Cultura e Spettacoli

Uwe Johnson Una vita a scrivere le vite degli altri

Esce in italiano il primo romanzo del grande autore tedesco. Che in "I giorni gli anni" costruì la propria "Recherche" sui sensi di colpa di una nazione divisa

Uwe Johnson Una vita a scrivere le vite degli altri

Scherzando seriamente potremmo dire, parlando di lui, che se nomen omen ... cognomen ancora di più. Perché lui di nome faceva Uwe, nome tedesco quant'altri mai, però di cognome faceva Johnson, cognome molto, per alcuni troppo, anglosassone. Gli «alcuni» in questione erano quelli del Partito socialista unificato di Walter Ulbricht, nonché quelli della Stasi, i cani da guardia del regime. Com'è come non è, sta di fatto che Uwe Johnson, nato a Cammin, in Pomerania, nel 1934, da ragazzo aderì con entusiasmo al partito, salvo poi amaramente pentirsene a seguito di un episodio che fra poco diremo e, dopo il salto compiuto nel '59 oltre il muro di Berlino due anni prima della sua materiale costruzione, e dopo aver rifiutato anche il capitalismo in salsa germanica, dove andò a parare? Nelle patrie di milioni di Johnson: gli Stati Uniti e l'Inghilterra.

Ma ecco l'episodio chiave della vita di questo esule trasversale. Ai tempi del liceo, Uwe, sbarbato intelligente e introverso, diventa un piccolo capoccia della Freie Deutsche Jugend che era, da quelle parti, grosso modo l'equivalente (qualche anno dopo) dell'italiana Opera Nazionale Balilla: custodi dell'ortodossia in braghe corte. Un bel (brutto) giorno viene sferrata l'offensiva delle truppe cammellate contro gli appartenenti a un'altra organizzazione, la Jungen Gemeinde, una sorta di Azione Cattolica: sono dei disfattisti, operano contro la purezza della razza comunista, e non è detto che non facciano anche la spia per il nemico, dunque vanno espulsi da scuola. E Uwe prende cappello: se la pensate così, me ne vado io.

Ed eccolo lì già pronto, il nucleo del suo primo romanzo, Ingrid Babendererde. Reifeprüfung 1953 , che esce sabato da Keller (pagg. 302, euro 16,50, traduzione di Fabrizio Cambi) con il titolo La maturità del 1953 . Perché proprio nella primavera del '53 si svolgono i fatti che vedono protagonisti undici studenti alle prese con professori ottusi e pruriti adolescenziali. Il terzetto al centro di questo libro di formazione nel senso più stretto del termine è composto da Jürgen, Klaus e la Ingrid del titolo originale, carina e tosta ragazzina troppo borghese (la sua famiglia è originaria di Lubecca, figuriamoci - per inciso, la Lubecca di Thomas Mann, autore da lei prediletto...), della quale i due sono, è quasi inutile dirlo, cotti e stracotti. È lei l'eroina della narrazione, fra una gita in barca a vela, un braccialetto regalatole e qualche casto bacetto. Difendendo una compagna (nel senso puramente scolastico) accusata di essere affiliata alla Jungen Gemeinde, si lancia in un'arringa clamorosa: «In quest'epoca tutte le strade conducono al comunismo, dice il signor direttore Siebmann, e noi l'abbiamo compreso bene. Ma il signor direttore Siebmann deve pensare da dove veniamo. Perché vuole che facciamo una deviazione passando per Stoccarda o Amburgo, solo perché non ci siamo ancora abituati, solo perché dopo sette anni leggiamo ancora altri libri?».

Come detto, La maturità del 1953 è il primo romanzo scritto da Johnson. Ma in Germania venne pubblicato soltanto un anno dopo la sua morte. E questo vuol dire molto. Vuol dire, soprattutto, che questo autore, a muro ancora in piedi, faticava a entrare nell'anima tedesca. Sotto sotto continuava a essere percepito come un doppio traditore: sia dell'Est sia dell'Ovest. Ma lui non voleva tradire, bensì semplicemente capire. Capire il significato del senso di colpa tedesco dopo gli orrori nazisti, capire il motivo della renitenza ad accettare le proprie radici, la propria, come dicono loro, nostalgia dell' Heimat , la terra natia.

Per questo se ne andò, fra il '66 e il '68, con la famiglia a New York. Per questo costruì la colossale tetralogia I giorni e gli anni in cui, usando (questa volta a fin di bene, quindi in modo diametralmente opposto rispetto ai suoi molto ex compagni) le vite degli altri per risalire alla fonte del peccato originale germanico. È un altro piccolo editore, L'Orma, a regalarci finalmente la versione italiana della terza (uscita l'anno scorso) e della quarta parte (attesa per quest'anno) dell'affascinante saga tradotta da Nicola Pasqualetti e Delia Angiolini e accostata, a ragione, ai Buddenbrook di Mann e alla Recherche di Proust (le prime due uscirono, sempre curate da quella coppia vincente, da Feltrinelli nel 2002 e 2005).

Lì è Gesine Cresspahl, alter ego femminile dell'autore, insieme alla figlioletta Marie, a vivere lo sradicamento nella rutilante Grande Mela ai tempi della guerra del Vietnam. Lì è il New York Times , «zia Times», come la chiamano madre e figlia, a scandire, in funzione soltanto apparentemente diaristica, un anno (dal 21 agosto '67 al 20 agosto '68, giorno dell'invasione di Praga) della loro esistenza imperniata sulla memoria.

Nella produzione di Johnson tutto si tiene e si lascia, come l' Heimat e come le patrie occasionali. Così, dopo essere risaliti, tramite I giorni e gli anni , a Congetture su Jakob (quel Jakob padre di Marie...), il primo libro a essere pubblicato in vita dallo scrittore e il primo allontanamento dal suo passato che non passa, ora possiamo, con La maturità del 1953 , risalire alla fonte della sua apolide ispirazione. Perché Ingrid di cognome fa Babendererde. E il paesino di Baben non è distante dalla vera Jerichow evocata in I giorni e gli anni , e der erde significa «la terra».

Nomen omen .

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