Cultura e Spettacoli

Se Walt Whitman ha qualcosa da dire sulla democrazia

La domanda è valida anche dopo i recenti avvenimenti della politica italiana: cos'è la democrazia? La constatazione di una volontà generale, e dunque «un curioso abuso di statistica» come sosteneva Jorge Luis Borges? Un mero rispetto di formalità giuridiche? O qualcosa di più? Forse è utile cercare risposte non solo nei testi di filosofia e politologia ma anche in un saggio scritto nel 1871 dal poeta americano per eccellenza, Walt Whitman: Visioni democratiche, da poco ripubblicato da Piano B edizioni (pagg. 119, euro 12). Non deve stupire che Whitman, poeta dall'ispirazione profetica, tiri in ballo «visioni» in un saggio politico. Secondo lui il senso ultimo della democrazia va cercato nella religione, negli impulsi spirituali. Ma il lettore non si aspetti astruserie. Il poeta, come ogni buon americano, aveva nel sangue il pragmatismo. Le visioni di Whitman «non sono il risultato di studi di economia politica, bensì del senso comune, di osservazioni e vagabondaggi tra gli uomini». Senso comune, fiducia nell'uomo, nella diversità armonizzabile delle idee umane («varietà e libertà sono forse le più grandi lezioni della Natura nell'universo, esse presentano le più grandi lezioni anche nella politica»). E soprattutto fiducia negli ancora giovanissimi Stati Uniti d'America, appena usciti dall'ordalia della Guerra Civile, ancora pieni di contraddizioni, ma investiti di una missione: una missione democratica.
Ma è indubbio che il poeta non avrebbe difeso il tentativo dei suoi odierni compatrioti di esportare la democrazia con le armi. La democrazia è un fatto di coscienza, una conquista spirituale. Tirando in ballo questioni di coscienza e di pacifica convivenza, Whitman non può non ammettere che «nucleo della democrazia, in ultima analisi, è l'elemento religioso». Ed è l'apparizione di Cristo «nella sfera morale-spirituale dell'umanità», come conferma della «partecipazione dell'individuo allo spirito assoluto» che permette questa nuova dignità umana da riversare nella democrazia. Religione e cristianesimo, dunque, ma non dogmatico: «Le bibbie possono suggerire e i preti interpretare, ma è privilegio esclusivo della silenziosa operazione del nostro Io isolato penetrare il puro etere della venerazione, toccare i livelli divini, comunicare con l'ineffabile». Interrogare l'ineffabile nella nostra coscienza sarebbe allora più democratico del rispettare i cavilli giuridici o la maggioranza.

Questa doveva essere la grande missione del Mondo Nuovo.

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