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La strana campagna dei coniugi Gates a favore dell'aborto

Lei si dichiara una cattolica praticante, ma non si fa problema di finanziare progetti in palese contrasto con la dottrina morale della Chiesa. Lui deve fronteggiare una crisi del suo impero di tecnologia informatica, ma investe pesantemente in programmi finalizzati a diminuire il bacino dei suoi potenziali clienti. Bill e Melinda Gates sono davvero una strana coppia, in contraddizione con loro stessi. Fatto sta che la Fondazione che porta il loro nome è oggi in prima linea per finanziare un vasto programma di controllo delle nascite nei Paesi in via di sviluppo. A questo scopo hanno convocato per oggi un summit mondiale a Londra, cui parteciperanno governi, organizzazioni non governative, agenzie dell'Onu. Tutti uniti per un unico obiettivo: raccogliere 6 miliardi di dollari per garantire entro il 2020 una fornitura regolare di contraccettivi a 120 milioni di donne nei Paesi poveri, soprattutto Africa e Asia meridionale. Attualmente la cifra investita globalmente per diffondere la contraccezione e l'aborto nel mondo è di 4 miliardi di dollari annui.
Infaticabile madrina e organizzatrice dell'iniziativa è Melinda - una lettera aperta di protesta nei suoi confronti ha raggiunto le 25mila firme -, ma la Fondazione Bill & Melinda Gates ha trovato il sostegno entusiasta del governo britannico - la cui Agenzia per gli aiuti allo sviluppo ospita il summit - e del Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione (Unfpa). E ovviamente delle potenti Organizzazioni non governative come la multinazionale dell'aborto International Planned Parenthood Federation (Ippf) e Save the Children che saranno le principali beneficiarie di questa nuova pioggia di denaro. Secondo Melinda Gates si tratta di garantire la libertà di scelta a tutte le donne fornendo mezzi e informazioni sulla contraccezione, cosa che dovrebbe anche prevenire migliaia di aborti. In realtà si tratta dei soliti argomenti, ripetuti da anni, che servono a mascherare le reali intenzioni di chi promuove rigide politiche di controllo delle nascite. Basta dare un'occhiata all'elenco dei partner dei Gates (circa 500 milioni di dollari l'anno messi a disposizione per le campagne di controllo delle nascite) in questo summit. Senza contare le agenzie dell'Onu - dalla Banca Mondiale all'Unicef - fra i donatori troviamo le Fondazioni Ford, Bloomberg, Hewlett, Packard, Buffet, Nike, Turner, nella migliore tradizione dei miliardari americani, da sempre generosi donatori e grandi sostenitori delle campagne di controllo delle nascite nelle nazioni in via di sviluppo.
È una tradizione che affonda le radici nelle Società eugenetiche, nate e sviluppatesi nel mondo anglosassone dalla fine del XIX secolo, che ha contribuito alla nascita e al crescente potere di tante Organizzazioni non governative, anche loro presenti a Londra: oltre la già citata Planned Parenthood, c'è Marie Stopes International, Population Action International, il Population Council dei Rockefeller e tantissime altre, tutte dedite a sostenere e diffondere nel mondo non soltanto i contraccettivi, ma soprattutto l'aborto. E poi ci sono i governi, a cominciare dagli Stati Uniti, con il Giappone e l'Europa che partecipa sia con la Commissione Europea, sia con singoli governi, tra cui il più entusiasta sembra essere quello britannico. Non sorprendentemente, perché di recente è stato un giornale non conservatore come The Observer a rivelare che l'agenzia del governo britannico che si occupa degli aiuti allo sviluppo (UkAid) dal 2006 ha versato 268 milioni di dollari per sostenere un programma di sterilizzazione forzata che il governo indiano applica nelle zone rurali, malgrado fosse a conoscenza di decine di donne morte per le condizioni non igieniche e l'impreparazione del personale reclutato. Anche questa, però, non è una novità perché da sempre le campagne per il controllo delle nascite si legano a gravi violazioni dei diritti umani, soprattutto delle donne. La stessa Unfpa è stata più volte accusata di sostenere programmi selvaggi di sterilizzazione forzata in Uzbekistan e Cina.
Anche l'affermazione per cui la diffusione della contraccezione contribuisce a migliorare le condizioni di salute contrasta con la realtà: non solo risulta, dai dati ufficiali dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, che già l'89 per cento delle donne nel mondo usa metodi efficaci, ma è anche evidente che donne e bambine dei Paesi in via di sviluppo hanno piuttosto bisogno di servizi sanitari di base e di investimenti nell'istruzione per migliorare la loro condizione. Inoltre i soldi che governi, agenzie e fondazioni offrono per queste campagne vanno a scapito proprio degli aiuti ben più necessari alla salute e allo sviluppo delle popolazioni più povere. L'amministrazione Obama, a esempio, ha già annunciato che nel bilancio 2013 saranno tagliati 28 milioni di dollari per la salute di donne e bambini, compresi i programmi per la nutrizione. E, per restare agli Usa, nel 2010 hanno speso 72,2 milioni di dollari per la fornitura di contraccettivi nei Paesi poveri, la stessa cifra che UsAid (l'agenzia americana per gli aiuti internazionali) ha destinato ai programmi di nutrizione. Non solo, il budget di UsAid per il dipartimento dedicato ai servizi riproduttivi (leggi: contraccezione e aborto) nel 2012 ammonta a 524 milioni di dollari, più di quanto viene destinato a combattere le vere emergenze sanitarie, dalla tubercolosi alle pandemie alla prevenzione delle malattie infantili.

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