Cultura e Spettacoli

Qualità contro crisi. La difficile sfida dei "piccoli" editori

Fatturato e posti di lavoro in calo, fondi pubblici spesi malamente: la situazione è grave. Parlano i protagonisti della fiera romana

Qualità contro crisi. La difficile sfida dei "piccoli" editori

Come sta il libro? Quanto paga l'editoria, in termini economici, la crisi congiunturale? Sono domande che si ripetono da anni. E che puntualmente in questa stagione vengono riproposte. Con malcelata ansia gli editori piccoli e medi e gli addetti ai lavori attendono i risultati dell'indagine Nielsen, dedicata proprio a questo mercato e che verrà presentata sabato prossimo a Roma alla Fiera nazionale della piccola e media editoria «Più libri più liberi» (dal 4 all'8 dicembre, al Palazzo dei Congressi).

Il dato più importante è un ridimensionamento generale del comparto. Soprattutto in termini di addetti e di titoli prodotti. A non piegarsi e ripiegarsi è invece l'ambizione di offrire sempre e comunque un'editoria di qualità. Perché «piccolo è bello» e soprattutto è «di qualità». Si sono persi d'altronde molti posti di lavoro: oltre il 20 per cento (un redattore su cinque ha perso l'impiego). «È dura, è vero - ammette Sandro Ferri, titolare della e/o (la casa editrice che ha lanciato il “fenomeno” Elena Ferrante) - ma il vantaggio di essere piccoli è anche quello di saper adeguarsi meglio alle esigenze del mercato e alle ristrettezze imposte dalla congiuntura. L'importante - aggiunge - è non perdere di vista l'unico vero obiettivo: centrare la qualità del prodotto. Perché alla lunga paga». Anche in termini economici. E infatti la e/o è in decisa controtendenza rispetto ai «lamenti» del comparto. La piccola casa editrice romana ha infatti in catalogo i romanzi della Ferrante, ora tradotta anche oltreoceano, dove ha addirittura raggiunto con l'ultimo titolo la prestigiosa classifica del New York Times. «Andiamo orgogliosi - dice Ferri - soprattutto del fatto che i suoi libri figurano al secondo posto fra i titoli tradotti dietro soltanto a Paulo Coelho». Grazie al fenomeno Ferrante la e/o si gode un aumento del fatturato che sfiora il 30 per cento, mentre la gran parte delle piccole case editrici ha visto diminuire il fatturato annuale del 4,6.

«Per consolarsi - commenta Antonio Monaco, responsabile Aie delle piccole case editrici e editore in proprio con il marchio Sonda - basta guardare cosa accade ai grandi editori. Loro perdono anche di più: il 5,3 per cento». Ma questo è l'unico elemento «positivo» che Monaco è in grado di sottolineare. Per il resto è una lamentazione tutt'altro che confortante. «Parlando in termini generali - dice - negli ultimi quattro anni la discesa è stata costante. Si sono persi oltre 150 milioni di euro di fatturato annui. Per invertire la tendenza negativa gli editori hanno inizialmente pensato di aumentare la produzione in modo da compensare i bilanci. Ma ormai questa strategia non regge più. Bisogna ripensare il mercato, e in questo i piccoli sono più veloci ad adeguarsi, anche perché hanno ovviamente strutture più elastiche e più semplici». Monaco auspica soprattutto un ridimensionamento del numero dei titoli prodotti ogni anno. Sono in molti, tra i suoi colleghi, a pensarla nello stesso modo dal momento che soltanto la qualità può aiutare a risollevare il mercato e a «fidelizzare» i clienti (cioè i lettori forti). Monaco propone tante ricette possibili. Le principali sono un migliore accesso al credito (anche per i piccoli editori). «Sicuramente andrebbero aboliti i finanziamenti offerti dalle Regioni alle singole case editrici locali per pubblicazioni di settore. È un fenomeno che altera il mercato. Sarebbe molto più sensato dare quei soldi alle biblioteche che potrebbero così comprare i titoli in maniera più razionale in modo da migliorare la qualità stessa della offerta editoriale». E poi bisognerebbe ricordarsi che sono pur sempre le librerie tradizionali i punti vendita che veicolano la maggior parte dei titoli. «Andrebbero difese».

Pienamente d'accordo con Monaco anche Marco Zapparoli della Marcos y Marcos. «Per il momento - spiega - abbiamo rinunciato anche al digitale, semplicemente perché non produciamo niente che non possa essere venduto direttamente il libreria». Zapparoli ha anche ideato negli anni passati un'iniziativa per valorizzare proprio il ruolo della libreria indipendente, il «Giro d'Italia in 80 librerie» che si ripete ogni volta con successo. «È ovvio e scontato - prosegue - che le librerie non possono competere con gli sterminati cataloghi dei negozi on line , però sanno fidelizzare i lettori, consigliarli e quindi alla fine sanno fare un lavoro di promozione che non ha pari nel nostro Paese. Quando poi si venderanno anche in libreria i testi digitali, ripenseremo la nostra politica a proposito dell' ebook ».

In generale, però, i piccoli editori si sono adeguati al digitale. «Ormai ogni nostro titolo - spiega Isabella Ferretti di 66thand2nd - viene offerto nella doppia veste cartacea e digitale. Anche se quest'ultima rappresenta una porzione minima del fatturato». Anche la sua casa editrice va in controtendenza: avendo aumentato se pur di poco il fatturato e anche il personale. «Il segreto di un buon risultato - ammette - è però tutto nel produrre libri di qualità».

E sempre grazie alla qualità emerge poi il nuovo fenomeno editoriale del momento: la graphic novel , che proprio dalle piccole case editrici ha ricevuto un impulso notevole, come dimostra il successo di Zerocalcare edito dalla BAO Publishing.

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