Cultura e Spettacoli

Nessuno ristampi il «j'accuse» di Sogno

Il partigiano della libertà, Edgardo Sogno, pubblicò nel settembre del 1978 per una piccola casa editrice di Milano - Edizioni dello Scorpione - il libro Il golpe bianco. Quel testo, oggi introvabile, non era un pamphlet politico ma una precisa requisitoria dell'autore contro il suo accusatore: Luciano Violante che all'epoca era giudice istruttore di Torino. Il libro uscì subito dopo la sentenza di assoluzione con cui si concluse il processo in cui Sogno, insieme con Randolfo Pacciardi e altri, era accusato di «cospirazione politica». Il giudice del tribunale di Roma, Francesco Amato, assolse Sogno e gli altri «cospiratori» perché «il fatto non sussiste». Una piena assoluzione che stabilì che Sogno con la sua azione culturale e politica anticomunista e antifascista non perseguiva alcuna intenzione golpista.
Invece, diversamente andò un altro processo in cui l'imputato era, al contrario, il giudice Violante che fu denunciato da Sogno con l'accusa di «falsità ideologica in atto pubblico»: il tribunale di Venezia assolse sì Violante, ma con la formula «il fatto non costituisce reato» vale a dire che mancava l'elemento soggettivo del reato - il dolo - mentre il fatto materiale era vero. Le due sentenze erano e sono tutt'ora tra loro intrecciate e collegate storicamente e moralmente, tanto che se si vuole pienamente intendere la prima bisogna leggere la seconda. Il processo Sogno è a tutti gli effetti, mutatis mutandis, un italiano «caso Dreyfus»: in tutt'e due i procedimenti penali furono emessi mandati e sentenze in base a documenti che gli imputati non avevano mai visto. Ecco perché rispetto alle sue vicende personali, agli atti giudiziari e alla stessa storia d'Italia di quegli anni il libro di Sogno Il golpe bianco non è una ricostruzione parziale di fatti e idee ma un'orazione per la libertà e la giustizia contro abusi e manipolazioni. Ma perché raccontare oggi questa storia?
La casa editrice Liberilibri di Macerata, un baluardo della cultura liberale, per ricordare la grande figura di Edgardo Sogno - Medaglia d'oro al valore militare per le sue imprese eroiche contro i nazifascisti - avrebbe voluto nuovamente pubblicare l'introvabile Il golpe bianco di Sogno. L'editore Aldo Canovari aveva anche invitato l'onorevole Luciano Violante a fornire un suo contributo. Purtroppo però poi ha rinunciato a ristampare il libro. Infatti, dopo la prima edizione, nel 1978, Sogno, nonostante fosse stato assolto con formula piena dall'accusa di «cospirazione politica», entrò in una serie di disavventure e guai giudiziari, la sua famiglia fu rovinata, tanto che per far fronte alle spese si dovette vendere il palazzo avito. Di tutt'altra natura fu il destino del giovane giudice istruttore di Torino che nel 1979, l'anno dopo il processo, entrò in Parlamento come deputato comunista. Così - spiega oggi l'editore marchigiano - «alla luce del silenzio dello stesso Violante e dell'attento esame di una giurisprudenza consolidatasi in tema di diffamazione in danno degli appartenenti all'ordine giudiziario (giurisprudenza che lascia reintrodurre di fatto in Italia il crimen lesae maiestatis rendendo incensurabile e inviolabile il magistrato, anche quando sbaglia), nel timore che qualche riga del libro potesse essere usata a pretesto per accampare lesioni da parte delle persone criticate da Sogno, e in primis dall'ex giudice istruttore, abbiamo rinunciato al progetto».
Però, se la Liberilibri ha rinunciato a ripubblicare Il golpe bianco di Sogno, ha invece appena pubblicato un libro di Pietro Di Muccio de Quattro intitolato Il golpe bianco di Edgardo Sogno. Quest'ultimo libro, nel suo rigore filologico, storico e politico è davvero un testo illuminante: è composto, in sostanza, da quella che sarebbe dovuta essere l'Introduzione all'edizione del testo di Sogno, nonché dalla pubblicazione, istruttiva e preziosa, delle due sentenze del «caso Sogno» e del «caso Violante». Dalle pagine di Pietro Di Muccio emerge la figura di un grande italiano che rischiò la vita combattendo i nazifascisti ma siccome difese la libertà anche dal totalitarismo comunista fu accusato di essere un fiancheggiatore dei fascisti.
Edgardo Sogno era contrario al «compromesso storico» e inseguiva l'idea di una riedizione del centro degasperiano. Ne pagò le conseguenze. La sera del 5 maggio 1976 Sogno venne fermato sulla porta di casa a Torino e portato in questura: su mandato del giudice Violante fu arrestato e poi trasferito a Regina Coeli. Rimase in carcere un mese e mezzo non solo senza prove di colpevolezza ma addirittura sulla base di una prova inesistente: la fantomatica lettera dell'avvocato Antonio Fante di Padova che farneticava di riunire tutti i gruppi di estrema destra in vista di un colpo di Stato. Il giudice Villacara nell'assolvere il giudice Violante perché «il fatto non costituisce reato» lo definì «vittima di eccessivo zelo»: uno zelo ingiustificabile, dice oggi Di Muccio, per l'inchiesta, il reato, l'accusa e la personalità dell'imputato.
Edgardo Sogno morì il 5 agosto 2000. Quattro mesi dopo uscì il suo libro-intervista con Aldo Cazzullo: Testamento di un anticomunista. Dalla Resistenza al «golpe bianco». Il libro suscitò interesse e polemiche: Sogno dichiarava, con dovizia di particolari, di aver effettivamente ordito una «operazione politica e militare». Ci fu chi disse che era necessario chiedere scusa a Violante che in quel momento era presidente della Camera dei deputati. Ma il quadro giuridico, come scrive Pietro Di Muccio de Quattro, «non cambia neppure se completato con le “rivelazioni” di Sogno alle soglie della morte». Lo «strappo» di Sogno «non costituiva affatto o non costituiva ancora una condotta delittuosa» ma una «lecità attività di opposizione, non cospirazione, politica». E per questo fu assolto.


Con la pubblicazione de Il golpe bianco di Edgardo Sogno in molti dovrebbero chiedere scusa alla memoria di Sogno.

Commenti