Cultura e Spettacoli

Un secolo in borghese L'Ottocento liberale che fece l'Italia unita

La rivoluzione industriale, il Risorgimento e il colonialismo: viaggio alle radici della modernità (e dei suoi problemi attuali)

Un secolo in borghese L'Ottocento liberale che fece l'Italia unita

Nulla nasce dal nulla, nella storia. Ogni secolo è figlio del precedente e padre del successivo. Difficile tracciare linee di demarcazione nette. Ma alcuni secoli sono stati più secoli degli altri. Hanno cioè avuto, sulle sorti dei continenti e del pianeta, un impatto gigantesco e traumatico. Nell'Ottocento e nel Novecento le rivoluzioni politiche si sono aggiunte a quelle economiche e scientifiche. Se si vuol sapere cosa siamo e dove andiamo è necessario cercare le radici che l'oggi ha nell'ieri. In una società smemorata come l'attuale è dunque utilissimo un ripasso del passato. Consente di farlo un volume, Il lungo Ottocento , di Fulvio Cammarano, Giulia Guazzaloca e Maria Serena Piretti, che in meno di duecento pagine sintetizza il tempo in cui i Paesi avanzati - sostanzialmente l'Europa e gli Stati Uniti - approdarono alla modernità che riserbò loro molti splendori e molti orrori, tra gli ultimi le due guerre mondiali.

I compendi hanno il vantaggio della brevità. Lo ha anche questo volumetto, ma senza mai indulgere all'approssimazione, anzi mantenendo un livello alto - senza spocchia - di racconto. Devo aggiungere - ma la cosa è di nessuna importanza - che le idee espresse in queste pagine coincidono il più delle volte con le mie. Può essere un'aggravante e sicuramente lo è per i nemici del Risorgimento e per i molti laudatori dello Stato borbonico.

Questo lungo Ottocento riconosce il ruolo dell'Illuminismo nella società francese e della rivoluzione che ne seguì. Quasi nessun accenno alle atrocità e crudeltà dei ghigliottinatori - che ci furono - perché la tremenda operazione chirurgica generò senza dubbi un assetto nuovo della società e dell'Europa in particolare. In poche righe ho visto tra l'altro la risposta a un interrogativo anche recentemente proposto. Napoleone I dissanguò la Francia, fece milioni di morti per le sue ambizioni. Che cosa lo distingue da un Hitler? Spiegazione: «Le sue guerre di conquista in Europa finirono inevitabilmente per diffondere al di fuori della Francia le idee di libertà e di eguaglianza postulate dalla rivoluzione del 1789. Inoltre le sue campagne militari favorirono il radicarsi delle identità nazionali presso quei popoli che subirono l'invasione delle truppe francesi».

La rivoluzione industriale, che ebbe in Inghilterra il suo primo trionfo, non fu meno importante della rivoluzione francese. Determinò la crescita d'una società borghese, moderna e risoluta nel liberarsi delle pastoie dell' ancien régime , generò il proletariato industriale, migliorò pur tra mille ingiustizie la condizione operaia. La macchina a vapore riuscì infine a creare energia senza l'apporto della fatica umana o del vento o dei corsi d'acqua. La borghesia operosa d'allora aveva grande fiducia in un progresso materiale illimitato, in un domani migliore dell'oggi e in un posdomani migliore di domani.

Era la Belle Époque , quarantaquattro anni di pace - dalla rotta di Sedan del secondo Napoleone allo scoppio della Grande Guerra - e poi il diluvio. Di proposito gli autori di Il lungo Ottocento hanno concesso non molto spazio agli eventi italiani, così giustificandosi: «Non perché non la ritenessimo (la storia italiana) utile ma perché crediamo che chi studia oggi la storia contemporanea debba potersi dotare di una più adeguata strumentazione per comprendere meglio dimensioni e proporzioni delle vicende politiche che hanno attraversato il pianeta».

Peraltro i rinvii alla storia patria sono puntuali ed efficaci. Ho letto con interesse, e non senza una qualche sorpresa, le lodi che il manuale tributa a Francesco Crispi, lo sconfitto di Adua, per certe sue qualità (in verità da molti storici negate): «Crispi mise mano ad un vasto progetto riformatore nel settore amministrativo, introdusse l'elettività dei sindaci dei comuni con più di 10 mila abitanti, diede struttura autonoma alle province pur mantenendo la figura del prefetto come longa manus del potere centrale nelle periferie, promosse la creazione d'un nuovo codice penale (ministro della giustizia Giuseppe Zanardelli)». Province, autonomie, prefetti. Ne stiamo ancora discutendo accanitamente...

L'Ottocento, con tutti i suoi limiti fu il secolo del liberalismo. Dalla politica come decisione alla politica come mediazione. Vigeva il laissez-faire ma diventavano protagoniste le ideologie (con l'irruzione del Capitale di Karl Marx. L'Ottocento fu anche il secolo in cui le potenze europee si spartirono l'Africa, ammettendo o addirittura favorendo quell'obbrobrio che fu lo schiavismo (poi avviato in massa anche verso le Americhe). Alla vigilia della prima guerra mondiale di tutto l'immenso continente africano avevano mantenuto l'indipendenza soltanto il regno d'Etiopia e la repubblica di Liberia, sottoposta di fatto, però, all'egemonia statunitense. «La colonizzazione dell'Africa si avvalse di modalità di penetrazione militare commerciale e religiosa estremamente violente e predatrici».

Dopo la decolonizzazione è ben peggio.

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