Cultura e Spettacoli

La toga e il pregiudizio: quando il processo diventa un atto politico

Per gentile concessione dell'editore Liberilibri, pubblichiamo alcuni stralci de Gli errori giudiziari (2011) di Jacques Vergès. L'«avvocato del diavolo» rilegge alcuni casi giudiziari, come l'affare Dreyfus. Diritto alla difesa anche per gli «indifendibili»; condanna pronunciabile solo ove la colpevolezza sia accertata al di là d'ogni ragionevole dubbio; necessità di vigilare sul potere del magistrato sono le direttrici di quest'opera densissima.

Come un verme in un frutto, l'errore è, sin dall'inizio dell'inchiesta, nello sguardo dell'inquisitore, in ciò che egli chiama intuizione e che è un «pre-giudizio». Tale pregiudizio ha la sua fonte nei pregiudizi religiosi, di casta, nelle convenienze sociali erette in assoluto, nella «logica formale» d'un dossier o nelle ubbìe di magistrati dalla mente corta. Quando, malgrado i loro sforzi, la verità emerge, i giudici persistono nell'errore (spesso non uno solo) e cercano di suffragarlo con sistemi disonesti. Nell'affare Calas, i testimoni diretti dei fatti contraddicono l'accusa. Saranno incolpati di falsa testimonianza o di complicità, e i giudici, tramite la procedura della «fulminazione», solleciteranno testimonianze favorevoli all'accusa. Nell'affare Dreyfus, la scoperta d'un nuovo documento quando Dreyfus è già nell'isola del Diavolo fa forse sorgere un'ombra di dubbio sulla sua colpevolezza? Nient'affatto. Peggio ancora: gli inquirenti utilizzano contro l'accusato un falso costruito da uno di loro. Nell'affare La Roncière, la Corte deciderà d'ignorare perizie e testimonianze per non disonorare una «casta fanciulla» che, soprattutto, è imparentata con il maresciallo Soult, duca di Dalmazia e ministro. Nell'affare Daalouche, per respingere il suo alibi e condannarlo, i giudici si basano su un errore di data commesso da un accusato soggetto a confusione mentale. Piuttosto che verificare i registri dell'ospedale, si accontentano di testimonianze dubbie che vanno nel loro stesso senso. Nell'affare Doise, il primo giudice fa di testa sua, e la sua testa è debole. Una prima Corte pende largamente dalla sua parte, vale a dire dalla parte dell'insensatezza. Durante il secondo processo, il procuratore rifiuta di riconoscere che la Giustizia s'è sbagliata. Egli invoca… l'Onnipotente.

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L'errore è umano. Non sparirà mai. Ma è possibile fare in modo che divenga più raro, e, qualora si verifichi, che sia corretto senza indugi. Per far questo, non è necessaria una rivoluzione giudiziaria. Il rimedio esiste: sta nell'applicare la legge in tutte le sue fasi, dall'inchiesta preliminare sino all'appello in cassazione o al ricorso di revisione. La sola rivoluzione da farsi è dentro le teste. Per il giudice si tratta di tornare a essere il giudice imparziale che non avrebbe mai dovuto cessare di essere. Questo dovere d'imparzialità, anche sotto il Secondo Impero, era dichiarato nei manuali: «Vigile nel non compromettere né l'azione penale pubblica né la sorte degli imputati, egli rileverà con la medesima sollecitudine le armi dell'accusa e gli strumenti della difesa; facendo dell'imparzialità il suo primo dovere, istruirà sempre con scrupolo a carico e a discarico.» Il giudice non è un ausiliario dell'accusa.

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Aspettando quel giorno felice in cui tutti i giudici applicheranno le regole del Codice alla lettera e nello spirito, la difesa dovrà rassegnarsi a fare appello all'opinione pubblica. Così facendo, essa seguirà l'esempio dei grandi predecessori posti nella stessa situazione: Voltaire, o Zola. Lo farà con il minimo di inibizioni, in quanto sarà stata preceduta in questo lavoro di mediatizzazione dall'accusa o dalla sua complice, la parte civile. Come la lingua di Esopo, i media sono capaci del meglio come del peggio. Di fronte a un'ingiustizia, sarebbe una colpa morale dell'avvocato non condurre la battaglia della Giustizia su questo piano, il solo dove esista realmente la parità delle armi. Senza quest'appello all'opinione pubblica, Deveaux e Mauvillain sarebbero morti in prigione.

Per mancanza di tale appello, Ranucci è stato ghigliottinato.

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