Cultura e Spettacoli

Quel guru fricchettone che mise gli slip al trip

Nel "primo tempo" della sua vita fu il re degli eccessi e dello sballo. Poi il ritorno all'ordine e la scoperta di una nuova droga: gli affari

Timothy Leary
Timothy Leary

C'è una frase di Jack Nicholson, attore grande e gigionesco, che racconta Timothy Leary, psicologo di formazione e guru fricchettone, meglio della fluviale biografia di 900 e passa pagine scritta al riguardo da Robert Greenfield (Timothy Leary, Fandango, euro 29,50). «È stato ovunque, ha fatto qualunque cosa e si è scopato chiunque». Quarantenne, aveva cominciato nel '60 con i funghi allucinogeni in Messico, la psilocibina e l'LSD, e ne era stato il messia psichedelico: «Turn on, Tune in, Drop out», accenditi, sintonizzati, sganciati. Tenuta a battesimo dalla Beat Generation, la controcultura americana era allora entrata in un pacifismo multicolore che faceva dell'estasi individuale e di una variopinta religiosità l'antidoto a una società capitalistica saldamente strutturata. Leary era lì, ad assicurare che lo «sballo» chimico ne avrebbe illuminato le menti. «Fatevi d'acido e fregatevene, fate quello che vi pare».
Nel '69 si era candidato a governatore della California perché «il piacere era un questione politica», ma già l'anno dopo si era ritrovato in carcere, per possesso di marijuana. Non era la prima volta, ma per via del complicato sistema giudiziario americano (libertà provvisoria sottoposta a cauzione, sommatoria di sentenze e di reati fra Stati diversi etc) la prospettiva di trascorrervi il successivo decennio era reale. Così, dopo 204 giorni di prigione, era evaso con la complicità dei Weather Underground, la frangia violenta del movimento studentesco pacifista dell'epoca (quest'anno al Festival di Venezia, The Company you keep, un film di e con Robert Redford, ne racconterà la storia) e si era ritrovato nei panni, non suoi, dell'ideologo rivoluzionario. «Sparare a un poliziotto robot genocida per difendere la vita è un atto sacro. È il giorno di Shiva dall'aria torva. ATTENZIONE! Sono armato e dovrò essere considerato pericoloso». Commentò un suo antico compagno di trip allucinogeni: «L'ennesimo svitato con la pistola».
In fuga dagli Stati Uniti, Leary arrivò prima in Algeria, dove le Pantere nere americane, che avevano lì il loro quartier generale in esilio, si fecero garanti presso il governo algerino del fatto che fosse una specie di Frantz Fanon bianco, duro e puro. Quando una pattuglia di frontiera ritrovò Timothy a Bou-Saada, la «città della felicità», che nudo con la sua compagna di fuga si faceva d'acido al sole, le Pantere nere decisero di tenere la coppia sotto chiave e questo pose fine alla breve alleanza fra loro, la comunità hippy e il gruppo armato dei Weather. «Si comportano come porci sbirri della Narcotici» fu il commento.
Dall'Algeria, Leary volò prima in Svizzera, dove si convinse di essere una specie di reincarnazione di Aleister Crowley, occultista e negromante, poi a Kabul, in Afghanistan, con una nuova fidanzata. Qui, nel '73, il governo americano gli diede appena il tempo di atterrare, poi, tramite un funzionario, gli rubò letteralmente il passaporto dalle mani, ne provocò così l'espulsione e se lo riportò in patria dove al reato di evasione aggiunse il carico da novanta di essere «la mente» della Fratellanza dell'Amore Eterno, la «mafia hippy» ritenuta responsabile del narcotraffico sul territorio Usa. «Abbiamo buttato la chiave per il prossimo quarto di secolo» gli disse il secondino chiudendosi dietro la porta della cella. Leary aveva superato i cinquant'anni, una moglie morta suicida nel suo passato, due figli strafatti di droga nel suo presente (Susan, la primogenita, si sarebbe suicidata anche lei anni dopo), una serie incredibile di espulsioni, da Harward, dal Messico, da Antigua, dalla Repubblica Domenicana, altrettante tappe delle sue abortite comunità dell'amore, «Hôtel Nirvana» dello sballo, un numero incredibile di libri, interviste, deposizioni dove diceva tutto e il suo contrario. Aveva anche una collezione di amanti-mogli giovani e fuori di testa: Nena von Schlebrügge, la più bella modella dell'Agenzia Ford e futura madre dell'attrice Uma Thurman, Rosemary Woodruff, modella anche lei, attrice e hostess, Joanna Harcourt-Smith, aristocratica «regina delle nevi di Chelsea», dove il titolo nobiliare non stava a indicare il dominio di una località di montagna, ma il super uso di cocaina.
L'anno dopo, dal carcere di Folson, Leary fece prima sapere di essere in contatto con lo spazio profondo e gli extraterrestri e si dichiarò pronto al progetto di una città-nave spaziale da lanciare alla conquista delle stelle e della conoscenza cosmica. Non ottenendo risposta, comunicò alle autorità che era disposto a collaborare e a fare i nomi di chi, attivista, avvocato, amico, lo aveva aiutato e aveva infranto la legge. «La segretezza e l'occultamento sono distruttivi e pericolosi. Desidero partecipare al processo di riconciliazione e apertura che incarna lo spirito di questi tempi». «Leary la carogna» scrisse il Berkeley Barb, un giornale della controcultura. Un mese dopo, il mensile Rolling Stone riassunse il tutto con lo slogan «Questa è la morte degli anni Sessanta».
Riletta oggi, la parabola del Dottor Leary appare grottesca pur nella sua reale drammaticità: intelligente, megalomane, bello, narcisista e carismatico, Timothy voleva essere un guru e persino un messia, ma non un martire. L'auto-liberazione era per lui il piacere carnale e una sia pur confusa pienezza spirituale, ma soffrire e/o immolarsi per una causa era un concetto lontano mille miglia dalla sua mente. Abile nel fiutare lo spirito del tempo, fece per primo ciò che non troppi anni dopo molti dei più politicizzati esponenti della controcultura libertaria e antisistema avrebbero fatto: il ritorno all'ordine, l'accettazione delle istituzioni, la nuova religione del business. Jerry Rubin, fra i suoi più accaniti detrattori di allora, nel decennio successivo sarebbe divenuto il teorico degli yuppie e della speculazione finanziaria. Ma va anche detto che l'establishment politico-giudiziario giocò con Leary una partita che definire sporca, disonesta e truccata è poco.
Diceva Francis Scott Fitzgerald che nella vita degli americani non esiste un secondo tempo. Leary dimostrò che si sbagliava. Nel ventennio successivo, fino alla morte nel 1996, si fece tre lifting, sostituì come afrodisiaco la fama all'LSD, riprese a parlare di migrazione spaziale, intelligenza e allungamento della vita, si definì «messaggero dell'Evoluzione», continuò a fare conferenze, scrivere libri, andare alle feste, frequentare celebrità, avere incredibili sventole femminili al fianco. E naturalmente non smise mai di drogarsi. Quando si ammalò di tumore, decise di fare della propria morte uno spettacolo in diretta e accarezzò anche l'idea di suicidarsi davanti a una telecamera. «Non saprei però come concedere il bis» commentò poi. Circondato da star del cinema e della musica, vecchi amici e giovani, nuovi discepoli, consumò negli ultimi mesi di vita tutte le droghe possibili per alleviare il dolore.

Le sue ceneri vennero lanciate nello spazio.

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