Cultura e Spettacoli

La scarpinata d'autore? Fa male ai piedi (e ai libri)

La scarpinata d'autore? Fa male ai piedi (e ai libri)

C alli, non capolavori. Purtroppo sono duroni e occhi di pernice, non opere immortali, i frutti di una moda che ha travolto tanti scrittori e ora anche pittori: la scarpinata d'autore. L'ultimo episodio, ancora in corso, è la Processione di Carletto: l'eccellente pittrice Simona Bramati e Michele Mariano, «curatore della realtà» (chissà cosa significa, siccome è mio amico di Facebook magari un giorno glielo chiedo) stanno andando dal Molise al Friuli in compagnia di due asini e un cane. Uno dei due somari pur essendo di sesso femminile si chiama Carletto, e non è l'unica nota strampalata del viaggio: il comunicato-stampa cita Confucio e Kant oltre che, molto più propriamente, l'Armata Brancaleone e Don Chisciotte, ma inzeppato di frasi tipo «coscienti di vivere la condizione di amletizzazione dell'eroe, cioè quella condizione per la quale la tragedia non dipende da un'azione compiuta ma da un'azione da compiere» non aiuta a capire la ragione di tante vesciche. Il penultimo episodio, conclusosi da poco, si intitolava «Freccia d'Europa», un'idea lanciata da Antonio Moresco, scrittore eroico, e raccolta anche da Tiziano Scarpa, molto più modestamente scrittore da premio Strega. Operazione questa di taglio più politico che artistico: partiti da Mantova (la città di Moresco) i camminatori sono arrivati addirittura a Strasburgo (la città di Martin Schulz, l'anti-italiano presidente del parlamento europeo a cui è stata consegnata una lettera aperta che lo sprona a «spezzare le barriere nazionali», come se le frontiere del Belpaese non fossero già abbastanza colabrodo).
Nel frattempo è uscito Racconto del fiume Sangro di Paolo Morelli (Quodlibet) in cui si narra della perlustrazione pedonale di un fiume abruzzese. «Non so come mi è venuta l'idea» scrive l'autore a pagina 9. Non lo so nemmeno io e non chiedetemi se sono riuscito ad arrivare alla foce del fiume e alla fine del libro.
L'impressione è che questa gran montagna di magliette sudate e calzini puzzolenti sia capace di partorire solo topolini letterari. Chi va piano va sano ma artisticamente poco lontano. Centinaia, migliaia di chilometri su e giù dagli Appennini alle Alpi senza che sia sortito nessun nuovo Chatwin, nessun nuovo Thoreau, per citare due scrittori-marciatori del passato prossimo e remoto. Nell'ambito di un genere ormai pletorico si staglia solo Il pellegrino dalle braccia d'inchiostro di Enrico Brizzi, un catto-thriller ambientato sulla via Francigena fra Canterbury e Roma, uscito ormai qualche anno fa. Ma Brizzi esisteva prima ed è esistito anche dopo questo libro che comunque non è il suo capolavoro.
Checché ne dica Erri De Luca, un altro cantore dell'andare a piedi, non sembra proprio che viaggiare lentamente consenta di acchiappare peculiari ispirazioni. Semmai il contrario. Senza risalire a D'Annunzio e Marinetti, nomi fin troppo ovvi quando si parla di velocità, penso a Roberto Rossellini che viaggiava in Ferrari perché gli attori li prendeva dalla strada ma non si sognava di imitarli per quanto riguarda gli umili mezzi di trasporto. E penso a Pasolini, uno che proprio Moresco considera un punto di riferimento: pure lui ferrarista anche se soprattutto alfista per il quale la potente GTV 2000 fu strumento di seduzione e poi di morte.
Che povera cosa sarebbe l'opera omnia di Arbasino senza tutte quelle spider? La bella di Lodi e Fratelli d'Italia, due dei pochi libri davvero on-the-road della letteratura italiana, devono molto alla spettacolare MG rossa dello scrittore di Voghera, un'auto inquinante e costosa certo sgradita al nume tutelare dello slow travel che non è un filosofo né un letterato bensì un gastronomo, Carlo Petrini. Lui, l'inventore dello slow food, il coniatore dello slogan «Buono, pulito e giusto»: tre parole valide in campo alimentare ma non in quello artistico. Benedetto Croce lo ha spiegato un milione di anni fa che forzando l'arte in direzione del bene si riesce a produrre solo del moralismo. Questi pauperistici parapellegrinaggi (i pellegrinaggi veri sono quelli religiosi) allineano i partecipanti allo spirito per niente spiritoso del tempo (si prendono tutti parecchio sul serio) passando per Rousseau, Latouche e gli altri teorici dell'ambientalismo, del senzafrontierismo e della decrescita. Consistono quindi in un'immersione nell'ideologia, più che nella natura. Per questo ci sono zecche e non muse lungo i sentieri della scarpinata d'autore.

Per questo sogno un editore che come anticipo mi dia una Range Rover.

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