Cultura e Spettacoli

Verdi e il "giallo" delle carte nascoste

Salta fuori l'archivio del compositore. Con 5000 pagine inedite

Verdi e il "giallo" delle carte nascoste

Ci sono pile di scritti di cui si ignorava l'esistenza, e sono di un genio della musica di casa nostra. Per la verità, si favoleggiava di questo tesoro nascosto di Giuseppe Verdi. Da oggi sappiamo che quel tesoro esiste. E il catalogo è questo: manoscritti musicali, abbozzi e schizzi che coprono i 50 anni fra l'opera Luisa Miller e i Pezzi Sacri , mezzo secolo contrassegnato da capolavori come Otello , Falstaff , Aida , Rigoletto , Trovatore ...

I numeri del bottino sono sbalorditivi e vengono pubblicati oggi dal mensile specializzato Classic Voice . «I fogli, di circa 35 cm x 27 ciascuno, sono custoditi in 17 carpette. Tolte dal calcolo le pagine bianche, su 5.252 facciate sono 4.671 quelle utilizzate dal Maestro nella fase di composizione delle opere. Per fare un esempio dell'importanza dell'archivio: soltanto del Falstaff ci sono 900 pagine di abbozzi sconosciuti» spiega il direttore del mensile, Andrea Estero. Ma dove si trova questo patrimonio, e perché solo ora viene allo scoperto? Sta in un luogo sicuro, spiega Angiolo Carrara Verdi, terzogenito dell'ultima generazione dei discendenti, è lui che veglia su Villa di Sant'Agata, la dimora storica di Giuseppe Verdi. Ricostruiamo la spy story. Sul finire degli anni Novanta, con l'edizione critica di Traviata , si intuì l'esistenza di un patrimonio nascosto di scritti verdiani. Ma proprio in quella fase iniziavano i conflitti fra gli eredi di casa Verdi. In concreto: l'archivio divenne inaccessibile.

Verdi aveva stilato un testamento chiedendo che alla sua morte tutto rimanesse «com'è e dov'è». Leggiamo: «Faccio obbligo alla mia erede di conservare il giardino e la mia casa in S.Agata nello stato in cui ora si trova, pregandola di voler mantenere nello stato attuale tutti i prati che attorniano il giardino. Tale obbligo viene anche fatto ai suoi eredi od aventi causa». Gli eredi hanno rispettato le volontà del compositore. Ma è pur vero che il fondo è privato, però posto sotto la tutela dello Stato, tant'è che il catalogo che oggi viene pubblicato era stato depositato alla Soprintendenza dei Beni culturali di Parma e Piacenza. E arriviamo al punto. «Il fatto che di questi manoscritti non sia mai stato curato un inventario con criteri scientifici e che non siano accessibili agli studiosi rappresenta un'anomalia», dichiara Estero. Nell'inchiesta sul «caso Verdi», Mauro Balestrazzi documenta come le collezioni dei grandi della musica, da Bach a Beethoven possano essere consultate dagli studiosi. E così dovrebbe essere anche per i manoscritti verdiani.

La figura di Verdi accende periodicamente dei «casi». Prendiamo i festeggiamenti del 2013 per il bicentenario della nascita: furono un semi-flop, fondi stanziati in ritardo, organizzatori che brancolavano nel buio data la mancanza di strategie.

Gli Austriaci hanno trasformato Mozart in un brand che porta nelle casse milioni di euro. Noi cosa aspettiamo? Verdi è il compositore d'opera più rappresentato al mondo: quando ci decidiamo a dare la meritata visibilità al nostro capitale umano?

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