elementare era il massimo, e Jack London non faceva eccezione. A 17 anni s'imbarcò per il Mar del Giappone per una battuta di caccia alla foca. A 18 era un vagabondo che viaggiava in treno senza pagare il biglietto e percorreva la nazione in lungo e in largo. Tornato a casa, in California, s'immerse nello studio come autodidatta. A 19 anni si iscrisse alla scuola superiore come matricola. Voleva scrivere, ma ogni cosa che scriveva veniva respinta dagli editori. Nell'estate del 1897 - quando Jack stava per archiviare i suoi sogni - si sparse la notizia di un favoloso ritrovamento di oro nello Yukon canadese, negli affluenti di un fiume poco conosciuto, chiamato Klondike. Con l'aiuto di suo cognato, si diresse verso nord alla ricerca dell'oro. E lo trovò. Non nelle miniere, ma grazie all'esperienza che accumulò durante l'anno trascorso nello Yukon. Quando tornò a casa, era l'estate del 1898, traboccava di idee da raccontare. Ancora una volta cercò di affermarsi come scrittore, e ancora una volta ebbe scarso successo. Poi, pian piano, i suoi scritti cominciarono a vendersi. Nel giro di cinque anni, Jack divenne uno scrittore di successo, i suoi lavori comparivano sulle migliori riviste e sui giornali di grande diffusione. Nell'arco di dieci anni divenne lo scrittore più popolare nel mondo, e anche uno dei più pagati. Prima di morire, nel 1916, la sua opera gli aveva procurato tutti gli agi possibili, dagli yachts a un ranch di 1400 acri in una bella valle californiana. È comprensibile perché la gente ritenga che la vita di Jack London sia il suo migliore racconto \.

Desiderava che i suoi scritti fossero realistici e onesti. Voleva che i suoi lettori vedessero quello che lui aveva visto, sentissero quello che lui aveva sentito, immaginassero quello che lui aveva immaginato. Si impegnò per rendere il suo stile chiaro e comprensibile. Talvolta questo comportamento gli causò degli inconvenienti. Fu accusato di essere troppo violento, alcune librerie tolsero i suoi libri dagli scaffali, perché ritenevano che parte di quanto aveva scritto fosse troppo scioccante. Anche il suo socialismo fu oggetto di critica: era dell'idea che la ricchezza dovesse essere condivisa, non controllata e gestita da poche ricchissime società e da individui.

Oggi viene talvolta criticato per un'altra ragione: il razzismo. Jack è cresciuto alla fine del XIX secolo, quando il comportamento dichiaratamente razzista degli Stati Uniti era comune. I suoi studi di storia lo avevano convinto che la razza bianca anglosassone fosse destinata a controllare il mondo. In alcuni suoi racconti i personaggi che amiamo e ammiriamo sono razzisti. Queste storie sono oggi di difficile lettura, in quanto esprimono atteggiamenti che la maggioranza della gente ritiene offensiva. Molti di questi libri non vengono più stampati.

Autore di alcune fra le storie più belle della letteratura americana, Jack London (1876-1916) ebbe una vita avventurosa quanto quella di un personaggio di uno dei suoi romanzi. Ora la sua vita viene raccontata da Daniel Dyer, forse il più grande studioso dello scrittore americano, nel libro Jack London. Vita, opere e avventura (Mattioli 1885, pagg.

168, euro 19,90) del quale, per gentile concessione dell'editore, anticipiamo qui il prologo.

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