Storia d'assalto

Itter 1945, quando tedeschi e americani diventarono alleati

Al termine del secondo conflitto mondiale, una pattuglia di soldati americani aiutata da un gruppo di soldati tedeschi difese Itter, una fortezza nel cuore dell’Austria e rese salva la vita ai prigionieri più illustri di Francia

Itter 1945, quando tedeschi e americani diventarono alleati

Tre giorni prima della caduta di Berlino e della capitolazione della Germania, privata della "guida" del suo führer Adolf Hitler, un gruppo di soldati americani guidati da alcuni membri della Resistenza e supportati da un gruppo di soldati tedeschi della Wehrmacht, combatterono "fianco a fianco" in una delle più straordinarie e singolari battaglie di tutta la seconda guerra mondiale: la battaglia per la liberazione del castello di Itter.

È il 4 maggio del 1945. In Austria, nella valle del Tirolo che è stata annessa durante l’Anschluss, troneggia il castello di Itter, con le sue merlature e i suoi torrioni risalenti all’XI secolo. Come è accaduto per quasi tutte le fortezze d'Europa, nel 1943 è stata trasformata in una prigione e in un piccolo quartier generale dai tedeschi. Alle sue segrete, però, erano destinati i nemici "illustri" del Terzo Reich: in particolar modo prigionieri politici francesi, come gli ex primi ministri Édouard Daladier e Paul Reynaud, e altre personalità influenti, come la sorella del generale De Gaulle, l'uomo a capo della Francia Libera, come altri ufficiali d’alto rango che dopo la resa negarono la loro fedeltà al governo collaborazionista di Vichy. Non mancavano, tra gli ospiti di Itter, figure di spicco della società civile e sportiva, come il campione di tennis Robert Borotra. Tutti uomini che nutrivano delle riserve nei confronti dei nazisti che al passo dell'oca sfilavano a Vienna come a Parigi.

Quando anche in Austria, uno degli ultimi bastioni del Reich, iniziava a diffondersi la notizia che Berlino fosse sotto assedio e prossima a cadere, la guarnigione che occupava il castello di Itter, con gli ufficiali della SS Totenkopfverbände - i reparti che inquadrarono gli aguzzini a guardia di prigioni e campi di concentramento sotto l'emblema della "testa di morto" - abbandonò le proprie posizioni. Consci del destino che li attendeva: il processo e forse l'impiccagione per crimini di guerra.

I soldati della Wehrmacht che occupavano il paese, uomini fedeli all'esercito tedesco che aveva preceduto il Nazismo, decisero di rimanere al loro posto, e seguire ordini del maggiore Josef "Sepp" Gangl, ma di collaborare con la resistenza locale in cambio del loro favore quando sarebbero arrivati gli americani. Continuare la guerra in quella valle priva di alcun peso strategico sarebbe stato puro e inutile fanatismo. E uccidere i giovani austriaci che non si offrivano di combattere per Hitler, che nel frattempo era morto, un assassinio.

Sembrano le premesse per una resa che non vuole ulteriori spargimenti di sangue. La libertà tanto attesa dai prigionieri era ad un soffio. Li attendeva lì, appena fuori l'imponente arco che da accesso alla fortezza, e ha assistito in silenzio, per ben due anni, alle passeggiate delle sentinelle armate, notte e giorno, dato che nessuno, o meglio, quasi nessuno, aveva mai tentato alcuna "grande fuga". Eppure non era così. Non era ancora finita. Come nelle pellicole cinematografiche più intense, spuntò un piccolo gruppo di insorti delle Waffen-SS, gli adepti di Hitler che avevano giurato al motto di "Il mio onore è la fedeltà". Facevano parte del 17ª SS-Panzergrenadier-Division “Götz von Berlichingen” e non volevano arrendersi per nessun motivo. Né intendevano concedere quartiere ai civili che espongono la bandiera bianca alle finestre in attesa degli alleati. Secondo le SS i prigionieri non avrebbero dovuto essere liberati, ma tenuti come ostaggi da rendere merce di scambio. E per renderlo possibile dovevano prendere il controllo della fortezza. I traditori invece, potevano essere giustiziati anche subito.

Un membro della resistenza jugoslava internato a Itter, Zvonimir Čučković, alias André, era fuggito pochi giorni prima: l'unico abbastanza audace e risoluto da aver colto l'attimo, mentre i suoi carcerieri abbassavano la guardia e il comandante lo aveva mandato a svolgere una commissione per suo conto. Così, imbattutosi in una pattuglia di soldati alleati quando aveva raggiunto i pressi di Innsbruk, illustrato la situazione e aveva deciso di guidare le avanguardie dell'Esercito americano al castello per consentire di liberare i prigionieri, e perché no, forse guadagnarsi una medaglia.

La pattuglia di yankees, giaccotti chiari ed elmetti M1, tondi e verdi, rispondeva ai comandi del capitano John Lee Jr. Appresi i dettagli forniti dal partigiano Andres, il capitano pianificò in fretta e furia un colpo di mano per prendere il controllo del castello e liberare i prigionieri. Il tutto sarebbe avvenuto con l'appoggio inatteso dei pochi artiglieri della Wehrmacht rimasti agli ordini del maggiore Gangl. Conoscevano la cittadina - dove le SS, come da ordine di Himmler, uccidevano ogni maschio che non voleva combattere - e conoscevano bene anche la fortezza.

Sotto la protezione di una coppia di carri armati Sherman del 12° Divisione statunitense, la piccola colonna composta da un camion e da una jeep tedesca - un riconoscibilissma kübelwagen - una dozzina di soldati tedeschi e una dozzina di fanti americani puntarono a tutta velocità sul castello di Itter. Incrociati ed eliminati un gruppo di soldati di SS che erano intenti a piazzare un blocco stradale per mettere sotto al fuoco incrociato la via che porta al castello, Lee, capo della spedizione, ordinò ai carristi di disporre il primo tank, soprannominato il “Boche Buster”, all’imboccatura del ponte, e il secondo, che porta il nomignolo di “Besotten Jenny”, all’ingresso del castello; dove nel frattempo le poche SS rimaste venivano sbaragliate dai prigionieri.

All’alba un centinaio di Waffen-SS attaccò quello che era divenuto l’avamposto di Itter. Il tank a presidio del ponte fu accerchiato e messo fuori combattimento dal colpo ben mirato di un temibile Panzerfaust (il bazooka dei tedeschi). Poi puntarono sulla fortezza, difesa dai pochi uomini della guarnigione degli "strani alleati", insieme ai prigionieri armati e qualche membro della resistenza austriaca che aveva raggiunto il castello "per menar le mani” contro i tedeschi.

I soldati della Wehrmacht – che possono essere considerati a tutti gli effetti dei disertori, ma allo stesso tempo degli uomini di buon senso che non volevano assistere all'eccidio della popolazione locale – combattevano contro i loro vecchi “camerati”; e il maggiore Gangl rimase ucciso per mano di un cecchino delle SS, che forse lo inquadrò nel suo telescopio proprio per vendetta. Gangl, un bavarese sorridente che si era guadagnato due volte la croce di ferro al valore, aveva comunicato al capo della resistenza della zona, Alois Mayr, che a Itter c’era bisogno di rinforzi per liberare i prigionieri. Si sarebbe rivelata un'informazione fondamentale. insieme a quella fornita dalla “fuga” del moschettiere Borotra, il campione di tennis che fuggendo trovò i rinforzi americani e li avvertì di ciò che sta accadendo a Itter: di quegli “strani alleati”, tedeschi e americani, che insieme ai prigionieri francesi, stavano tenendo testa alle oltre cento Waffen-SS senza più nulla da perdere.

La battaglia imperversò per oltre cinque ore di quel 5 maggio 1945. Le SS, asserragliate tra il castello e le sue vicinanze, stavano per rimanere a corto di munizioni come gli americani e si arresero all’arrivo della cavalleria. I reduci furono fatti tutti prigionieri. Tra la Wehrmacht invece, l’esercito tedesco che aveva inciso il motto “Gott Mit Uns” (Dio è con noi, nrd), troverà morto solo il maggiore Sepp Gangl. L’ultima medaglia da parte del Reich gli era stata appuntata sul petto l’8 marzo di quell’ultimo anno di guerra. Passerà alla storia come un eroe di guerra per l’Austria.

Al capitano Jack Lee Jr. invece, spettò la Distinguished Service Cross, la seconda più alta onorificenza al valore concessa dall’Esercito degli Stati Uniti. Per aver portato a termine la strenua resistenza del castello di Itter, e aver salvato, insieme al suo sodale tedesco, i prigionieri più importanti di Francia.

Lasciando alla storia l’unica testimonianza di un'azione nel corso della seconda guerra mondiale, durante la quale due ufficiali avversari, un tedesco e un americano, hanno combattuto fino alla morte, fianco a fianco.

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